“Sembrava uno di quei disaster movie che vediamo al cinema. Arrivò un muro d’acqua alto metri. Feci appena in tempo a prendere in braccio mio figlio Luca”. Così Gigi D’Alessio racconta al Corriere della Sera il giorno in cui, esattamente vent’anni fa, si trovò a vivere l’incubo un terremoto di magnitudo 9.2 nell’oceano Indiano innescò uno tsunami che devastò l’Indonesia e le Maldive. All’epoca, si trovava in vacanza con i figli a Soneva Fushi, una delle isole delle Maldive: “Uscimmo dal mio bungalow e andammo a controllare come stavano gli altri miei figli Claudio e Ilaria nella struttura accanto”, ricorda il cantante napoletano. “Mi muovevo nell’acqua che saliva sempre di più, sollevando il piccolo Luca sempre più in alto. Riuscimmo poi a raggiungere tutti una zona sicura tra urla, disperazione, distruzione. Nulla si salvò”.
D’Alessio si rende conto di essere stato fortunato. “In altre zone l’onda non ha risparmiato niente e nessuno, cancellando lembi di paradiso e a pagarne le spese, come spesso accade, sono stati i più poveri, i più deboli, i più indifesi, coloro che non hanno fatto in tempo a trovare un posto sicuro”. L’esperienza ha lasciato un segno profondo nell’animo del cantante: “Ho ancora in mente l’immagine degli occhi disperati che scorgevo nelle persone che in pochi attimi, avevano perso tutto: i propri cari, le case con dentro oggetti, ricordi, quelli di un’intera vita”, racconta D’Alessio. “Ho toccato con mano la disperazione di uomini e donne che piangevano i familiari scomparsi tra le onde. Noi alla fine ci avremmo rimesso solo un enorme spavento e una vacanza in un posto esotico che avremmo potuto rifare quando avremmo voluto”.
Al ritorno a casa, provò un forte senso di colpa per essere sopravvissuto alla tragedia: “Pensavo che il tempo avrebbe trasformato questa giornata in un ricordo evanescente, invece non è stato così. Non ho dimenticato quello che accadde, non volevo farlo”. D’Alessio ricorda infine con ammirazione la reazione della popolazione locale: “Ricordo la compostezza di quella gente, la loro forza, la loro capacità di fare gruppo e di aiutare chiunque, anche noi turisti. Il coraggio di donne, uomini e bambini che scavano a mani nude”.