Applicare il diritto costituisce una ricettina facile facile che a prima vista si presenta come al di là di ogni contrapposizione politica ed ideologica ma che in realtà proprio per questo avrebbe un effetto dirompente sugli equilibri di potere precostituiti.
Ma vediamone la possibile applicazione pratica.
Stiamo assistendo impotenti, angosciati e sempre più disumanizzati, da oramai oltre quindici mesi, allo sterminio annunciato e programmato del popolo palestinese da parte del governo israeliano, un atroce genocidio in diretta televisiva che perfino i velinari di Telemeloni hanno qualche problema a stemperare nel diluvio quotidiano di bugie e banalità propinato al popolo bue nel contesto della politica comunicativa specificamente finalizzata alla disinformazione e all’ottundimento di ogni capacità critica.
Un aspetto particolarmente doloroso di questo orrendo massacro, perpetrato con le bombe fornite a bizzeffe dall’Occidente ma anche con la negazione dei beni essenziali per conservare e riprodurre la vita, è il diretto coinvolgimento dell’Italia, terza fornitrice di armi ad Israele su scala mondiale e fervente sostenitrice del diritto di Netanyahu & C. a portare a termine il suo progetto genocida. Altro che due popoli e due Stati come continua a salmodiare grottescamente Mattarella e magari pure la stessa Meloni!
Ovviamente la complicità nel genocidio è espressamente prevista e punita dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 1948 in materia, al suo articolo III, lett. e. Ma allora perché la Procura di Roma non prende in considerazione l’esposto-denuncia relativo proprio a tale complicità che le abbiamo indirizzato oltre sei mesi fa? Può la ragione di Stato, quale che essa sia, giustificare la partecipazione al peggiore crimine internazionale esistente? Perché i ministri Crosetto e Tajani, prontamente smentiti dalle informazioni statistiche a disposizione corrente, hanno negato l’esistenza di flussi di armamenti italiani verso Israele? La sottomissione all’Occidente può legittimare un crimine del genere?
Da altro punto di vista un recente ricorso ha chiesto al Tar di Roma di condannare il governo Meloni per mancata ottemperanza al Parere della Corte internazionale di Giustizia del 19 luglio 2024 che fra l’altro impone a tutti gli Stati a non prestare aiuto o assistenza a Israele fintanto che perdurerà l’illecita occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele.
La palese violazione del diritto internazionale e quindi anche della Costituzione italiana da parte del governo Meloni è peraltro l’evidente sostituzione del paradigma dello Stato di diritto, obbligato a rispettare ed applicare le norme, con quello dello Stato servo, obbligato a rispettare ed applicare tutto quello che gli chieda Washington. E’ questo il senso profondo della scampagnata di Giorgia a Mar-A-Lago per confermare a Trump la sudditanza già abbondantemente elargita a Biden alla faccia di Costituzione e diritto internazionale.
Mutatis mutandis, lo stesso schema interpretativo potrebbe applicarsi alla penosa vicenda dell’arresto della giornalista italiana Cecilia Sala evidentemente connesso con quello del cittadino iraniano Mohamed Abedini. Quest’ultimo è stato arrestato su imperiosa richiesta delle autorità statunitensi, probabilmente perché ritenuto responsabile di un presunto traffico d’armi verso i Pasdaran, i cosiddetti Guardiani della Rivoluzione iraniani. Il Ministro Nordio, probabilmente il peggior ministro della Giustizia non solo della Repubblica ma anche del Regno che l’ha preceduta, si è affrettato a dare il proprio assenso, nonostante il Codice di procedura penale applicabile gli attribuisca importanti poteri in frangenti del genere. Evidentemente anche Nordio ha ritenuto preminente la legge non scritta, ma del tutto imperativa per un certo tipo di governanti, secondo la quale va fatto, subito e senza discutere, tutto quello che chiede Washington.
Degna di nota peraltro la circostanza che, dal punto di vista prettamente giuridico, decisiva appare la qualificazione o meno dei Pasdaran come entità terroristica. Qualificazione rigettata dalla normativa applicabile proprio perché fu l’Italia a porre il veto sulla proposta tedesca di includere i Pasdaran tra le organizzazioni terroristiche.
Anche in questo caso quindi lo snaturamento del criterio dello Stato di diritto (seguire le leggi nazionali e il diritto internazionale) e la sua sostituzione con quello dello Stato servo (obbedire sempre e comunque a quanto chiede il padrone “americano”) ha reso insolubile e pericolosa una situazione che sarebbe stato facile risolvere, negando l’arresto di Abedini, scelta tuttora effettuabile dai giudici competenti. Nel caso di Nordio, peraltro, occorre riconoscere la coerenza di chi si è sempre battuto per annientare l’indipendenza dei giudici per trasformarli in strumenti decerebrati e passivi dei poteri esecutivi non solo nazionali ma anche esteri.