“Io un ermafrodito? Un’invenzione per finire sui giornali”. Eva Robin’s lo dice una volta per tutte, senza se e senza ma: quell’etichetta che la insegue e al tempo stesso la precede da quarant’anni era una fake news, pensata per conquistare briciole di popolarità. Oggi resta sullo sfondo, perché la sua vita e la sua carriera hanno preso una direzione diversa, come confermano anche i tanti no detti ai reality e ai talent che quella popolarità potrebbero rafforzarla con una manciata di video virali. Lei da tempo ha scelto di concentrarsi sul teatro e oggi torna a raccontarsi in maniera profonda (e per certi versi inedita) in una lunga intervista a 7 del Corriere della Sera, firmata dalla scrittrice Teresa Ciabatti. A cui rivela come Roberto Coatti è diventato Eva, passando per le violenze subite e scelte più o meno ponderate. Una delle tappe che le cambiano la vita avviene a otto anni, quando l’amante di una sua vicina di casa, un cinquantenne le impone di praticargli del sesso orale: “Ricordo la sua voce: ‘metti la bocca lì, apri, chiudi’. Poi non ricordo più niente. Non ho mai vissuto l’episodio come una violenza, anzi. Torno a casa allegra e lo racconto a mia madre”. Che però capisce la gravità della situazione, corre dalla polizia e denuncia l’uomo, che si becca il foglio di via da Bologna. Cosa resta di quell’evento? “Al tempo non è stato un trauma, non ho pianto, ma chi lo sa. In fondo solo adesso sto riflettendo su certi accadimenti del passato”, ammette la Robin’s.
La sua vita cambia alla fine dell’estate del 975: “Tornata da Riccione, mi faccio le mèches. Quel biondo mi trasforma. Al bar chiedo un cappuccino, e il barista risponde ‘subito, signorina’”. La trasformazione avviene in maniera quasi naturale: cambia abbigliamento e inizia quella che definisce “la mia fase ammaliante, mi sento potente”. Il passo successivo sono gli ormoni, che gli passa il vicino di casa infermiere: “Il Progynon depot, quello che davano a Mussolini per tenerlo carico, più ormoni di scimmia e vitamine, l’ho letto su un libro”. L’obiettivo? “Volevo bloccare la crescita dei peli. La barba mi faceva paura. In più avevo l’acne che grazie agli ormoni e ai trattamenti di Dodo D’Hambourg (la spogliarellista di Hitler trasferitasi a Bologna dove aveva aperto un centro estetico, ndr) passa”. Gli ormoni le bloccano la crescita di peli e barba, ma il cambiamento più importante è il seno: “È un incidente di percorso, non lo volevo. Ma a quel punto non potevo tornare indietro. Erano esperimenti, in quegli anni noi abbiamo sperimentato molto”. Quanto all’operazione per completare la transizione, ammette ironica di non averla mai desiderata: “Sono per la somma, non per la sottrazione”.
Infine, un aneddoto divertente, quello su Amanda Lear, di cui fu una delle coriste alla fine degli anni ’70. “La truffo. M’insinuo nella sua compagnia di ballo come femmina. Se lei avesse saputo cos’ero davvero, non mi avrebbe presa, veniva da una scuola di night di grande invidia e competizione”. Ma la Lear si accorge che Eva in realtà è un uomo: “Tra una canzone e un’altra, specie in Romagna, la gente urlava: ‘Eva, Eva’. Lei mi prende da parte e dice: ‘tu sei molto popolare qui’”. Amiche? No. “Nella vita, almeno al tempo, Amanda non aveva amiche transessuali. La sua era proprio un’idiosincrasia per le persone che facevano questa scelta”.