Quella nel Kursk è un’offensiva “importante” nel quadro di eventuali negoziati di pace “nel corso dell’anno”. Le parole del segretario di Stato americano uscente, Antony Blinken, possono apparire come un segreto di Pulcinella, ma ufficializzano quella che sembra essere al momento l’unica strategia sul tavolo di Volodymyr Zelensky: tenere duro nella regione del Kursk per usarla come merce di scambio a un possibile tavolo di pace con la Russia. C’è però un problema di fondo: Mosca continua ad avanzare nel Donbass e non ha alcuna intenzione di intavolare trattative prima di aver ripreso anche la totalità della sua regione invasa dalle truppe di Kiev. La notizia circolò anche sui media della Federazione a novembre: “Putin non tratterà mai senza il Kursk”. E di questo sembra essere cosciente anche il presidente francese Emmanuel Macron, secondo cui gli ucraini dovrebbero “avviare discussioni realistiche sulle questioni territoriali”.
Le parole del capo dell’Eliseo raffreddano gli entusiasmi di chi, dopo le dichiarazioni d’intenti sia di Kiev sia di Mosca sulla ricerca di una pace entro il 2025, certo non supportate dai fatti, pensava che la strada verso le trattative fosse tracciata. “Non ci sarà una soluzione rapida e semplice in Ucraina”, nonostante il presidente eletto americano abbia promesso di risolvere il problema velocemente, ha detto riferendosi alle dichiarazioni di Donald Trump in campagna elettorale. “Il nuovo presidente – ha aggiunto – sa che gli Stati Uniti non hanno alcuna possibilità di vincere qualcosa se l’Ucraina perde. Una capitolazione dell’Ucraina non sarebbe positiva né per gli europei né per gli americani”, con la “credibilità” degli occidentali che sarebbe “demolita” se accettassero di “transigere” per la “stanchezza” del conflitto”.
È a questo punto che il presidente ha invitato Kiev ad “avviare discussioni realistiche sulle questioni territoriali”, poiché “soltanto loro possono condurle per trovare una soluzione al conflitto provocato dall’invasione russa nel 2022”. Per far sì che tutto questo sia possibile, insiste, sarà necessario il sostegno dell’Unione europea e degli Stati Uniti: “Gli Stati Uniti devono aiutarci a cambiare la natura della situazione – ha proseguito – e convincere la Russia a venire al tavolo dei negoziati“, mentre gli europei dovranno “costruire garanzie di sicurezza” per l’Ucraina “che saranno soprattutto una loro responsabilità”, come puntualizzato dallo stesso Trump.
Il tutto è però reso più complicato dalla situazione sul campo. Oltre al Kursk, ad allontanare la pace c’è la costante avanzata russa nel Donbass, in particolare nel governatorato del Donetsk. Nelle ultime 24 ore, in mano alla Federazione è finito un altro villaggio, quello di Dachenskoye, secondo quanto afferma il ministero della Difesa di Mosca. In precedenza il governo centrale aveva anche dichiarato di aver preso il controllo della città di Kurakhovo. “Le unità del gruppo di truppe Sud hanno liberato completamente la città di Kurakhovo , il più grande insediamento nella parte sud-occidentale del Donbass”, hanno spiegato. Sempre secondo Mosca, le truppe ucraine avevano concentrato nella città 15mila uomini nel tentativo di mantenere il controllo il controllo dell’avamposto strategico situato nel distretto di Pokrovsk e che prima del conflitto contava oltre 18mila abitanti. Gli ucraini, afferma ancora il ministero della Difesa russo, hanno perso nella battaglia 12mila soldati, con una media che negli ultimi due mesi è stata dai 150 ai 180 al giorno. “La conquista di questo importante hub logistico ha complicato in modo significativo il sostegno logistico e tecnico per le forze armate ucraine in direzione di Donetsk” e ciò consentirà alle forze russe di “aumentare il ritmo” della loro avanzata per conquistare l’intera regione di Donetsk, concludono.