71. Rossi Vasco | Andrea Conti
Che non stimi il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, non è un mistero. Anche nei 7 eventi allo stadio San Siro della scorsa estate, il rocker lo ha menzionato. Varato il nuovo Codice della Strada, l’artista ha fatto sentire la sua voce: “Ha fatto in modo che se avete fumato una canna, anche una settimana prima, potete essere arrestati immediatamente e la patente vi viene ritirata per 3 anni. Tutto questo per il vostro bene!”. Immediata la risposta: “Ognuno della propria vita fa quello che vuole, ma la droga è sempre morte”. Vasco chiude convinto: “Questa legge non salva nessuna vita”.
72. Ruffini Ernesto Maria | Wanda Marra
Dopo 9 anni al vertice della riscossione fiscale (prima alla guida di Equitalia, poi dell’Agenzia delle Entrate) è diventato l’astro nascente del centro che (forse) sarà. Basta questo a rendere per lui l’anno appena passato eccezionale. Visto che di aspiranti federatori o solo federati, ma in quota moderati, ce ne sono decisamente troppi anche rispetto alle potenzialità elettorali di una ipotetica formazione che stia nel centrosinistra con l’obiettivo di catturare i moderati, i riformisti, i cattolici. Lui ha il pedigree: è il nipote del Cardinale di Palermo, Ernesto Ruffini, il figlio di un Ministro Dc, Attilio, il fratello dell’ex direttore di Rai Tre, Paolo. Resta da capire se ha la leadership, il carattere, e soprattutto, le truppe.
73. Ruzzi Simone noto come Cicalone | Paola Zanca
Atreju, ancora tu. L’anno scorso, fresco di separazione dalla premier, fu Andrea Giambruno a rubare la scena, presentandosi senza invito alla kermesse meloniana. Stavolta è toccato al Cicalone, giustiziere dei borseggiatori metropolitani della Capitale: chiamato da FdI per un semplice dibattito pomeridiano, ha conquistato la platea facendo impallidire onorevoli e ministri, assai meno osannati dell’eroe social-popolare. Giorgia ha trovato il suo Vannacci?
74. Sala Giuseppe | Gianni Barbacetto
È stato un anno difficile per il sindaco di Milano, abituato a essere incensato, a godere di ottima stampa e di un’opposizione inesistente. Nel 2024 l’incanto si è rotto. La città è “stanca”, constata l’arcivescovo Mario Delpini. Molti nodi sono arrivati al pettine. Sono arrivate anche le indagini della Procura sui grattacieli abusivi permessi dal “rito ambrosiano”. Mentre per le elezioni del 2027 già comincia il toto-sindaco (Maurizio Lupi? Letizia Moratti? Mario Calabresi? Ferruccio de Bortoli?), Sala – non senza qualche nervosismo – pretende il super-condono salva-Milano e si offre per il futuro come il “federatore della sinistra”: il cemento per impastare una nuova alleanza.
75. Salis Ilaria | Tommaso Rodano
Il suo 2024 era iniziato in una galera di Budapest ed è finito in libertà, con un seggio a Strasburgo. Il suo nome è stato pescato dal mazzo delle Europee dalla coppia Bonelli-Fratoianni ed è bastato da solo per compiere un mezzo miracolo: riportare alle urne una percentuale dei militanti della sinistra smarrita. Alleanza Verdi Sinistra si è issata al 6,7% e ha trovato una voce credibile nel centrosinistra. E lei ha continuato a parlare di temi – come l’emergenza abitativa e le occupazioni – che senza di lei sono marginali nel mefitico dibattito pubblico. Da un’insegnante, una lezione preziosa: il coraggio paga.
76. Salvini Matteo | Lorenzo Giarelli
Scampato il carcere per il caso Open Arms, ha però perso la miglior arma di propaganda che potesse avere. La Lega arranca, l’autonomia è a pezzi, il congresso lombardo è diventato un processo al leader e lui sogna il Viminale per scappare dai Trasporti, dove ogni giorno ne succede una e basta un chiodo per mandare in tilt un Paese. I treni sono un disastro, lui dà la colpa a chi c’era prima e non ha mai avviato i cantieri. Ma il cantiere a cui tiene di più è un mostro di consulenze, sprechi e megalomania: il Ponte sullo stretto. Un 2024 rimasto indietro di 20 anni.
77. Santalucia Giuseppe | Paolo Frosina
Serafico e misurato, il presidente dell’Associazione nazionale magistrati non somiglia allo stereotipo del magistrato d’assalto. E forse proprio questo è stato il suo punto di forza nei duelli col governo: difficile bollarlo come toga rossa o manettaro. In un anno ad altissima tensione si è dedicato a spiegare i rischi delle riforme della destra, spesso anche in tv, vincendo una naturale ritrosia. Nonostante i suoi sforzi, però, la magistratura è ai minimi storici di popolarità. Tra poco lo vedremo e sentiremo molto meno: il suo mandato è in scadenza e a gennaio verrà eletto il successore.
78. Santanchè Daniela nata Garnero| Thomas Mackinson
“Sono una donna, non una Santa”, canta ancora la senatrice di Fdi e ministra del Turismo. Ma c’è poco da star allegri, il suo 2024 è stato segnato dalle inchieste sulla galassia Visibilia e tentativi di scampare accuse peggiori oltre ai flop clamorosi al “suo” ministero, dalla campagna “Open to meraviglia” agli strafalcioni lessicali del sito Italia.it. I pm di Milano hanno chiesto il rinvio a giudizio sia per la truffa ai danni dell’Inps sulla cassa Covid e sia per il falso in bilancio per due società. Pende anche la grana della vendita-lampo della villa in Versilia con ipotesi di riciclaggio. Ma tranquilli, la Santa ha già fatto sapere: “Non mi dimetterò”. Per quello serve un miracolo.
79. Santi Laura | Martina Castigliani
Per due anni si è battuta perché le venisse riconosciuto un diritto, ora che è libera di scegliere se andarsene, ha deciso di restare e battersi per gli altri. Giornalista affetta da sclerosi multipla, dal 2022 chiedeva l’accesso al suicidio assistito alla Regione Umbria. Ci sono voluti quasi 24 mesi prima del via libera e ora che l’ha ottenuto chiede una legge che garantisca tempi certi a chi vuole andarsene. Sul braccio destro si è tatuata una scritta: “Tregua”. Dal dolore e dalle sofferenze. Una tregua che, però, valga per tutti.
La pax “ellyana”. La chiamano così nel Pd, con un pizzico di nostalgia per i bei tempi andati di quando i segretari venivano defenestrati e/o commissariati a ritmi vorticosi. È saldamente alla guida del partito, è uscita benissimo dalle EurEllyopee e – grazie all’Umbria – abbastanza bene dalle Regionali. Nel frattempo, ha fatto la prova muscolare di dire che Vincenzo De Luca non sarà più il candidato dem. Ma la sua resta una politica del “ma anche”, che tiene dentro gli atlantisti e i pacifisti, i paladini del Jobs act e i suoi acerrimi oppositori, quelli per il referendum contro l’autonomia e quelli che magari un po’ di autonomia serve. Poi, c’è il tema “come vincere le elezioni senza coalizione”. Ma questo è più abusato.