I correttivi al Codice appalti voluti dal ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini fanno salire sulle barricate le imprese che operano nei servizi pubblici. Il testo approvato in via definitiva dal consiglio dei ministri il 23 dicembre ha scontentato Anip-Confindustria, Afidamp, Agci Servizi, Angem, Anivp, Assiv, Assosistema-Confindustria, Cisambiente-Confindustria, ConFederSicurezza e Servizi, Fipe-Confcommercio, FNIP-Confcommercio, Fondazione Scuola Nazionale Servizi, ISSA-EMEA, Legacoop Produzione e Servizi, Unionservizi Confapi e UNIV: 17 associazioni che hanno firmato una nota congiunta per chiedere una marcia indietro.
Il nodo del contendere riguarda la differenziazione sul fronte del riconoscimento degli aumenti dei prezzi registrati determinando una disparità di trattamento. “E’ incomprensibile la discriminazione a danno del settore dei servizi”, scrivono. “Mentre per il settore dei lavori la soglia della revisione prezzi è stata abbassata dal 5% al 3% con il riconoscimento del 90% dei costi sopraggiunti per motivi oggettivi, per i servizi e le forniture è rimasta invariata al 5%, con il riconoscimento dell’80% e solo sulla cifra eccedente“. Per le associazioni si tratta di “una scelta e non un errore che continua a penalizzare il settore, già colpito da anni da politiche di costanti e irreversibili tagli agli appalti pubblici”. Ora, avvertono, “quest’ulteriore taglio mina seriamente la possibilità, in molti casi, di proseguire nell’esecuzione dei servizi e danneggia i lavoratori“. Di qui la richiesta al governo “di rivedere urgentemente la norma, prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, equiparando il settore dei servizi a quello dei lavori”.
Per il presidente di Legacoop, Simone Gamberini, “il codice degli appalti può rappresentare uno straordinario volano per l’economia del Paese; al contrario, se contiene degli errori può affossare interi settori, come nel caso dei servizi che si vedono penalizzati nella norma sulla revisione prezzi nel decreto correttivo. È quindi pienamente condivisibile la richiesta, avanzata dalle associazioni di rappresentanza dei settori coinvolti, di una modifica urgente prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, in assenza della quale apparirebbe evidente che non si tratta di un errore, ma di una scelta che inevitabilmente produrrà danni a imprese e lavoratori”. Anche Agci Imprese Sociali, Confcooperative Federsolidarietà e Legacoopsociali hanno rilanciato l’allarme: “Non solo è necessario un intervento immediato per correggere questo errore, ma sono urgenti politiche che rendano il codice degli appalti uno strumento utile per il lavoro e non un ostacolo. Con il nuovo contratto collettivo nazionale delle cooperative sociali e l’aumento del costo del lavoro la revisione dei prezzi è fondamentale per garantire la sostenibilità delle imprese e cooperative sociali dove sono impiegati oltre 350mila operatori e operatrici sociali nel nostro Paese: occorre difendere tutti i comparti ed evitare discriminazioni che mettano a rischio il lavoro”.
Intanto Alessandro Genovesi, responsabile appalti della Cgil, prende atto della scelta di stralciare le discusse norme per identificare i ccnl comparativamente più rappresentativi ma conferma un giudizio negativo su “riduzione delle tutele contrattuali, salariali e su salute e sicurezza oggi previste dal vigente Codice, in particolare per i lavoratori degli appalti di servizi e delle forniture”. A scontentare il sindacato è soprattutto il superamento dell’obbligo di applicare lo stesso Ccnl a lavoratori in appalto e subappalto, insieme al rinvio a un decreto ministeriale per definire gli scostamenti marginali delle tutele e al “caos contrattuale che deriverà dalle attività così dette scorporabili”.