La premier Giorgia Meloni afferma in conferenza stampa, rispondendo a una sollecitazione della giornalista di Radio Popolare Anna Bredice, che per risolvere i problemi delle carceri non vanno utilizzati amnistia o indulto bensì bisogna ampliare il numero dei posti detentivi. Non bisogna, sostiene, migliorare le condizioni di vita interne “adeguando il numero dei detenuti o i reati alla capienza delle carceri”, ma piuttosto adeguando “la capienza delle carceri alle necessità”. È per questo motivo, aggiunge, che “abbiamo nominato un commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria che ha l’obiettivo di realizzare 7.000 nuovi posti in tre anni a partire dal 2025”.

Cominciamo dalla prima affermazione: adeguare la capienza delle carceri alle necessità è una frase che non ha alcun senso politico. Quali sarebbero le necessità? Chi stabilisce qual è la porzione di persone che è corretto imprigionare da parte di una società, rispetto al numero complessivo degli abitanti? “Facile: quelle che commettono reati”, si sarà tentati di rispondere. E allora per quale motivo i tassi di criminalità si vanno abbassando da anni mentre contestualmente la popolazione detenuta continua ad aumentare?

La storia ci ha insegnato che più posti detentivi si rendono disponibili e più in fretta si riempiono. Mandare la gente in galera fa prendere voti: sono decenni oramai che le campagne elettorali si vincono costruendo nemici sui quali le statistiche ci dicono che non vi è alcuna emergenza (gli immigrati, le baby gang, i consumatori di sostanze stupefacenti, gli occupanti abusivi di case, gli attivisti….) e promettendo che verremo difesi da tali nemici attraverso una giustizia truce e inflessibile che li arresterà in massa togliendoli dalle nostre strade. Una società sana non può relegare al sistema penale la soluzione di ogni problema. Bisogna investire in prevenzione, in sostegno, in politiche di welfare. Tutte cose ben più difficili dello sventolìo di manette.

L’attuale governo ci ha abituati a continue introduzioni di nuovi reati e di aumenti di pene per quelli vecchi. L’Italia è tra i paesi europei con il più alto numero di persone detenute per reati legati alle droghe, con una media ben superiore a quella dell’Unione Europea. La stessa cosa si può dire per il tasso di detenuti presunti innocenti in custodia cautelare. Sono queste alcune delle aree sulle quali bisognerebbe agire, invece di minacciare altro carcere e altre costruzioni.

E veniamo dunque alla seconda affermazione di Meloni, quella sui 7.000 nuovi posti in tre anni. Se anche ciò accadesse avremo comunque, stando ai numeri odierni, almeno altre 8.000 persone detenute senza un posto regolamentare. Si aggiunga a ciò che la popolazione carceraria è aumentata di oltre duemila persone nell’ultimo anno e di oltre cinquemila dal 2022 a oggi. Con questo tasso di crescita, i fantomatici 7.000 posti andranno appena a coprire il fabbisogno dei nuovi ingressi.

Ma la premier sa che le sue parole sono quantomeno avventate. Un carcere non è fatto solamente di mura e di sbarre, ma innanzitutto di persone. Ad oggi le figure professionali del sistema penitenziario sono in forte sotto organico. Le visite effettuate da Antigone con il proprio Osservatorio sulle carceri hanno riscontrato una carenza di copertura medica per la maggior parte della giornata, il numero di psicologi e psichiatri è irrisorio rispetto alle necessità, in molte carceri manca il direttore nonostante le recenti assunzioni, gli stessi sindacati di polizia penitenziaria lamentano l’assenza di oltre 15.000 agenti.

In una situazione drammatica, dove il 2025 è appena cominciato e già si contano cinque suicidi nelle carceri italiane, l’edilizia penitenziaria non può essere la soluzione. Bisogna far tornare le carceri a respirare, come ci ha detto il Presidente Mattarella nel suo discorso di fine anno e come ci ha detto Papa Francesco scegliendo il carcere di Rebibbia per l’apertura di una Porta Santa. Due testimonianze dal valore etico, costituzionale, umano ben differente da quelle cui abbiamo assistito da parte di un governo che si è vantato di non lasciar respirare i detenuti.

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