La boxe, anzi “la grande boxe” perché così si chiamava la sua iconica trasmissione tv anni Ottanta, è stata una delle sue principali passioni sportive, insieme al tennis. Nel pugilato però Rino Tommasi, scomparso oggi a 90 anni (ne avrebbe fatti 91 a febbraio), è stato protagonista anche in prima persona e non “soltanto” come giornalista. Tommasi iniziò a organizzare riunioni da giovane, risultando attivo già dalla fine degli anni Cinquanta a Roma con la I.T.O.S. Nelle sue serate, a bordo ring del PalaEur e del Palazzetto dello Sport, non mancavano mai personaggi famosi del mondo dello spettacolo o di altri sport, si potevano incontrare infatti uomini del calibro di Walter Chiari, Marcello Mastroianni e Francisco Lojacono. Il mediomassimo Giulio Rinaldi, molto amato dal pubblico romano, è stato sin da subito uno delle vedette per i main event, compresa la vittoria sul vecchio Archie Moore.
Tommasi ha portato in Italia anche Sugar Ray Robinson, uno dei più forti pugilatori di tutti i tempi, ormai vecchio ma ancora in grado con la sua classe di ammaliare gli appassionati. Organizzò i mondiali casalinghi di Nino Benvenuti e Bruno Arcari e il no contest tra Emile Griffith e Carlos Duran, finito con il pubblico che buttò di tutto sul ring per protestare contro uno spettacolo non particolarmente gradito. Per più di un decennio Rino Tommasi fu uno dei migliori organizzatori su piazza, chiuse l’attività a inizio dei Settanta capendo che la televisione avrebbe messo ko il botteghino.
Continuò a fare il giornalista sulla carta stampata, dove per competenza e scrittura era un fuoriclasse. Dopo alcuni anni approdò in tv, lavorò prima a Fininvest e poi a Telepiù. Negli anni ottanta riuscì a portare nelle case degli italiani match mondiali, con lui alla telecronaca (sempre precisa e coinvolgente senza mai debordare), e trasmissioni diventate popolari come appunto “La Grande Boxe”. Sua fu l’intuizione di comprare i diritti di un giovane Mike Tyson e di far svegliare così in piena notte gli italiani per i suoi incontri. Dagli Stati Uniti un giorno era tornato a Milano con un Vhs con i primi incontri del peso massimo, capì che il ragazzo americano andava seguito e che sarebbe diventato campione del mondo. Accadde davvero.
Tommasi fa parte della storia pop del nostro paese. Il suo “personalissimo cartellino” era il suo giudizio che dava al match sulla base di quanto aveva visto con i propri occhi, senza lasciarsi influenzare mai dai colleghi o dal cartellino che conta davvero, cioè quello dei giudici a bordo ring. La sua espressione è rimasta nel linguaggio, soprattutto in quello sportivo. Nel mondo della boxe, a tutte le latitudini, era rispettatissimo da tutti. I colleghi giornalisti italiani, quando all’estero cercavano una via privilegiata, bastava che facessero il nome Rino per avere buoni uffici e porte aperte.
A casa Rino Tommasi aveva una biblioteca di libri di sport, acquistati nei suoi numerosissimi viaggi all’estero, da far invidia. Aveva scritto anche lui stesso alcuni volumi. Il suo capolavoro rimane probabilmente “La grande boxe – Trent’anni a bordo ring“, uscito per Rizzoli nel 1987. Oggi i più giovani dovrebbero recuperare quelle splendide pagine così come rivedere su Youtube qualche sua telecronaca, una tra le tante quella del match Hagler–Mugabi.