La designazione di un Paese terzo come “Paese di origine sicuro” spetta al “Ministro degli affari esteri e agli altri Ministri che intervengono in sede di concerto”, ma il giudice – in sede di convalida del trattenimento del migrante – deve valutare caso per caso. E se dovesse ravvisare “sussistenti i gravi motivi per ritenere che il paese non è sicuro per la situazione particolare in cui il richiedente si trova”, la procedura accelerata di frontiera “non può applicarsi”. Non solo: il giudice è “chiamato a verificare, in ipotesi limite, se la valutazione ministeriale abbia varcato i confini esterni della ragionevolezza e sia stata esercitata in modo manifestamente arbitrario o se la relativa designazione sia divenuta, ictu oculi, non più rispondente alla situazione reale“.

È quanto scrive la prima sezione civile della Cassazione in un’ordinanza interlocutoria che riguarda il ricorso del Viminale per uno dei migranti portati in Albania e liberati dal tribunale di Roma. In una precedente decisione di pochi giorni fa la Suprema Corte aveva già espresso principi simili. Adesso li ribadisce e rinvia la decisione sul ricorso contro il provvedimento di non convalida del trattenimento di uno straniero proveniente dall’Egitto, “dichiarando espressamente di voler partecipare al dialogo fra le supreme corti, offrendo, nello spirito di leale cooperazione, la propria ipotesi di lavoro, nell’attesa che la Corte di giustizia Europea si pronunci, nell’udienza ormai prossima del 25 febbraio 2025“.

Immediate le reazioni da esponenti di Fratelli d’Italia. “Finalmente con il deposito dell’ordinanza auspichiamo di mettere a tacere le chiacchiere della sinistra che a lungo ha speculato sull’unico modello mai pensato ed ideato per la gestione dei flussi migratori. La scelta di quali siano i Paesi sicuri spetta al Governo e non alla magistratura“, dichiara la vice capogruppo di Fdi alla Camera, Augusta Montaruli. “La Cassazione ribadisce in maniera netta che la competenza sulla decisione di quando un Paese è o non è sicuro spetta in via esclusiva al governo. L’esame della singola situazione resta al magistrato, il quale però non può arrogarsi la facoltà di stabilire quali siano i paesi sicuri e quali no”, aggiunge il presidente dei senatori di Fratelli d’Italia, Lucio Malan. I parlamentari fanno riferimento in realtà solo alle premesse di quanto dichiarato dalla Corte e, tra l’altro, al momento nessun tribunale ha messo in dubbio la titolarità dei ministeri nella designazione dei Paesi sicuri.

Nel dettaglio, in questa nuova ordinanza, la Cassazione spiega che il giudice “garante, nell’esame del singolo caso, dell’effettività del diritto fondamentale alla libertà personale” svolgendo il suo compito di valutare il caso “non si sostituisce nella valutazione che spetta, in generale, soltanto al Ministro degli affari esteri e agli altri Ministri che intervengono in sede di concerto, ma è chiamato a riscontrare, nell’ambito del suo potere istituzionale, in forme e modalità compatibili con la scansione temporale urgente e ravvicinata del procedimento de libertate, la sussistenza dei presupposti di legittimità della designazione di un certo paese di origine come sicuro, rappresentando tale designazione uno dei presupposti giustificativi della misura del trattenimento”.

Per quanto riguarda “le eccezioni personali“, spiega la Cassazione, “pur compatibili con la nozione di paese di origine sicuro, non possono essere ammesse senza limiti“. “Tali eccezioni, infatti, non sono ammesse – si legge – a fronte di persecuzioni estese, endemiche e costanti, tali da contraddire, nella sostanza, il requisito dell’assenza di persecuzioni che avvengano generalmente e costantemente, secondo l’allegato I alla direttiva 2013/32, perché, altrimenti, sarebbe gravemente pregiudicato il valore fondamentale della dignità e, con esso, la connotazione dello Stato di origine come Stato di diritto, il quale postula il rispetto delle minoranze nel nucleo irriducibile dei diritti fondamentali della persona”.

La Suprema Corte, pertanto, offre “la propria ipotesi di lavoro” nell’attesa che la Corte di giustizia Europea si pronunci, nell’udienza del 25 febbraio 2025, sui diversi ricorsi pregiudiziali, avanzati “tanto da giudici italiani del merito quanto dal Tribunale amministrativo regionale di Berlino, su una serie di quesiti sicuramente interferenti con la decisione del caso concreto ed in grado di fornire” alla stessa Cassazione, “nel suo fondamentale ruolo di organo nomofilattico, la possibilità di dettare un principio di diritto destinato ad operare anche per il futuro che tenga conto dei principi che varranno espressi dalla corte sovranazionale”.

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