di Paolo
“Le vecchie tigri, presentendo la fine, raddoppiano di ferocia e cadono combattendo”, è una frase del film La leggenda degli uomini straordinari. Spogliando la citazione di eroiche premesse, ho pensato fosse una metafora dei nostri tempi. Cosa ci si aspetta dal nuovo anno e cosa ci attende? Per quel che ho visto, il 2025 sarà un 2024 più feroce e meno sensato. Il pessimismo fine a se stesso non è mai d’aiuto, ma non lo è neanche valutare qualunque aspetto della complessa situazione nazionale ed internazionale in termini di: pessimismo, ottimismo e speranza.
Tre soli giorni non potrebbero di regola fungere da exit poll per carpire l’andamento del futuro, ma per quel che mi riguarda dipende dal tipo di domande che poniamo e a chi le poniamo, prima ancora di ascoltare le risposte.
Il problema è che le nostre domande nascono perché abbiamo già ascoltato le risposte, ma queste non provengono da elettori uscenti dai seggi, ma da politici già votati ed incasellati in un ruolo e parte delle prime sono legate a doppio filo al modus operandi che vede i secondi in quel ruolo. Il passato scherzo telefonico al nostro presidente del Consiglio, architettato da due comici russi, ci ha raccontato una verità. Non intendo insultare la nostra intelligenza, perché la notizia di un doppio registro a cui i politici si attengono a seconda che parlino in pubblico o in privato, non è certo cosa da farci aprire gli occhi, semmai è una conferma di ciò che sapevamo.
Il 2025 ci presenta il conto dell’anno scorso e lo presenta a tutti noi elettori, governo e opposizioni: una sorta di tassa da pagare comprensiva di acconto per l’anno seguente che vale il 100% della nostra vita. Ecco perché le ovvie dichiarazioni mi lasciano indifferente, così come le parole secondo le quali il governo, dal primo giorno, lavora incessantemente al caso della giornalista arrestata in Iran, per quanto con tutto il cuore ci voglia credere.
L’immaturità che ci portiamo dietro dal 2024 impone di specificare, onde evitare inutili polemiche, che non metto in dubbio la volontà del governo che si riesca a portare avanti e con le migliori intenzioni un compito così arduo. Qualunque situazione, che veda come fulcro una minaccia reale o paventata alla vita di una persona o implichi la lesione dei suoi diritti, ci vede dalla stessa parte, in quanto esseri umani, prima di qualunque tipo di dichiarazione. Per cui anelare un lieto fine è una necessaria prerogativa di noi persone e almeno di questo, non c’è bozza che regga.
Rimane il conflittuale equilibrismo con cui l’Italia da sempre intrattiene i rapporti con gli altri paesi: un’arma a doppio taglio, soprattutto quando la geopolitica è un mercato in cui per anni hai venduto a tutti lo stesso tappeto.
Le opposizioni, con armi ancora più spuntate, presentano la loro solita lista della spesa e questo eterno intimare ciò che è giusto o ragionevole al verbo infinito, tra il fare e il liberare, ci lascia egualmente silenti. Nel mentre pagheremo come nel 2024 una guerra che non volevamo, in un’Europa ambigua, debole e pare l’unica pratica che abbia appreso dall’ecologia sia il riciclo; non di materiali, ma dell’intera transizione ecologica per tirarne fuori una transizione militare, con la quale mettere in pericolo tutti noi; paradossale pericolo senza il quale non occorrerebbe ricorrere alle armi.
Quindi il 2025 sarà una vecchia tigre che raddoppia di ferocia: ci vedrà fronteggiare difficoltà economiche maggiori, con più disoccupati, con una sanità sempre più public-free, a cui non potremmo porre rimedio perché impegnati a produrre, vendere, imbracciare armi e creare ulteriori spazi di insicurezza che richiedono il nostro intervento per metterli in sicurezza, insomma… temo che il 2025 ci vedrà americani.