La conferenza stampa di Giorgia Meloni, organizzata dall’Ordine dei giornalisti e dalla Stampa parlamentare, è stata l’occasione per rispondere anche sui migranti e i centri in Albania che, assicura la premier, sono pronti. Diversamente da quanto ipotizzato a dicembre, nessun annuncio di nuovi trasferimenti. Del resto, “gli arrivi in questi giorni si sono praticamente azzerati”, ha spiegato Meloni dopo aver rivendicato il calo degli sbarchi del 2024, meno 60% rispetto al 2023. Non avere persone da trasferire nei centri albanesi non creerà imbarazzi, almeno per ora. Il governo sembra voler attendere la Corte di giustizia europea, che quattro tribunali italiani hanno investito della questione della designazione dei Paesi sicuri ai fini delle procedure d’asilo. I rinvii sono 14 in tutto, ma la Corte ha deciso di sospenderne la maggior parte ed esprimersi su due depositati dal tribunale di Roma a novembre. La prima udienza pubblica è fissata per il 25 febbraio e Meloni si dice ottimista: “Dalle interlocuzioni con i miei omologhi ho ragione di credere che la maggioranza dei Paesi membri sosterrà la posizione italiana di fronte alla Corte”.
La missione della Corte Ue è l’applicazione uniforme del diritto comunitario in tutti gli Stati membri, per questo ogni Paese può depositare osservazioni. Sapremo presto quanti Paesi hanno inteso farlo e in quali termini. L’Italia, ha ricordato oggi Meloni, ha depositato le proprie valutazioni”. E, aggiunge, “le nostre motivazioni sono in linea con il Patto di immigrazione e asilo“, la riforma approvata a primavera dal Parlamento Ue che però troverà applicazione a partire dal giugno 2026. Il Patto consente di designare un Paese come sicuro anche escludendo aree di territorio o gruppi di persone a rischio, cosa che la normativa vigente non consente e per questo, alla luce di una precedente sentenza della Corte Ue, i tribunali italiani hanno bloccato i trattenimenti in Albania di richiedenti provenienti da Egitto e Bangladesh, Paesi che l’Italia ha designato “sicuri” ad eccezione di determinate categorie di persone. Sul Patto non ancora vigente la Corte Ue si è già espressa il 4 ottobre scorso, chiarendo l’impossibilità di anticiparne l’applicazione. A meno che non sia il legislatore europeo a volerlo e chissà che la Corte non inviti i Paesi Ue, se è davvero la volontà della maggioranza, a modificare la legge, cosa che ad oggi la Commissione Ue non ha ancora fatto.
“Mi preoccupa di più – ha aggiunto Meloni – se in Italia non si tenesse conto di ciò (del Patto, ndr), come non si tenesse conto della Cassazione, il che è paradossale, preoccupante e bizzarro. Questo configura la palese volontà di disapplicare i provvedimenti del governo. E questo, non lo capirebbero neanche i cittadini”. I giudici di Cassazione, che nelle ultime settimane si sono espressi due volte sui Paesi sicuri, con una sentenza e un’ordinanza interlocutoria in attesa della Corte Ue, “danno ragione al governo“, ribadisce Meloni. In quanto dicono “che spetta al governo stabilire i paesi sicuri” e che “il giudice non può sistematicamente disapplicare il trattenimento dei migranti che arrivano da quei paesi, ma può motivare il caso specifico. Che è una cosa completamente diversa da quello che hanno fatto i magistrati del tribunale di Roma che non entrano nel merito del singolo caso”. Al contrario, come il Fatto ha scritto più volte, la Cassazione ha ribadito che il sindacato del giudice non si limita a considerare solo le ragioni personali di pericolo presentate dal richiedente asilo (che, se dimostrate, renderebbero inutile ogni ulteriore valutazione sulla sicurezza generale del Paese), ma deve anche esaminare le condizioni generali di sicurezza nel Paese di origine per verificare se il Paese sia giustamente classificato come “sicuro” attraverso un decreto. In altre parole, il giudice deve anche verificare che la procedura seguita per decidere se un Paese è sicuro sia stata corretta e conforme alla legge.
Verifica effettuata anche dal tribunale di Catania il 4 gennaio, con il rilascio immediato di un cittadino egiziano perché l’Egitto non può essere considerato Paese sicuro in termini assoluti. Con buona pace di Meloni, una verifica obbligatoria anche secondo la sentenza della Corte di giustizia Ue del 4 ottobre. Ma non è tutto. Nei giorni scorsi il tribunale di Palermo non ha convalidato il trattenimento di cinque richiedenti asilo bengalesi perché il questore non aveva fornito una motivazione adeguata a giustificarlo. I Paesi sicuri non c’entrano. Secondo la normativa europea, i richiedenti asilo non possono essere trattenuti semplicemente per aver chiesto protezione, e la reclusione può essere disposta solo in casi eccezionali, quando è assolutamente necessario e proporzionato, e dopo aver esaminato se ci siano misure alternative meno coercitive. Il tribunale ha applicato i principi della direttiva europea 32/2013, che vieta l’automatismo nel trattenere i richiedenti asilo. Inoltre, ha sollevato preoccupazioni sulla legittimità del Protocollo Roma-Tirana, che prevede appunto la detenzione automatica dei richiedenti provenienti da Paesi considerati sicuri, senza alternative, obbligatorie per il diritto Ue ma nemmeno ipotizzabili in Albania. In altre parole, se sui Paesi sicuri la Corte Ue decidesse in favore del governo italiano, i centri albanesi configurerebbero proprio la detenzione generalizzata appena censurata dal tribunale di Palermo. Un nuovo fronte per lo scontro tra governo e diritto europeo?