Le è costato uno sgarbo istituzionale al presidente degli Stati Uniti in carica, che sarà in Italia dal 9 al 12 gennaio, ma il viaggio di Giorgia Meloni negli Stati Uniti per incontrare Donald Trump a Mar-a-Lago può valere molto di più per la presidente del Consiglio. L’apertura di un canale preferenziale grazie all’intercessione dell’amico Elon Musk sembra ormai cosa fatta e gli obiettivi, a breve e lungo termine, della capa del governo sono adesso due: portare a casa un successo internazionale con la liberazione in tempi stretti della giornalista Cecilia Sala, arrestata in Iran lo scorso 19 dicembre, e provare a diventare l’anello di congiunzione tra la prossima amministrazione e l’Unione europea.

L’operazione meloniana è scattata nella giornata di venerdì. La premier, intorno alle 11, è salita su un volo che l’ha portata in serata nella residenza di Palm Beach del magnate americano prossimo a rioccupare lo Studio Ovale. Una visita a sorpresa, organizzata nelle ultime ore e in massimo segreto proprio per le esigenze legate all’incarcerazione della reporter del Foglio e Chora Media nel temibile carcere di Evin, a Teheran, e resa possibile dagli ottimi rapporti tra la leader di Fratelli d’Italia e il nuovo guru di The Donald, quell’Elon Musk che vede in lei la principale leader di riferimento a livello europeo. Per questo, l’incontro non è stato esclusivo ed era legato alla proiezione nella ballroom di Eastman Dilemma, il documentario che sostiene la tesi dei brogli elettorali alle elezioni presidenziali del 2020. Ciò che interessava alla presidente del Consiglio, però, non erano le teorie complottiste che hanno alimentato l’assalto a Capitol Hill, ma ciò che è avvenuto prima, durante la cena: un colloquio col futuro presidente americano.

Gli obiettivi nella testa di Meloni sono due. Il primo, più immediato, è quello di convincere Trump a non impuntarsi sull’estradizione di Mohammad Abedini Najafabadi, l’ingegnere iraniano arrestato a Malpensa su richiesta degli Stati Uniti che lo accusano di essere uno degli sviluppatori dei droni iraniani. Alla sua scarcerazione è legato il destino di Sala e un’opposizione americana renderebbe molto complicato per il governo italiano prendere una decisione: puntare alla liberazione di una sua cittadina arrestata arbitrariamente, operazione legalmente possibile dato che i pasdaran non sono considerati dall’Italia un gruppo terroristico e, di conseguenza, nemmeno l’ingegnere può essere accusato di aver prestato servizio per organizzazioni del genere, oppure preservare i buoni rapporti con Washington. In questo, sarà determinante l’opera di convincimento di Musk, incaricato da Trump proprio di intrattenere rapporti con la Repubblica Islamica, come testimonia anche l’incontro, a fine novembre, tra il multimiliardario e l’ambasciatore permanente di Teheran presso le Nazioni Unite. Ottenere la liberazione di Cecilia Sala in tempi ragionevoli per Meloni rappresenterebbe un successo enorme: accrescerebbe il suo ruolo a livello internazionale e confermerebbe anche la sua leadership interna, dopo la figuraccia rimediata dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani, che dopo aver rassicurato il Paese sulle condizioni di detenzione della giornalista è stato sbugiardato dalla stessa nel corso della prima chiamata con i familiari. Tajani che, secondo quanto riporta La Stampa, non è nemmeno stato informato della trasferta a Washington della quale, stando almeno al suo profilo X, era a conoscenza anche il referente di Musk in Italia Andrea Stroppa.

C’è però anche un altro obiettivo a lungo termine che stuzzica Meloni. Il feeling con Musk è ormai conclamato, quello con Trump sta crescendo. Proprio il futuro presidente, nel corso dell’incontro di venerdì notte, ha elogiato la presidente del Consiglio dicendo che “ha preso d’assalto l’Europa”. Ed è proprio quello che la premier ha intenzione di fare. Prima ha coltivato un solido rapporto con Ursula von der Leyen, sopravvissuto anche agli scontri e ai giochi politici delle ultime elezioni europee, costringendo la presidente della Commissione a tenerla in considerazione come partner su alcuni dossier chiave e concedere all’Italia anche una vicepresidenza esecutiva in Commissione con Raffaele Fitto. Adesso, la leader di Palazzo Chigi vuole costruire una relazione altrettanto privilegiata con Washington. E il punto di partenza è sempre Elon Musk. Il Ceo di Tesla la considera la leader di riferimento in Unione europea. Sì, organizza incontri e promuove l’ascesa di Alternative für Deutschland in Germania, accoglie sempre con Trump e sempre a Mar-a-Lago Viktor Orbán e strizza l’occhio a Geert Wilders, ma la preferita rimane Giorgia Meloni: una leader di destra già formata, già al potere e pronta a incidere in Ue. Proprio questo è il ruolo che Meloni ha in mente di ritagliarsi: anello di congiunzione tra Washington e Bruxelles. Operazione semplice? Tutt’altro. Dalla sua parte ci sono ovviamente i buoni rapporti con la futura amministrazione Usa e una debolezza mai vista fino a oggi proprio nel cuore dell’Ue, lungo l’asse franco-tedesco. Gli svantaggi, invece, riguardano le opposizioni europee, le stesse che hanno tentato, senza riuscirci, di tenerla più distante possibile dalla nuova maggioranza: avere Meloni come interlocutore con Washington sarebbe una sconfitta dura da digerire per molti dei partiti tradizionali storicamente al potere a Bruxelles.

Quello di Meloni è un gioco complicato e pericoloso. Il rischio è quello di rimanere schiacciata tra i due giganti: da una parte un’Europa che punta a rigettarla nell’irrilevanza politica, anche se sarà difficile fino a quando manterrà questi consensi in Italia, e dall’altra gli Stati Uniti che, si sa, soprattutto in campo economico hanno interessi che confliggono con quelli di Bruxelles e pure con quelli italiani. Trovare un equilibrio, però, le consegnerebbe la definitiva consacrazione internazionale.

X: @GianniRosini

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