“Intendo dimettermi da leader del partito e da primo ministro, dopo che il partito sceglierà il prossimo leader attraverso un competitivo, robusto processo nazionale“. Così Justin Trudeau ha annunciato che lascia la guida del partito liberale, ma che per ora rimane primo ministro del Canada in carica per gli affari correnti, spiegando di aver già chiesto al presidente del partito liberale di avviare il processo per la scelta del nuovo leader.
Trudeau ha inoltre annunciato che i lavori del Parlamento canadese sono sospesi sino al 24 marzo. Il premier uscente punta ad evitare le elezioni generali mentre i liberal scelgono un nuovo leader. Il nuovo leader che dovrà guidare il partito verso le elezioni, per il momento fissate per il prossimo ottobre, ma che secondo alcuni osservatori potrebbero ora essere anticipate. “Questo Paese si merita una vera scelta nelle prossime elezioni – ha detto ancora Trudeau – ed è diventato per me chiaro che se devo combattere battaglie interne non posso essere l’opzione migliore in queste elezioni”.
Il dissenso interno al Partito Liberale, secondo quanto riportato alcuni media locali come The Globe and Mail e The Toronto Star, ha convinto il capo del governo di Ottawa a lasciare l’incarico con un anno di anticipo sulla scadenza. Lo ha fatto durante una conferenza stampa convocata per l’occasione: ha annunciato le dimissioni come leader del partito liberale che ha guidato dal 2013 e che resterà in carica come premier finché non sarà scelto un nuovo leader. “Sono un combattente. Ogni osso del mio corpo mi ha sempre detto di combattere perché tengo molto ai canadesi. Tengo molto a questo Paese e sarò sempre motivato da ciò che è nel suo migliore interesse”, ha detto.
Una mossa, come detto, che arriva sullo sfondo di una crisi del suo governo di minoranza, con l’uscita del partito Ndp che lo sosteneva esternamente e le dimissioni della vice premier e ministra delle finanze Chrystia Freeland, in dissenso sulla risposta alla minaccia di dazi di Donald Trump. Con la sua uscita Trudeau, premier dal 2015, mette fine probabilmente alla sua carriera politica.
“Abbiamo bisogno di una visione ambiziosa, ottimistica del futuro e Pierre Poilievre non la offre”, ha aggiunto Trudeau riferendosi al leader dei conservatori, che i sondaggi al momento danno 20 punti avanti a lui. “Bloccare la lotta contro il cambiamento climatico non ha senso”, ha detto ancora riferendosi ad altri punti del programma del conservatore di cui ha anche criticato il fatto che “attacca i giornalisti”. “Non è quello di cui hanno bisogno adesso i canadesi”.
La decisione di Trudeau smentisce le fonti interne al suo governo, convinte che le dimissioni non sarebbero arrivate prima del suo caucus nazionale di mercoledì. L’addio improvviso avrà diverse conseguenze. La prima tutta interna al suo partito che, a pochi mesi dalle prossime elezioni legislative, previste per la fine di ottobre, rimane senza un candidato da spingere per cercare di rimanere alla guida del Paese.
L’altra conseguenza riguarda invece il ruolo internazionale del Canada. Il Paese, con il ritorno di Trump nello Studio Ovale, si ritrova a dover affrontare una serie di sfide alle quali deve dare risposte concrete e in tempi rapidi, soprattutto in campo economico e commerciale. Entrare in questa fase in piena crisi di governo rischia di dare un enorme vantaggio al nuovo inquilino della Casa Bianca.
Tra i principali candidati alla successione di Trudeau ci sono due donne. La prima è Chrystia Freeland, ex vice premier e ministra delle Finanze, la cui clamorosa uscita dal governo di Trudeau – con tanto di pubblicazione della lettera di dimissioni in cui affermava di lasciare per divergenze sul modo di affrontare la minaccia dei dazi di Donald Trump – a dicembre ha esacerbato la grave crisi che giù viveva il premier, portandolo così alle dimissioni. La 56enne ex giornalista, nata nella provincia di Alberta da una madre ucraina, è stata nel governo di Trudeau sin dal 2015, due anni dopo il suo ingresso in Parlamento, ricoprendo diversi incarichi. Da ministra degli Esteri nel 2019 ha guidato i negoziati per un il nuovo Nafta voluto da Trump per regolare il libero scambio tra Usa, Canada e Messico. Un ruolo che non deve essere stato gradito al tycoon che, apprezzando la sua uscita dal governo Trudeau, l’ha definita “tossica”.
L’altra possibile candidata è Anita Anand, 57enne avvocato entrata in politica nel 2019 e attuale ministra dei Trasporti, dopo essere stata nominata nel 2021 ministra della Difesa, posizione da cui ha guidato i primi sforzi del Canada per fornire aiuti militari all’Ucraina dopo l’invasione russa. Un terzo nome è quello dell’ex presidente della banca centrale canadese, Mark Carney, che recentemente Trudeau ha cercato di arruolare per la sua squadra di governo definendolo “un’aggiunta straordinaria in un momento in cui i canadesi hanno bisogno che brave persone entrino in politica”. Il 59enne negli ultimi mesi ha svolto un ruolo di consigliere speciale del premier e da tempo viene considerato un candidato al posto di leader del partito. Come candidato alle prossime elezioni potrebbe creare problemi il fatto che Carney, che è stato anche inviato speciale dell’Onu per l’azione sul clima, venga considerato il campione delle scelte del governo liberale in materia di clima e di ambiente fortemente attaccate dai conservatori di Poilievre, al momento ampiamente in testa nei sondaggi.
Tra i due litiganti, intanto, il terzo gode. “Molte persone in Canada amerebbero essere essere il 51esimo Stato”, ha commentato Donald Trump in un post su Truth. “Gli Usa non possono più subire il massiccio deficit commerciale e i sussidi di cui il Canada ha bisogno per restare a galla. Trudeau lo sapeva e si è dimesso”, ha sottolineato il presidente eletto ribadendo che “se il Canada si fondesse con gli Stati Uniti, non ci sarebbero tariffe, le tasse diminuirebbero notevolmente e sarebbero totalmente sicuri dalla minaccia delle navi russe e cinesi che li circondano costantemente. Insieme, che grande Nazione saremmo!”.