La premier ha svicolato quando le è stato chiesto come intenda muoversi a fronte dell'aumento dei tavoli di crisi e del calo della produzione industriale. E non ha spiegato se siano in arrivo interventi per far fronte al caro energia che spaventa famiglie e imprese
Poca economia rispetto alle ultime conferenze stampa di fine (o inizio) anno. L’incontro di Giorgia Meloni con i giornalisti, subito dopo la liberazione di Cecilia Sala, con la riforma della giustizia appena approdata alla Camera e a dieci giorni dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, si è concentrato inevitabilmente su geopolitica e politica interna. […]
Poca economia rispetto alle ultime conferenze stampa di fine (o inizio) anno. L’incontro di Giorgia Meloni con i giornalisti, subito dopo la liberazione di Cecilia Sala, con la riforma della giustizia appena approdata alla Camera e a dieci giorni dall’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, si è concentrato inevitabilmente su geopolitica e politica interna. La premier ci ha messo del suo: su lavoro, industria, fisco e costi dell’energia ha risposto svicolando, senza mai annunciare novità concrete per affrontare i nodi che preoccupano famiglie e imprese.
Sui tavoli di crisi, dall’ex Ilva a Beko a Versalis che proprio durante la conferenza stampa ha confermato la volontà di dismettere la chimica di base, nessuna risposta. Meloni ha citato solo Stellantis dicendosi “soddisfatta dell’accordo”, cioè il piano con cui il gruppo ha promesso di portare in Italia la produzione di alcuni nuovi modelli non prima del 2026.
Glissa sul flop del concordato – Il fisco ha avuto pochissimo spazio nelle 40 domande dei giornalisti. Meloni ha evocato la lotta all’evasione commentando l’addio del numero uno delle Entrate Ernesto Maria Ruffini: dopo aver ironizzato sulla sua potenziale discesa in politica (“si sa che gli esattori delle tasse in Italia sono fra le persone che riscuotono maggiore consenso“) si è detta “dispiaciuta” per le sue dichiarazioni sull’atteggiamento di un governo sotto il quale “l’Agenzia fa il record dei proventi da lotta all’evasione”. In realtà le cifre recuperate nel 2023, al netto di misure straordinarie come definizioni agevolate e rottamazioni e tenendo conto dell’inflazione, sono in continuità con il passato. E le prime stime sull’evasione in senso stretto non sono rassicuranti, tanto da rendere più complicati futuri tagli delle tasse.
A proposito: la pressione fiscale, tema certo non secondario per gli elettori, è stata relegata in coda alla conferenza. Dopo l’usuale elenco di cose fatte – la proroga del taglio del cuneo, l’accorpamento delle prime due aliquote Irpef, la decontribuzione per le mamme lavoratrici, la detassazione di premi di produzione e fringe benefit – è arrivata l’ammissione che “per mancanza di risorse” non si è fatto nulla per il ceto medio a cui però quest’anno sarà data “attenzione”. La premier ha steso un pietoso velo sui motivi di quella carenza di risorse: come è noto il viceministro all’Economia Maurizio Leo intendeva ridurre la seconda aliquota Irpef usando i proventi del concordato preventivo biennale, che però è stato un flop in termini di adesioni e ha consentito di raccogliere solo 1,6 miliardi, probabilmente meno rispetto a quanto quei contribuenti avrebbero versato senza accordo con le Entrate. Nessun accenno – anche se uno dei giornalisti le aveva chiesto conto dello “stallo della riforma delle pensioni” – sulle promesse non mantenute sul fronte dell’anticipo dell’uscita dal lavoro, dell'”addio alla Fornero” e dell’aumento delle minime. Altri argomenti di un certo interesse per il “paese reale”.