di Paolo

Ci lamentiamo tanto della destra perché si cura poco dei deboli, dei poveri e delle minoranze. Dovremmo farci un esame di coscienza tutti noi e dire la verità. Non è solo un parte politica, ma una gran parte di essa che non conosce o rispetta i diritti sanciti dalla Costituzione. Non è solo la politica ma siamo anche noi a dover rispettare quei diritti fondamentali che in quanto tali preesistono la Costituzione stessa. Ma chi vogliamo prendere in giro?

Pretendiamo dagli altri sempre più di quel che chiediamo a noi stessi, anche se dentro di noi sappiamo che non ce la faranno, altrimenti come vi spiegate una lunga serie di governi deludenti? Sfortuna? Noi non deleghiamo solo un rappresentante politico perché s’incarichi di occuparsi della cosa pubblica al posto nostro, noi lasciamo che sia lui a mostrarsi peggiore, affinché noi non ci si sforzi di migliorare.

Nella nostra grande società, un tempo si tentava di correggere i mancini perché non erano come gli altri. Pensate che siamo cambiati così tanto da allora? Per esempio quando un bambino è timido lo si tratta da debole e gli si dice che deve imparare a farsi rispettare. Sia ben chiaro: non sto dicendo che non ci sia un fondamento educativo o che si voglia umiliare un ragazzino, ma che sulla strada della sua formazione, lo si veda in minoranza, ergo come qualcuno che vada elevato a maggioranza. Nessuno può scegliersi il carattere con cui venire al mondo, così come nessuno può scegliere di nascere mancino. Al ragazzino timido gli si insegna ad essere come gli altri, ma al resto della classe nessuno spiega cosa significhi essere tale.

Chiunque sia formalmente educato in famiglia e frequenti la scuola diventerà membro di una società; viene ritagliato per essere un perfetto puzzle di quel quadro e cosa succede a chi non trova il proprio posto? E se fosse giusto essere il pezzo del puzzle che si è, con una forma che non è quella consueta? Aggiungo che oltre a questa livella formativa, già ai miei tempi esisteva il voto politico che tradotto in italiano significava mandare i pargoli al macello.

Di questo ho testimonianza diretta, infatti incontrai un professore delle superiori e gli dissi che trovavo curioso veder promossa gente che non aveva mai studiato; la sua risposta fu che ormai il compito della scuola era mandare avanti i ragazzi e che sarebbe stata la “società” a selezionarli.

Quindi spiace, ma nel manuale d’istruzioni di questo grande gioco che ci vede conviventi, non è contemplato essere un pezzo diverso da tutti. Quindi tenendo presente le tante eccezioni e senza voler gettare la croce addosso a chicchessia, rimane il quesito: “Basta dare la colpa al governo?”. Non è un’assoluzione verso chi siede in Parlamento e non esiste nessuna prescrizione medica che imponga a chiunque di entrare in politica. Non vi è obbligo di candidatura, di raccolta voti, di campagna elettorale, di proferire lunghi discorsi alla folla, ricchi di promesse che verranno puntualmente mancate.

Anche se ad oggi ancora si crede d’essere al di sopra degli altri e si masticano leggi affinché ciò diventi una realtà, politici ed elettori sono gente che andava nelle stesse scuole. Le stesse scuole in cui si imponeva di imparare dai professori e non dagli altri ragazzi; le stesse scuole in cui si era normali o diversi in una società minore, per poi crescere e mettere piede in una società maggiore in cui si è ancora normali o diversi.

Siamo quello che siamo e non dovremmo confondere il ragionare su di noi col farcene una ragione. Qualunque cosa noi si dica, le cose non cambieranno, perché non vogliamo vedere alcun cambiamento che conti noi come stimolo. Noi abbiamo la nostra vita, non possiamo mica preoccuparci del governo e poi non è colpa nostra perché abbiamo votato l’altro partito. La prossima volta ripeteremo le cose avendo votato altro ancora e se moltiplichiamo tutto questo per ognuno di noi otteniamo una cosa sola: dare la colpa a tutti quelli che non siamo noi.

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