Paolo Benvegnù è morto.

Scrivo di getto queste parole, con il cuore a pezzi, dopo essermi assicurato che questa notizia non fosse uno dei suoi scherzi. Ora succederà ciò che lui, con la sua ironia, avrebbe previsto: lo celebreranno tutti. Anche chi non lo conosceva, chi non aveva mai davvero ascoltato le sue canzoni. Quelle realizzate con gli Scisma, che hanno segnato un’epoca, e quelle che impreziosiscono la sua discografia personale, autentica e unica. Finalmente, ne scopriranno la meraviglia.

Diventerà celebre, sì. Ma non gli è mai importato. La celebrità gli scivolava addosso, in vita come ora. Paolo era molto più di un talento straordinario: era una presenza unica, capace di farti sorridere con una battuta e, nello stesso istante, di lasciarti con un nodo in gola. Un’anima autentica, un cuore gentile che sapeva guardare il mondo con una dolcezza che raramente incontravi. Un amico che resterà per sempre libero, proprio come la sua musica.

E quella musica, che raccontava di lui e di tutti noi, resterà. Sempre. Per chi lo ha amato e per chi lo amerà da ora in avanti.

Nei consueti nove punti di questo blog, voglio raccontarlo, per dirgli ancora una volta: Grazie, Paolo.

1. L’uomo dietro la musica
La risata di Paolo era contagiosa, una di quelle che ti restano dentro. E poi c’erano le sue parole, che non erano mai banali. Ti dedicava pensieri così belli e profondi che ti lasciavano spiazzato. Non erano complimenti di circostanza, ma veri atti d’amore, di quelli che non senti spesso, perché la gente non è abituata a dirli. Per questo ti turbavano: te li portavi dietro e ti chiedevi, incredulo, come avesse potuto esprimere un pensiero così meraviglioso per te. Era fatto così: ti entrava dentro e ci restava.

2. Un talento incompreso
Non ha mai inseguito il successo facile, non era fatto per piegarsi alle regole del mercato. La sua musica, sincera e senza filtri, parlava a chi era disposto ad ascoltare davvero. Eppure, proprio questa sua purezza lo ha reso invisibile agli occhi di chi cercava solo cose semplici o alla moda. Per i suoi ascoltatori, però, era una guida, un compagno di viaggio, capace di toccare corde che pochi osano sfiorare. Non era per tutti, ma per chi lo amava, era tutto.

3. L’autoironia come rifugio
Scherzava spesso su sé stesso, con quell’autoironia che, tra le righe, sembrava volerlo sminuire. Era il suo modo di accettare una carriera che non era andata come avrebbe meritato. Io percepivo una lieve tristezza in quelle battute, come se il passato fosse stato accettato, ma avesse lasciato un segno. Eppure, parlava delle sue delusioni con leggerezza, come a volerle superare, e ti veniva da dirgli che le cose potevano cambiare, che anzi sarebbero cambiate. Lui allora ti abbracciava e ti ringraziava, felice per quel pensiero così bello rivolto a lui.

4. La verità della sua musica
Le canzoni non cercano di colpirti, ma di accompagnarti. Sono sincere, ti parlano con una delicatezza che sembra raccontarti qualcosa che avevi dimenticato. Ogni nota e ogni parola porta con sé un’umanità profonda, capace di rimanerti dentro. Ascoltarlo significa aprirsi a un dialogo intimo, un momento di condivisione che continua anche dopo che la musica è finita.

5. Il Premio Tenco: un riconoscimento tardivo
Quest’anno ha ricevuto il Premio Tenco: era ora! Un riconoscimento che finalmente da voce al suo valore come autore e interprete. Non era uno che si lasciava sopraffare dai trionfalismi, eppure quel premio sembra chiudere un cerchio. “Sono il cantante di una band che si chiama I Paolo Benvegnù e insieme ai miei compagni siamo ancora nell’orbita della stupefazione. Continuiamo a pensare che sia tutto un sogno e finché non avremo qualcosa di concreto tra le mani, ci sembrerà ancora irreale”. Anche in quel momento di gloria personale, riusciva a trasformarlo in un atto di condivisione e umiltà.

6. Il rapporto unico con il pubblico
Ogni concerto non era solo una performance. Non si limitava a suonare: ti parlava, ti coinvolgeva, creava un legame che andava oltre la musica. Tra una canzone e l’altra, c’erano battute, sorrisi, riflessioni che rendevano ogni serata unica. “Qualcuno accanto a voi potrebbe addormentarsi tra una canzone e l’altra, e lo capisco in effetti faccio dormire, ma voi non disturbatelo, lasciatemelo dormire che in fondo non fa del male a nessuno”, diceva, con la sua ironia. Il pubblico non era un’entità indistinta, ma persone a cui sembrava guardare negli occhi, una per una. E, in cambio, chi lo ascoltava si sentiva accolto, parte di qualcosa di raro e autentico, come se quella musica fosse stata scritta proprio per lui.

7. L’eredità musicale
Parliamo di una mappa in grado di tracciare il suo percorso personale e musicale. Ogni disco è un passo, un momento che racconta una trasformazione, un pensiero, una ricerca. Non sono brani creati per impressionare, ma pezzi di vita, di osservazioni, di emozioni che si fanno universali. Ascoltarlo significa entrare in contatto con le sue fragilità e lentamente scoprire che quelle stesse fragilità, sono le tue, le nostre. È questa l’eredità che lascia: una musica che non ha bisogno di compiacere, ma che ti costringe a fermarti, ad ascoltare davvero, perché sincera e senza compromessi.

8. Il legame con Il Rumore del Lutto
Il rapporto con Il Rumore del Lutto è sempre stato speciale. Non solo un festival per lui, ma un luogo dove la sua musica e le sue parole potevano davvero incontrarsi con il cuore degli altri. Tra momenti di leggerezza e riflessioni profonde, ha sempre visto il nostro festival come uno spazio dove la musica non era solo suonata, ma vissuta, sentita in ogni sua sfumatura. Voleva essere assunto come garzone, ci supplicava di tenerlo con noi. Quante risate abbiamo condiviso, quante volte ci siamo abbracciati. Amico caro, fosse stato per noi ti avremmo eletto nostro presidente altro che garzone.

9. Un addio che lascia il segno
Come si fa a dire addio a chi ha saputo toccare le corde più profonde della nostra vita? Paolo non c’è più, ma ci ha lasciato un modo di guardare il mondo, di viverlo con delicatezza e intensità. La sua musica è un invito a fermarsi, ad ascoltarle davvero quelle parole, a dar loro il giusto peso. E non è solo musica. È lui, con i suoi pensieri, i suoi gesti, la sua capacità di esserci anche senza fare rumore. Resta questo: la certezza che la sua presenza continuerà a vivere, non solo nelle canzoni, ma nei cuori che ha toccato.

Chi volesse dare un ultimo saluto a Paolo, può trovarlo oggi 2 gennaio 2025 Orari: 8.00 – 18.00 presso la Camera Mortuaria ASST Spedali Civili di Brescia in via Paolo Brognoli, seguirà nelle prossime settimane una commemorazione laica nella zona di Perugia di cui la famiglia darà notizia appena possibile.

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