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“Non ne posso più dell’acuto di ‘Vincerò’. Al mio funerale ci sarà il divieto di applausi, adesso si applaudono pure i mafiosi”: lo sfogo di Riccardo Muti

Riccardo Muti, uno dei più grandi direttori d'orchestra di sempre, si racconta in un'intervista ad Aldo Cazzullo sulle pagine del Corriere della Sera

di F. Q.
“Non ne posso più dell’acuto di ‘Vincerò’. Al mio funerale ci sarà il divieto di applausi, adesso si applaudono pure i mafiosi”: lo sfogo di Riccardo Muti

Un viaggio tra le stelle, una riflessione sulla morte dei grandi compositori e una critica pungente ai “falsi intenditori”. Riccardo Muti, uno dei più grandi direttori d’orchestra di sempre, si racconta in un’intervista ad Aldo Cazzullo sulle pagine del Corriere della Sera, ripercorrendo la sua incredibile carriera e svelando la sua visione profonda e anticonformista della musica.

“La musica non è una cosa che abbiamo inventato noi”: Muti parte da questa affermazione per spiegare come la musica sia un fenomeno che trascende l’uomo e si estende all’intero universo. “L’universo non è muto. L’universo canta”, spiega nel suo ultimo libro, Recondita armonia, in cui esplora il legame profondo tra la musica e l’essenza stessa della vita, sottolineando come essa non sia una creazione umana: “Fanno musica gli uccelli, il mare, il tuono. È una manifestazione della natura”.

Secondo il direttore d’orchestra, i grandi compositori erano “trafitti” da questi raggi di musica celeste, una sensibilità che li ha portati a lasciare capolavori immortali ma che li ha anche consumati: “Mozart muore a 35 anni, Schubert a 31, Pergolesi a 26. Sono stati consumati dalla loro sensibilità, troppo intensa per sopravvivere a lungo”. Interrogato sulle polemiche che lo hanno visto rivale di Claudio Abbado, Muti è netto: “Una stupidaggine. Abbado e io avevamo percorsi diversi e ci siamo sempre stimati”. Allo stesso modo, liquida il mito degli “intenditori” di musica: “L’intenditore non esiste. La musica va vissuta in modo virginale, senza filtri di competenza. Le emozioni più autentiche arrivano da chi si lascia sorprendere”.

Muti ricorda con ammirazione grandi cantanti come Richard Tucker, Cesare Siepi, Sesto Bruscantini e Krista Ludwig. Tra i tenori, Domingo è definito “il più musicista”, ma la voce più bella è quella di Pavarotti, “una delle voci più straordinarie create dal Padreterno”: “Venne dall’America per cantare gratis a Forlì in un evento per tossicodipendenti. Fu un miracolo”.

Muti si scaglia contro il modo circense in cui viene spesso eseguita la musica italiana all’estero: “Verdi non riceve il rispetto che si riserva a Wagner. È colpa anche nostra, che riduciamo la musica italiana a una ricerca dell’acuto perfetto, tipo il ‘Vincerò’ di Puccini. Questa nota — vinceeeee… — che dura sempre più a lungo… Dalla musica italiana ci si attende il languore infinito, lo strillo senza misura”. E a proposito di arie d’opera celebri: “Il ‘Libiamo, libiamo nei lieti calici…‘? Abbiamo confuso un canto disperato, un brindisi alla morte — perché la “traviata” sta per morire —, con una musichetta augurale”.

Il maestro si dice preoccupato per il declino culturale del Paese: “Non siamo più i degni continuatori della tradizione artistica più grande al mondo. Abbiamo reciso le nostre radici. Siamo passati da Dante, Leonardo e Michelangelo al cliché del pomodoro e della mamma. Non sappiamo più chi siamo – incalza -. Abbiamo reciso le nostre radici”, dichiara. Quindi critica la cancel culture e la tendenza a “imbiancare i muri della storia”: “Io sono pugliese. E se dico a un contadino pugliese che è caucasico, mi insegue con il forcone”.

È deluso da questo governo? “Perché dovrei esserlo? Al di là delle critiche che si possono fare, è un governo che cerca di fare bene. Alla fine lo giudicheremo”, replica. E alla domanda sul suo orientamento politico replica: “Io sono una persona libera di pensiero. Non ho mai avuto protettori politici, sponsor, manager. La mia “carriera” è stata determinata dalle orchestre. Se uno non è di sinistra, dev’essere per forza di destra? Gentile era di destra, ed era un grande filosofo: forse non dobbiamo studiarlo? Certo, non sono mai andato a sbandierare il libretto rosso per la strada. Non mi piace essere classificato. Sono un indipendente. Quando ero direttore musicale della Scala, ricevetti da un politico una lettera di raccomandazione per un cantante. Non risposi. E di lettere non ne ho più ricevute. Non so se oggi farei carriera; il mondo è molto cambiato, uno come me faticherebbe a farsi strada. Siamo un Paese in cui la cultura è sorella minore”, tuona.

Infine, lla domanda su come immagina l’aldilà, Muti risponde con la stessa sensibilità che riserva alla musica: “Siamo fatti di energia, e questa energia si libera nell’universo. La comunione dei santi è l’unione di queste energie che non si esauriscono”. E conclude con una nota personale: “Non voglio applausi al mio funerale. La prima a essere applaudita da morta fu Anna Magnani: ma fu giusto, lei era l’Italia. Adesso applaudono pure i mafiosi. Quando morì mia madre, l’ho sentita esalare l’ultimo respiro. La morte è un momento di silenzio, non di celebrazione. La musica, invece, continuerà a risuonare per sempre, come l’energia dell’universo”.

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