La gioia dei genitori dopo la chiamata della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che nei giorni scorsi li aveva ricevuti a Palazzo Chigi e oggi ha annunciato al telefono la liberazione della figlia. I primi commenti per il rimpatrio di Cecilia Sala, la giornalista italiana arrestata a Teheran in 19 dicembre e detenuta per 20 giorni nel carcere di Evin, arrivano dai suoi famigliari. “Sto andando a Roma, sono felicissima”, ha detto la madre Elisabetta Vernoni, contattata da L’Aria che tira su La7. Il padre Renato Sala, invece, parla all’Ansa: “Sono orgoglioso di lei – ha dichiarato -. Ho pianto soltanto tre volte nella mia vita. Credo che il governo del nostro Paese abbia fatto un lavoro eccezionale. Se mi sente la voce rotta, non vedevo l’orizzonte. È stato un lavoro di coordinamento straordinario. Confidavo nella forza di Cecilia“. Il padre della cronista specifica poi di avere un rapporto confidenziale col ministro degli Esteri, che gli ha consentito di ricevere “conforto” nei giorni della detenzione.
“Fortunatamente io e Antonio Tajani abbiamo abitato per dodici anni a due passi l’uno dall’altro – ha aggiunto – e c’è stata una frequentazione trasformata in un’amicizia. Il conforto di un’informazione, pur tutelata ma diretta e immediata indubbiamente ha aiutato molto”. Renato Sala poi aggiunge: “Confidavo nella forza di Cecilia perché è una ragazza in gamba. La mia speranza, essendo lei molto brava anche in matematica, era che intraprendesse una carriera nel Fondo monetario internazionale. E invece ha intrapreso la carriera del giornalismo, ma è fortunata e tosta. Insomma è una donna con le palle. Certo il suo è un tipo di giornalismo che crea complessità, ma non le ho mai rotto le scatole per questo. L’ho sentita a disagio in Ucraina e Afghanistan ma questa volta è stata durissima, anche perché un genitore non riesce a immaginare quando finisca e come finisca una vicenda del genere. Un conto è essere detenuta in Uk o Francia e un altro è esserlo in Paesi come l’Iran. Spero Cecilia si renda conto delle cose che il governo e l’intelligence hanno fatto per lei”. E parlando al Tg1 ha aggiunto: “Cecilia sta tornando. Ho pianto, mi ha detto ‘papà, non piangere, è finito un incubo che è durato tantissimo tempo. Le dirò che è stata una donna forte, e a proposito di donne forti sicuramente il riferimento a una presidente del Consiglio che è riuscita a mantenere una lucidità, una proattività che io giudico straordinaria. L’incubo è stato indubbiamente alleviato dalla vicinanza del Paese”.
Felicità via Instagram anche dal compagno di Sala, il giornalista del Post Daniele Raineri, anche lui inviato di guerra. “L’ho sentita, mi ha detto; ci vediamo tra poco. Era emozionata e contentissima. Le ho risposto anche io: ci vediamo a Roma“. E pubblica nelle stories il gol di Grosso ai Mondiali del 2006, seguito da un’esultanza rimasta nella storia del calcio italiano. Ai messaggi di gioia si aggiunge anche quello della giornalista Giuliana Sgrena, che era stata sequestrata nel 2005 a Baghdad dai terroristi islamici, e di Mario Calabresi, direttore di Chora Media, la testata per cui Sala lavora ed è andata in Iran. “Siamo molto felici. Sapevamo che il governo stava lavorando intensamente, ma non ci aspettavamo un ritorno a casa di Cecilia così veloce. Quando è arrivata la notizia a Chora c’è stata grandissima emozione, tutti hanno applaudito. Voglio ringraziare Giorgia Meloni, Alfredo Mantovano, Antonio Tajani, l’ambasciatrice italiana a Teheran e tutti gli apparati dello Stato italiano per l’eccezionale lavoro che hanno fatto”. Esprime “soddisfazione” per il rilascio anche la Federazione nazionale della Stampa italiana: “Il giornalismo, ci teniamo a ribadirlo, non è mai un crimine”, ha affermato la segretaria generale Alessandra Costante. “Siamo in attesa – aggiunge – di poterla abbracciare e siamo felici perché, dopo 20 giorni, si è conclusa una vicenda che ha tenuto con il fiato sospeso l’Italia, ma soprattutto la famiglia di Cecilia“. L’ong Reporters Sans Frontières parla di “immenso sollievo“, e chiede la liberazione anche degli altri “25 giornalisti ancora detenuti nelle carceri iraniane“. E per Alessia Piperno, la travel blogger che era stata rinchiusa a Evin dopo l’arresto a Teheran nel settembre del 2022, quella di oggi è “la notizia più bella di tutte”.
Arriva anche il commento della premio Nobel per la pace iraniana, Narges Mohammadi, in carcere dal novembre 2021 e rilasciata temporaneamente a inizio dicembre per motivi medici, secondo cui la vicenda di Cecilia Sala “evidenzia ancora una volta la realtà che giornalisti, reporter e professionisti dei media in Iran sono costantemente sotto pressione e a rischio di arresto, reclusione e tortura”. Il regime religioso autoritario, continua, “mette a repentaglio la libertà di espressione”, aggiunge Mohammadi, raggiunta dall’Adnkronos tramite il marito, il giornalista e scrittore Taghi Rahmani. Anche lui attivista iraniano, è esiliato a Parigi dal 2012, dove vive insieme ai due gemelli avuti dalla premio Nobel. Rahmani sostiene che l’arresto di cittadini stranieri sia “un metodo usato ripetutamente dal regime iraniano quando vogliono ottenere il rilascio dei loro prigionieri. È la loro forma di diplomazia”. Nel caso di Cecilia Sala, prosegue, le autorità puntavano a “scambiare la giovane giornalista con il loro prigioniero in Italia, il signor Abedini. È così che funziona il loro sistema”. Rahmani definisce gli arresti come quello di Sala “una violazione della legge” dal momento che “tenere in ostaggio un cittadino straniero va contro il diritto internazionale dei diritti umani, eppure questo continua a verificarsi in Iran“.
“Quando qualcuno viene arrestato, dovrebbe essere sottoposto a un giusto processo – conclude – Ma il regime iraniano ignora i suoi obblighi ai sensi del diritto internazionale”.