Le scorte europee di gas si stanno riducendo con una velocità che non si era vista negli ultimi 7 anni. Attualmente il riempimento medio degli stoccaggi è del 70%, a fronte dell’84% dello stesso periodo di un anno fa. Pesano l’ondata di freddo che sta colpendo parte dell’Europa e lo stop al transito di gas russo via Ucraina.
In questo quadro le riserve italiane rimangono sopra alla media, intorno al 76%, ma consola poco visto che il problema non è tanto quello di garantire il soddisfacimento del fabbisogno, quanto piuttosto le pressioni sui prezzi. I paesi con i valori più bassi sono Olanda (54%), Croazia (55%) e Francia (56%). Non ci sono rischi immediati di deficit ma la veloce diminuzione delle scorte rende più impegnativo il loro ripristino in vista della prossima stagione con conseguente impatto sui prezzi. E queste sono dinamiche europee, su cui la condizione dei singoli paesi incide relativamente poco.
Nella giornata odierna le quotazioni sono rimaste relativamente calme, ad Amsterdam, mercato di riferimento per l’Europa, gli scambi si perfezionano a 46,5 euro al megawattora. Sono valori comunque elevati, il doppio rispetto alla media storica pre invasione dell’Ucraina e molto al di sopra di quanto pagano industrie e famiglie statunitensi.
L’Europa continua a trovarsi in una situazione di crisi energetica che pesa sulle tasche delle famiglie e sulla loro capacità di consumo, oltre che sulla competitività delle aziende. Il gas russo che non arriva più dalle condotte è stato compensato prevalentemente con gnl, il gas liquefatto spedito via nave comprato sorpattutto da Stati Uniti, Qatar e dalla stessa Russia. Il gnl, però, costa di più. Il rigassificatore di Livorno è quello con i costi più alti d’Europa, seguito da diversi terminali tedeschi. Proprio la Germania, che sulla possibilità di approvvigionarsi dalla Russia di gas a basso costo aveva impostato un modello economici, è uno dei paesi che più sta soffrendo questa situazione.
Il gas russo non è sottoposto a sanzioni (avrebbero fatto troppo male all’economia europea, ndr) ma soggetto a una blanda misura di contenimento del prezzo, il cosiddetto price cap. Ora anche questa potrebbe sfumare. “Come tutte le misure di emergenza” adottate nel 2022 per fronteggiare la crisi dei prezzi dell’energia, “il tetto al prezzo del gas, il cosiddetto price-cap, è stato proposto in un contesto specifico e per un periodo di tempo limitato”, ha detto oggi la portavoce dell’esecutivo Ue per l’energia, Anna-Kaisa Itkonen, durante il briefing quotidiano con la stampa, interpellata sulla richiesta, avanzata dall’Italia nei giorni scorsi, di rinnovare per un altro anno il tetto al prezzo del gas oltre la naturale scadenza di fine gennaio, per fronteggiare eventuali rialzi di prezzo.
La portavoce ha chiarito che la sicurezza energetica “è tra le priorità della nuova Commissione Ue” e che il tema dei prezzi dell’energia sarà affrontata nel Piano d’azione per l’energia a prezzi accessibili che il commissario Dan Jorgensen presenterà nei prossimi mesi. “E’ un tema che stiamo affrontando anche in un altro contesto e non solo nel contesto delle misure di emergenza”, ha aggiunto la portavoce, lasciando intendere dunque che un rinnovo della misura di emergenza è improbabile“.
“Credo che si possa lavorare per mantenere al di sotto dei 50 euro il prezzo del gas”, dice il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto aggiungendo che “non dobbiamo cadere in quella che è la spirale che ha portato l’Europa due anni fa a quei valori che erano inimmaginabili prima, ma ancora oggi impensabili: allora si è arrivati a 350 euro“. Rispetto a un rialzo così alto del prezzo del gas il ministro ha aggiunto che “al momento, da parte europea, questo tipo di timore non c’è”.