Concludere il 2024 con note positive non è facile. Sarà avvenuto qualcosa di buono in questi ultimi tempi? Mi occupo di biodiversità ed ecosistemi e di buono c’è che le due parole sono ora nell’articolo 9 della Costituzione.

Ma sono tante le cose in Costituzione che non sono attuate, vedi il lavoro, su cui si dovrebbe fondare la Repubblica. Sono troppi i giovani che se ne vanno perché l’art. 1 non trova applicazione, e sono troppi quelli che il lavoro lo perdono, o che hanno lavori precari e sottopagati. Quando non sono uccisi dal lavoro.

Per l’articolo 9, però, è stato fatto un passo importante: si chiama Nbfc: National Biodiversity Future Center, cioè il Centro Nazionale per il Futuro della Biodiversità. Sono il solito mugugnone e colgo l’occasione per lamentarmi per l’uso della lingua inglese per dare il nome a qualcosa di italianissimo, ma ci passo sopra… l’iniziativa è ottima.

Perché questo Centro? Dopo aver messo biodiversità ed ecosistemi nella Costituzione, abbiamo intrapreso la transizione ecologica usufruendo di finanziamenti europei che impongono che la biodiversità sia trasversale a tutte le iniziative. L’Unione Europea, inoltre, chiede con insistenza l’adozione dell’approccio ecosistemico. Purtroppo ne sappiamo poco sia di biodiversità sia di ecosistemi, e non solo noi italiani siamo profondamente ignoranti: l’ignoranza è globale.

Abbiamo dato il nome a due milioni di specie ma le stime dicono che la biodiversità planetaria ammonti a più di dieci milioni di specie. Per la stragrande maggioranza di quelle che hanno un nome, comunque, non si conosce il contributo al funzionamento degli ecosistemi. Perché siamo così ignoranti? Semplice: perché nessun paese ha mai investito in modo strategico per conoscere a fondo la biodiversità e il funzionamento degli ecosistemi. Non esistono iniziative internazionali coordinate per acquisire queste conoscenze. Esistono per l’esplorazione dello spazio, o per comprendere la struttura della materia, ma non per i sistemi viventi. Strano… visto che la nostra sopravvivenza dipende dal buon funzionamento degli ecosistemi del pianeta, mica dalle galassie.

Stiamo iniziando a capirlo e a investire anche sull’esplorazione della biodiversità. L’Nbfc, così, diventa uno strumento di coordinamento di centinaia di studiosi che, fino ad ora, hanno lavorato con pochissime risorse e in modo scoordinato: è un’iniziativa che ci pone all’avanguardia nel mondo. Una delle finalità del Centro è di rendere accessibili al pubblico le conoscenze attuali e di produrne altre, con le ricerche di chi ne fa parte. Si tratta di ricercatori di Enti Pubblici di Ricerca come il Consiglio Nazionale delle Ricerche (coordinatore del Centro) e la Stazione Zoologica Anton Dohrn, di molte Università, dei Musei di Storia Naturale, e delle associazioni ambientaliste.

Da una parte, quindi, il Centro sta producendo nuove conoscenze e nuove competenze e, dall’altra, si sta attrezzando con un Gateway (un Portale…) sia presente in rete sia con sedi fisiche, in via di realizzazione. L’Nbfc ha realizzato una Mostra intitolata Elogio della Biodiversità nel Palazzo delle Esposizioni di Roma, e sta diventando un aggregatore di ricercatori e di industrie che, lo voglio ripetere, mette il nostro paese davvero all’avanguardia a livello mondiale.

I fondi sono quelli del Pnrr e servono per creare infrastrutture, reti, laboratori e nuove competenze. Quei fondi finiranno. Ma grazie ad essi il paese si sta dotando di una capacità di ricerca formidabile, in un argomento cruciale per la nostra sopravvivenza: senza la biodiversità e gli ecosistemi noi non possiamo vivere. Se alteriamo troppo la biodiversità e gli ecosistemi attuali miniamo le premesse per il nostro benessere. Poco male, la vita troverà soluzioni, ma non ne saremo parte.

Le conoscenze dell’Nbfc dovranno servirci per gestire il nostro operato in modo da non alterare in modo negativo quel che ci permette di vivere. Non si tratta di salvare delfini, balene e tartarughe, ma di salvaguardare il benessere della nostra specie, visto che dipendiamo dalla biodiversità e dagli ecosistemi. Lo so che ho ripetuto il concetto diverse volte, ma il fatto è che non fa parte del nostro bagaglio culturale, che queste cose non si insegnano a scuola. L’Nbfc, infatti, sta anche elaborando proposte per ammodernare le nostre offerte didattiche, portando la natura a scuola, dalle elementari all’università.

Starà ai ricercatori dimostrare che l’investimento attuale, episodico, valga la pena di essere sostenuto anche in futuro, realizzando una strategia di conoscenza di come funziona il mondo vivente, per meglio adattarci ai cambiamenti che stiamo nostro malgrado determinando, in modo da ridurne gli effetti e, magari, di restaurare quel che abbiamo rovinato.

Una volta tanto l’Italia è all’avanguardia nel mondo (lo ripeto ancora, perdonatemi) e sta segnando una via che, si spera, sarà d’esempio per altri paesi.

Predico queste cose da trent’anni e mi rimane una sola amarezza: essere andato in pensione, ed essere quindi spettatore, quando, finalmente, quel che chiedevo, spesso da solo, è stato finalmente recepito. Ora faccio l’umarell che guarda i lavori di chi oggi opera. La maggiore soddisfazione è di essere superati dai propri “allievi”, ed è quello che sta avvenendo. Mi consolo dicendo che “ai miei tempi” tutte queste risorse non c’erano. Ora è più facile avere buoni risultati… Ci aspettano, spero, tempi molto interessanti.

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