In passato è già accaduto con l’Iran: scambio di cittadini detenuti. Ma se fosse questa la strada per far tornare a casa Cecilia Sala, la giornalista italiana ora nel carcere di Evin senza che siano state ancora formalizzate le accuse, sarebbe necessario una sorta di “placet” degli Stati Uniti. Perché il 38enne, svizzero-iraniano, arrestato all’aeroporto di Milano-Malpensa tre giorni prima della cronista è stato preso in consegna temporanea delle autorità italiane proprio su richiesta di Washington. Su di lui pende un mandato di arresto internazionale e una richiesta di estradizione targata Usa ed emessa dalla procura di Boston. Già già da venerdì sera comunque il Dipartimento di Stato Usa, tramite un portavoce, aveva dichiarato: “Seguiamo il caso, l’Iran detiene i cittadini stranieri e spesso li usa come leva politica”. Una dichiarazione in cui si chiedeva anche l’immediato rilascio.
Gli scambi in passato – È del giugno scorso il caso, l’ultimo di una lunga serie, di un ex funzionario iraniano, Hamid Nouri, condannato all’ergastolo da un tribunale svedese per il suo ruolo nei massacri delle prigioni del 1988 e poi liberato in cambio di Johan Floderus e Saeed Azizi, due svedesi arrestati arbitrariamente nel 2022 e tornati a casa il 15 giugno. Floderus lavorava tra l’altro come diplomatico dell’Unione Europea ed era stato formalmente accusato di aver svolto operazioni di spionaggio contro Teheran per conto di Israele.
Risale al 2023 invece il rilascio da parte di Teheran di cinque cittadini americani di origine iraniana accusati di spionaggio in cambio della libertà di cinque cittadini iraniani detenuti negli Stati Uniti per reati non violenti. L’accordo che portò allo scambio contemplò anche lo scongelamento da parte di Washington di 6 miliardi di dollari di fondi iraniani bloccati a causa delle sanzioni Usa: il denaro, congelato in Corea del Sud, fu trasferito su sei conti iraniani in Qatar.
C’è poi il caso Kylie Moore-Gilbert: l’accademica australiana-britannica che nel 2018 venne condannata a 10 anni in Iran per spionaggio e fu rilasciata due anni dopo in uno scambio con tre iraniani detenuti in Thailandia. Tutti casi però in cui erano state formalizzate accuse molto gravi e questo non è il caso della giornalista italiana, il cui lavoro sul campo non è risultato a un attenta analisi dei servizi segreti particolarmente critico.
La richiesta di domiciliari – Intanto l’altro protagonista di questa vicenda, Mohammad Abedini Najafabadi fa la sua prima mossa legale: nei primi giorni della prossima settimana il suo avvocato farà istanza per chiedere gli arresti domiciliari. Le accuse americane contro Abedini sono gravi (cospirazione e supporto materiale al Corpo delle Guardie della rivoluzione islamica): è forte l’esigenza americana di processare il 38enne davanti a una propria corte e Washington ha già consegnato alla Farnesina la documentazione con la richiesta di estradizione. I tempi per un suo trasferimento non sono brevi, ci vorrà almeno un mese, e di mezzo c’è anche la visita a Roma del presidente statunitense uscente Joe Biden, che incontrerà il Papa in Vaticano il 10 gennaio prossimo. Nulla è scontato in questa vicenda.
Sul fermo di Abedini la Procura milanese ha aperto un fascicolo conoscitivo a modello 45, ossia senza ipotesi di reato e indagati. Riguarda le procedure, i tempi ravvicinati tra la emissione del mandato di arresto e il fermo dell’uomo avvenuto nel giro di meno di tre giorni: se il fermo fosse dichiarato illegittimo si complicherebbe la strada dell’estradizione rendendo, di contro, più agevole quella diplomatica per una sorta di scambio con Sala.