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Giusy Versace: “Nessun risarcimento mi restituirà le gambe. A casa ne ho quindici paia. Certi giorni piango dal dolore, mi chiudo in casa e spengo il telefono”

È stata la prima donna italiana a correre con doppia amputazione, vincendo 11 titoli

di F. Q.
Giusy Versace: “Nessun risarcimento mi restituirà le gambe. A casa ne ho quindici paia. Certi giorni piango dal dolore, mi chiudo in casa e spengo il telefono”

Viene da una famiglia d’artre importante con un cognome di fama internazionale con Gianni, Santo e Donatella Versace. Giusy Versace è stata la prima donna italiana a correre con doppia amputazione e si è aggiudicata undici titoli italiani. È stata prima deputata e oggi è senatrice in Parlamento. Una vita di successi ma segnata da un tremendo incidente in cui ha perso entrambe le gambe. “Nel primo libro, Con la testa e con il cuore si va ovunque, – ha svelato a Il Corriere della Sera – ho raccontato in modo crudo il giorno dell’incidente. Con il dolore ho imparato a convivere”.

E le conseguenze si sono fatte sentire: “La sindrome dell’arto fantasma si manifesta quando, per esempio, sento prurito al polpaccio o il formicolio al piede, che non ho più. Il dolore dell’arto fantasma, invece, si presenta sotto forma di scosse elettriche. Certi giorni piango dal dolore, mi chiudo in casa e spengo il telefono. Nessun risarcimento mi restituirà le gambe. Quei soldi del risarcimento sono fermi per quando sarò vecchia. Ne ho usato una parte per fare del bene”.

Oggi Giusy ha “quindici paia di gambe. Le cambio a seconda della circostanza. Ho quelle per i tacchi, per lo sport, per il mare”.

Qualche piccolo rimpianto? “Forse da piccola avrei desiderato lavorare con loro (Gianni, Santo e Donatella Versace, ndr), ma poi sono stata felice di essermi affermata nello stesso campo da sola, con le mie forze. Anzi, chiamarmi Versace è stato più un problema, perché molte aziende temevano che volessi fare spionaggio e mi scartavano a priori”.

E ancora: “Avevo 20 anni quando è morto zio Gianni e non lo avevo frequentato molto, perché viveva già fuori. Ma quando ci vedevamo, magari a Natale, mi colpiva la naturalezza con cui passava dall’inglese con Madonna al dialetto con il padre. Mio zio Santo mi ha insegnato tutto quello che dovevo sapere per costruire la mia carriera. Poi, dopo l’incidente, mi è stato vicino come un padre. Donatella non la frequento, però è molto generosa con me. Mi veste sempre per le grandi occasioni. Anche per la tournée teatrale”.

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