Leva politica“. Sono queste le parole utilizzate dal Dipartimento di Stato americano per descrivere l’utilizzo che l’Iran fa dei prigionieri stranieri. Il riferimento, ovviamente, è al caso dell’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala, vicenda che gli Stati Uniti “seguono molto da vicino”. “Siamo a conoscenza” delle notizie sulla detenzione di Sala in Iran, il cui “regime sfortunatamente continua a detenere ingiustamente i cittadini di molti paesi, spesso per utilizzarli come leva politica. Non c’è giustificazione e dovrebbero essere rilasciati immediatamente”, ha detto un portavoce del Dipartimento di Stato, come riportato venerdì sera dall’agenzie di stampa. “Chiediamo ancora una volta il rilascio immediato e incondizionato di tutti i prigionieri detenuti in Iran senza giusta causa. I giornalisti svolgono un lavoro fondamentale per informare il pubblico, spesso in condizioni pericolose e devono essere protetti”, ha messo ancora in evidenza il Dipartimento di Stato, osservando come gli Stati Unti sono “in frequente contatto con gli alleati e i partner i cui cittadini sono ingiustamente detenuti” da Teheran.

Gli arresti ‘paralleli’ – In tal senso, sono sempre maggiori gli elementi che fanno pensare a un legame tra l’arresto di Cecilia Sala e il fermo di Mohammad Abedini Najafabadi in Italia lo scorso 16 dicembre su ordine della giustizia americana. Che nel frattempo ha inviato alle autorità italiane la richiesta di estradizione. Najafadabi e Mhadi Mohammad Sadeghi, arrestato nello stesso giorno negli Stati Uniti, sono accusati di cospirazione per esportare componenti elettronici dagli Usa all’Iran in violazione delle leggi statunitensi sul controllo delle esportazioni e sulle sanzioni. Nelle ultime ore Sadeghi si è dichiarato non colpevole delle accuse mosse nei suoi confronti, e ora dovrà attendere un’altra settimana prima che il giudice decida se concedergli la libertà su cauzione. Ipotesi che, secondo gli esperti, è improbabile considerata la gravità delle accuse mosse. Se condannato Sadeghi rischia fino a 20 anni di carcere e fino a un milione di dollari di multa.

Le manifestazioni in in Italia – Sit-in, questa mattina a Torino, davanti alla Prefettura, per chiedere al governo italiano di “intervenire con la massima urgenza per la liberazione della giornalista Cecilia Sala, detenuta in Iran”. Vi ha partecipato una cinquantina di persone, tra cui consiglieri comunali di Torino. L’iniziativa è stata promossa da Associazione Marco Pannella, Associazione Adelaide Aglietta, Europa Radicale, Italia Liberale e Popolare, +Europa Torino, studenti ed esponenti della campagna Donna Vita Libertà, Associazione Liberi Russi. “Sappiamo che il governo italiano ha chiesto di non manifestare, noi invece disobbediamo, manifestiamo – spiega Igor Boni (Europa Radicale) perché crediamo che quando viene data la notizia che da una settimana una nostra giornalista di un paese democratico che fa informazione viene arrestata senza capo di accusa in un paese dittatoriale come l’Iran l’ultima cosa da fare è stare in silenzio. Non siamo qui contro il governo italiano, ma gli chiediamo di fare l’impossibile”. “Siamo in piazza per Cecilia Sala – ha aggiunto Igor Boni – ma abbiamo già manifestato tantissime volte contro il regime teocratico assassino dell’Iran. L’abbiamo fatto per il medico e ricercatore iraniano-svedese Ahmadreza Djalali, che ha lavorato all’Università del Piemonte orientale e che, tornato in Iran, è stato arrestato, accusato di spionaggio e condannato a morte. È nello stesso carcere dove oggi c’è Cecilia Sala e ci sono dissidenti iraniani e non che lottano contro il regime”. Un altro esponente di Europa Radicale, il consigliere comunale Silvio Viale, ha fatto notare l’eterogeneità della piazza “ci sono rappresentanti di varia provenienza politica. E faccio tutti gli auguri al ministro Tajani perché abbia successo: l’iniziativa diplomatica deve essere forte e non soltanto italiana, ma dell’Europa, al livello più ampio possibile”.

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