La bufala gira da vari anni, e ogni tanto torna in auge. Solo pochi giorni fa un utente di Facebook, presentatosi come professionista sanitario, postava: “Cosa fai quando sei a casa da solo e ti viene un attacco di cuore?”. Seguono le istruzioni dettagliate, a partire dal momento in cui un forte dolore si irradia nel torace. Per evitare di perdere conoscenza, occorre tossire ripetutamente e forte, intervallando i colpi di tosse con respiri profondi. “Ecco come le vittime di arresti cardiaci possono arrivare in ospedale per ricevere il trattamento corretto”, prosegue l’utente, raccomandando anche di trasmettere il messaggio a 10 persone per salvare almeno una vita!
Contrarissima la Scienza
La così detta cough cpr (rianimazione cardiopolmonare con tosse) è una tecnica risalente agli anni ‘70 che comporta effettivamente di tossire in un determinato modo, ma solo in ambiente medico controllato e durante certi tipi di operazioni al cuore, mai quando si è soli e in pericolo di vita. Si oppongono nettamente, tra gli altri, American Heart Association, American Red Cross, British Heart Foundation, Resuscitation Council UK. “Nessuna evidenza medica sostiene la ‘cough CPR'”, sottolinea il sito della British Heart Foundation, mentre già nel 2020 uno studio avvertiva: “Un articolo sulla rianimazione cardiopolmonare può porre un elevato rischio a persone con una sindrome coronarica acuta, perché può causare ritardi nel contattare i servizi di emergenza, con il rischio di aggravare la condizione”. Da parte sua, il sito della Croce Rossa Italiana informa che “Tossire vigorosamente nel caso di un sospetto infarto miocardico acuto non solo è assolutamente inutile, ma rischia di essere pericoloso. Uno studio condotto da Haider nel 1999 concludeva che la tosse cronica, una manifestazione clinica di infezione polmonare o infiammazione cronica, può essere associata al rischio di infarto miocardico”. Occorre invece chiamare immediatamente l’ambulanza: il pronto intervento può fare davvero la differenza tra la vita e la morte. Nell’attesa dell’arrivo dei sanitari, l’Istituto Superiore della Sanità consiglia di assumere una compressa da 300 mg di aspirina (solo se non si è allergici), masticandola lentamente prima di inghiottirla: serve a fluidificare il sangue.
Attacco o arresto cardiaco?
A ulteriore conferma dell’assenza totale di scientificità, questa bufala confonde attacco cardiaco (cioè infarto al miocardio) e arresto cardiaco: però la perdita di conoscenza che si vuole evitare con la tecnica non è legata all’infarto ma all’arresto cardiaco. “L’infarto miocardico acuto, o attacco cardiaco, è una situazione in cui il cuore soffre perché un’arteria coronaria (una delle arterie che portano il sangue per nutrire il cuore stesso) si è chiusa parzialmente o totalmente, e quindi il cuore riceve meno sangue (e meno ossigeno) del necessario. Mentre, nell’arresto cardiaco, il cuore del paziente ha smesso di battere, per cui bisogna intraprendere le manovre di rianimazione cardio-polmonare da parte di qualcuno che si trova vicino alla vittima di arresto cardiaco. L’arresto cardiaco può essere causato da un infarto miocardico acuto, ma solo nel 30% circa dei casi”, specifica il sito della CRI. Quindi bisognerebbe prima di tutto sapere cosa si ha effettivamente, ciò che non è affatto semplice, tanto più che certe malattie – per esempio quella da reflusso gastro-esofageo – possono provocare un dolore al petto che può essere confuso con quello di un infarto.
Infarto: i sintomi
La sintomatologia è diversa per uomini e donne, e queste ultime non devono sottovalutare la problematica perché per loro il rischio di morte è doppio in caso di infarto.
Ecco i sintomi (tratti da http://traumatologico/).
Donna:
bruciore di stomaco;
dolore a collo, schiena, gola o mascella;
difficoltà nella digestione;
nausea e vomito;
sudorazione abbondante;
stanchezza, stordimento;
affanno e dispnea.
Uomo:
senso di costrizione o di bruciore al centro del petto oppure a sbarra, in mezzo al torace o più in basso, verso lo stomaco; può essere irradiato al collo, alle braccia, soprattutto al braccio sinistro, alla mandibola, alla schiena. A volte il dolore è presente solo in queste sedi ”atipiche”;
forte stanchezza e debolezza;
nausea;
vomito;
sudorazione intensa;
tosse e difficoltà respiratoria (dispnea);
vertigini e capogiri;
senso di malessere opprimente, simile a quello causato da un attacco di panico.
Meglio ancora è però prevenire l’infarto, evitando i fattori di rischio modificabili – pressione e colesterolo alti, sovrappeso e obesità, sedentarietà, diabete, fumo di tabacco. Per capire se si è a rischio, soprattutto in caso di familiarità, è possibile consultare il calcolatore realizzato dall’ISS nell’ambito del Progetto Cuore.
Arresto cardiaco: i sintomi
Scatenato di solito da un’aritmia, l’arresto cardiaco può presentarsi con dolore toracico, vertigini, fiato corto, battito irregolare o veloce, debolezza, seguiti da collasso o svenimento. In questo frangente si deve intervenire immediatamente, con una rianimazione cardiopolmonare o con il defibrillatore. L’arresto cardiaco condivide con l’infarto fattori di rischio e modalità di prevenzione simili. Nell’insieme, le malattie cardiovascolari sono la prima causa di morte nel mondo, ma secondo le stime un corretto stile di vita eviterebbe l’80% delle morti, che a livello globale sono circa 17 milioni all’anno.