Contrordine. È durata solo 24 ore la sospensione del nuovo tariffario delle prestazioni sanitarie di specialistica ambulatoriale e protesica decisa ieri dal Tar del Lazio. Con una repentina marcia indietro, il 31 dicembre il tribunale amministrativo ha fatto sapere di aver revocato il proprio decreto di sospensione su richiesta – incredibilmente – delle stesse parti che avevano impugnato il provvedimento governativo, ovvero ambulatori e ospedali privati. Che pure da lunedì esultavano per la “vittoria” contro il provvedimento del ministero della Salute che stabilisce tra il resto i rimborsi dovuti alle aziende pubbliche e a quelle convenzionate con il Servizio sanitario nazionale. E prevede dei tagli a loro sgraditi.

La marcia indietro sembra esser stata suggerita dall’allarme lanciato dalle Regioni, che – come raccontato dal Fatto – hanno paventato il corto circuito dei sistemi di accesso alle prestazioni. Il Tar infatti ha annunciato di aver “preso atto della dichiarata gravità delle conseguenze della sospensione del decreto che determinerebbero il blocco del sistema di prenotazione ed erogazione” dei servizi “con un impatto sulla salute dei pazienti”. Di lì la revoca del decreto, mentre è stata confermata l’udienza in camera di consiglio del 28 gennaio per decidere nel merito.

Solo poche ore prima i vertici della Unione Nazionale Ambulatori, Poliambulatori, Enti e Ospedalità privata accreditata avevano detto di aver accolto “con grande soddisfazione e speranza la notizia della sospensione del nuovo nomenclatore tariffario avvenuta a fronte del ricorso dalle presentato dalle stesse associazioni” perché “il rinnovo previsto avrebbe causato gravi danni agli ospedali pubblici in piano di rientro, essendo stato peraltro disposto e applicato in tempi lampo” e “avrebbe gravemente compromesso la presa in carico del paziente e la qualità degli esami clinici, ulteriormente aggravando le liste d’attesa” perché “prevedeva tagli ai rimborsi fino al 70%, sia per gli ospedali pubblici sia per i centri privati accreditati”.

Francesco Zaffini, senatore di Fdi e presidente della commissione Sanità e Lavoro di Palazzo Madama, che aveva parlato di “episodio incomprensibile in danno ai provvedimenti di questo Governo”, accoglie con soddisfazione la revoca che evita “il blocco del sistema” e si dice “soddisfatto che le stesse strutture sanitarie che avevano chiesto lo stop del decreto tariffe, abbiano fatto retromarcia proprio per evitare la paralisi delle prestazioni”.

In mezzo a questa follia burocratico-giudiziaria a perderci sono ovviamente i cittadini con problemi di salute. In molte regioni si sono registrati problemi, segnalati anche dai medici di famiglia, nella prenotazione di esami e visite. Ora la nuova decisione del Tar del Lazio e l’attesa per capire come andrà a finire. Il 2025 inizia in salita. Con il nuovo decreto vengono aggiornate 1.113 tariffe associate alle prestazioni di specialistica ambulatoriale e protesica sulle 3.171 che compongono il nomenclatore, ovvero il 35% del totale, ponendo fine a un’attesa di 28 anni per il nomenclatore delle prestazioni di specialistica ambulatoriale e 25 anni per quello dell’assistenza protesica.

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