L’arresto della giornalista Cecilia Sala non ha legami con l’arresto in Italia del cittadino iraniano Mohammad Abedini Najafabadi. Questa, almeno nella narrativa pubblica, è la posizione di Teheran sul caso della giornalista italiana arrestata e incarcerata in Iran dal 19 dicembre scorso: “La giornalista italiana è stata detenuta per violazione delle leggi iraniane”, mentre, al contrario, “la misura presa dagli Stati Uniti contro Abedini è una sorta di presa di ostaggi”, ha comunicato il portavoce del ministero degli Esteri, Esmail Baghaei, durante la sua conferenza stampa settimanale. “Su Cecilia Sala c’è una inchiesta in Iran”, ha detto Baghaei all’indomani della visita lampo di Giorgia Meloni negli Stati Uniti, dove la premier ha incontrato il presidente-eletto Donald Trump per parlare, tra le altre cose, anche del caso.
Mantovano audito al Copasir – Le comunicazioni del ministero non fanno che replicare, seppur con la veste ufficiale del portavoce, quanto già noto: la cronista di Chora media e del Foglio è stata arrestata lo scorso 19 dicembre a Teheran per “violazione delle leggi della Repubblica Islamica, come afferma il comunicato del dipartimento dei media stranieri del ministero della Cultura e dell’Orientamento Islamico”, ha spiegato il portavoce, ricordando che “la comunicazione degli ultimi sviluppi e i dettagli riguardo al caso spetta al portavoce della magistratura”. Baghaei ha poi sottolineato, nuovamente, quanto era già emerso pubblicamente dai colloqui diplomatici condotti dalla ambasciatrice italiana a Teheran: a proposito della detenzione di Mohammed Abdedini in Italia su mandato degli Stati Uniti, Baghaei ha infatti ribadito: “Consideriamo questa una forma di presa di ostaggio nei confronti dei cittadini iraniani. La loro accusa è infondata. La nostra richiesta è che le relazioni con l’Iran non vengano influenzate dalle volontà di terzi. Abbiamo seguito la questione fin dall’inizio”. Le parole del portavoce del ministero degli Esteri iraniano arrivano nel giorno in cui, in Italia, il Copasir ha audito Alfredo Mantovano, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e Autorità delegata per la sicurezza della Repubblica. L’audizione davanti al Comitato parlamentare che vigila sull’operato della nostra intelligence è durata più di due ore.
La “missione” di Meloni – Il caso diplomatico ha acceso l’interesse anche dei media internazioniali: della visita di Giorgia Meloni a Mar-a-Lago da Donald Trump si è occupato il Financial Times, secondo cui il viaggio è avvenuto in un momento in cui la premier affronta “la sua sfida diplomatica più dura da quando ha assunto l’incarico” segnata dalle “proteste politiche interne per l’arresto in Iran della giornalista italiana Cecilia Sala”. Per il quotidiano lo scopo di Meloni è quello di “rafforzare le relazioni” con Trump “prima del suo giuramento”. Fratelli d’Italia spera che “l’affinità ideologica tra i due leader” aiuterà Meloni “a emergere come uno degli interlocutori europei chiave di Trump” sottolinea il Ft, ricordando “l’entusiasmo” espresso dal presidente eletto Usa per la premier che “ha incontrato anche il mese scorso a Parigi durante la riapertura della cattedrale di Notre-Dame”. Nella sezione commenti del quotidiano della City di Londra, inoltre, si torna a parlare di Meloni come esponente di una delle tre correnti della “nuova destra” europea, su cui inciderà peraltro il posizionamento politico di Trump, evidenziando il lavoro della premier “a stretto contatto” con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, il suo sostegno alla “guerra di autodifesa dell’Ucraina contro la Russia” e la sua “ferma” collocazione nel campo pro-Nato.