Tra 4 giorni termina l’accordo tra Mosca e Kiev per il transito del gas russo sul territorio ucraino. Accordo rimasto in vigore nonostante il conflitto e che frutta all’Ucraina circa 800 milioni di euro. Tuttavia il rinnovo pare difficile e nei giorni scorsi il Cremlino ha parlato di una situazione “molto complicata che richiede maggiore attenzione”. Giovedì Vladimir Putin ha affermato che “Non esiste alcun contratto ed è impossibile concluderlo in tre o quattro giorni”. La settimana scorsa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha ribadito che Kiev non intende prolungare l’accordo.

Il prezzo del gas si riavvicina così ai 50 euro al megawattora: attualmente è in rialzo ad Amsterdam del 5%, a 48 euro. I flussi a rischio rappresentano circa il 5% della domanda europea, ricordano gli analisti di Bloomberg, e “sebbene si tratti di una piccola fetta del mercato, la perdita di questi volumi costringerebbe i Paesi a fare più affidamento sui gasdotti dalla Norvegia o alle forniture di gas liquido che provengono dagli Stati Uniti”.

Nelle scorse settimane il presidente eletto Donald Trump aveva minacciato l’Europa, invitandola a comprare più gas e più petrolio dagli Usa per evitare dazi sulle sue esportazioni. Sebbene in questi due anni l’Europa abbia ridotto la sua dipendenza dalle forniture di gas che provengono dai gasdotti Russia, soprattutto grazie al maggior import di gnl, più costoso, proveniente da Usa, Qatar e dalla stessa Russia, ci sono paesi, come la Slovacchia o l’Austria ancora fortemente dipendenti dai flussi di Mosca. Il gas, del resto, non è sottoposto a sanzioni. La stessa Italia continua a ricevere gas russo, come si vede dai flussi di ingresso nell’hub del Tarvisio.

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