Il progetto di ampliamento dell’aeroporto “Antonio Canova” di Treviso non tiene conto dei rischi per la salute e per l’ambiente, anche perché costituisce un’interferenza con il Parco regionale del Sile, dove si trovano le sorgenti del fiume, in un’oasi naturale di particolare bellezza. Lo afferma una sentenza del Tar del Veneto (presidente Ida Raiola) che ha annullato il masterplan in gestazione da anni, con una spesa di oltre 50 milioni di euro per lo sviluppo dello scalo fino al 2030. Il ministero dell’Ambiente aveva dato il via libera nel 2021, ma è proprio contro quella autorizzazione e le carenze nella valutazione di impatto ambientale che hanno presentato ricorso Legambiente e Italia Nostra, assistiti dall’avvocato Matteo Ceruti. Chiedevano di fermare il provvedimento adottato, citando i ministeri della Transizione ecologica, della Cultura e delle Infrastrutture, l’Enac e Air 3. Quest’ultima è la società del gruppo Save che gestisce anche l’aeroporto di Venezia.

Il masterplan avrebbe dovuto prevedere 22.500 voli all’anno portando a oltre 3 milioni il numero di passeggeri in transito. Le contestazioni riguardavano soprattutto le campagne di monitoraggio e le valutazioni dell’inquinamento acustico ed atmosferico. L’ampliamento non prevede l’allungamento della pista di atterraggio o di decollo, ma ipotizza una crescita dei movimenti dello scalo grazie a una diversa utilizzazione delle piste e al riposizionamento di alcune strutture portuali, come il deposito di carburanti e la torre di controllo. È invece pianificato l’ampliamento del terminal passeggeri con adeguamento di parcheggi e viabilità di accesso. Le associazioni hanno contestato l’antropizzazione dell’area e gli effetti sulla salute pubblica e sull’ambiente, sostenendo che mancavano dati conoscitivi anche richiesti in sede di valutazione di impatto ambientale. Infatti era stato chiesto fin dal 2020 uno studio specifico sulla salute pubblica per calcolare i rischi connessi all’aumento massiccio dei voli.

È stata sottolineata anche l’importanza dei Vortex Strike, ovvero dei vortici provocati dagli aerei che danneggiano le strutture delle case. C’è anche il problema del Bird Strike, l’impatto con gli uccelli. L’aeroporto si colloca parzialmente all’interno del Parco naturale regionale del fiume Sile e nei pressi di due siti Rete Natura 2000. Inoltre, sono presenti nell’area alcuni stabilimenti di itticoltura (anche a ridosso della pista), “fonti attrattive di fauna selvatica”, il che aumenta il rischio di impatti con gli aerei. La conferma viene dal numero di volatili impattati dal 2008 al 2015, con una media 22 uccelli, in particolare gabbiani, gheppi, rondini e rondoni.

Il Tar ha rilevato la mancanza di dati e studi, considerandoli essenziali a una dichiarazione di sostenibilità ambientale. Dante Faraoni, portavoce del comitato di cittadini che vivono nella zona ovest di Treviso, commenta: “Il Tar ci ha dato ragione, la vittoria è storica e totale. Il limite dei voli rimane a 16.300 movimenti all’anno, il master Plan è nullo e la valutazione di impatto ambientale non è valida. Dovrà essere rifatta anche assieme alla valutazione di impatto sanitario”. Faraoni sottolinea anche come il Tar abbia evidenziato alcune carenze riguardanti la sicurezza, in modo particolare la questione del rischio di impatto degli uccelli contro gli aerei. “Le amministrazioni locali e le istituzioni ci hanno ignorato e a volte deriso ora dovranno tenere conto della sentenza. – conclude – Il governo aveva già dato i permessi all’ampliamento nonostante il nostro ricorso”. Air 3 ha dichiarato di aver “appreso con meraviglia e stupore la decisione dell’accoglimento parziale del ricorso delle associazioni ambientaliste. Faremo ricorso al Consiglio di Stato”.

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