Altri imputati potrebbero ricorrere in appello nei prossimi due giorni, dato che il termine ultimo per decidere in tal senso è lunedì prossimo, a mezzanotte del 30 dicembre
A pochi giorni dalla sentenza di condanna, una quindicina di imputati ha presentato ricorso contro il verdetto emesso il 19 dicembre dal Tribunale di Avignone nel processo per gli stupri di Mazan. A darne notizia è Bfmtv, precisando che non è noto se anche Dominique Pelicot, il principale imputato, ex marito di Gisèle Pelicot, condannato […]
A pochi giorni dalla sentenza di condanna, una quindicina di imputati ha presentato ricorso contro il verdetto emesso il 19 dicembre dal Tribunale di Avignone nel processo per gli stupri di Mazan. A darne notizia è Bfmtv, precisando che non è noto se anche Dominique Pelicot, il principale imputato, ex marito di Gisèle Pelicot, condannato a 20 anni di reclusione, abbia presentato ricorso. L’uomo e i 50 coimputati sono stati condannati a pene comprese tra i 3 e i 20 anni. Quest’ultima pena è il massimo per il codice di procedura francese per i reati contestati. Per li altri imputati le pene sono state inferiori alle richieste dell’accusa, tanto da innescare la protesta dei famigliari della donna e delle associazioni femministe. Non ci sono state assoluzioni, ma sei dei coimputati sono stati liberati.
Altri imputati potrebbero ricorrere in appello nei prossimi due giorni, dato che il termine ultimo per decidere in tal senso è lunedì prossimo, a mezzanotte del 30 dicembre. Anche la procura di Nimes ha tempo fino a lunedì per ricorrere contro il verdetto. Per alcuni degli imputati si tratta di ricorsi presentati entro il termine prescritto riservandosi il diritto di ritirarsi in seguito. Il ricorso in appello implica che entro un anno si terrà un nuovo processo della durata di diverse settimane. Per legge, l’appello deve essere celebrato entro un massimo di sei mesi, rinnovabili una sola volta. Il futuro processo si terrà davanti a una giuria popolare. Condannato per stupro aggravato e altre reati, Dominique Pelicot era chiamato a rispondere dell’accusa di aver drogato e fatto violentare per anni la moglie. Al termine del processo, Gisèle Pelicot ha dichiarato di rispettare la decisione del tribunale e di non essersi mai pentita di aver aperto il processo al pubblico.
Tra i co-accusati che hanno deciso di ricorrere in appello, precisa BFMTV, Charly A: ventiduenne all’epoca dei fatti, si recò per sei volte presso il domicilio di Gisèle Pelicot per abusare di lei: è stato condannato a 13 anni di carcere in primo grado. Altri nomi: Redouane E., infermiere, condannato a 8 anni, e Simone M., impiegato nel settore delle costruzioni, condannato a 9 anni. Al futuro processo, che dovrebbe tenersi entro i prossimi 12 mesi secondo la legge francese, ci sarà anche un giuria popolare, con il rischio che gli imputati si vedano infliggere pene maggiori rispetto alla sentenza di primo grado.
Pelicot, 72 anni, ha ammesso di aver drogato, stuprato e fatto stuprare la moglie Gisèle per quasi dieci anni. Il caso, svelato nel 2023 da Le Monde, ha avuto risonanza planetaria: la donna, oggi settantenne, è stata abusata in casa propria almeno duecento volte, mentre era in stato di incoscienza, da almeno settanta uomini complici del marito, 49 dei quali (tra i 26 e i 74 anni d’età) sono a processo insieme a lui, mentre una ventina non sono stati mai identificati.
Dal 2011 al 2020 ha mescolato benzodiazepine al cibo e alle bevande della moglie, invitando uomini conosciuti online a stuprarla mentre era incosciente e immortalando gli abusi con foto e video (ne sono state trovate circa ventimila, catalogate con cura su hard disk, chiavette e dispositivi elettronici). Parlando nel corso di una delle udienze, il 72enne si è autodefinito “un violentatore“: “Sono colpevole di quello che ho fatto, ho rovinato tutto, ho perso tutto. Devo pagare”, ha detto. Gisèle Pelicot ha voluto che il giudizio si svolgesse alla presenza del pubblico, nonostante la scabrosità dei racconti e delle immagini mostrate in aula: “Volevo che tutte le donne vittime di violenze si dicano. “Se Gisèle Pelicot l’ha fatto, possiamo farlo anche noi“. Non voglio più che se ne vergognino. La vergogna non dobbiamo provarla noi, ma loro”.