La Nato grida “avanti tutta in Ucraina!”, l’Europa risponde “presente” e Zelensky chiede militari Ue sul campo. Suonano come note stonate, così, le dichiarazioni del presidente ucraino che si è detto impegnato a “porre fine a questa guerra con dignità per l’Ucraina e per tutta l’Europa quest’anno. E so che posso contare sul vostro sostegno. Dobbiamo tutti ricordare che porre fine alla guerra è il nostro obiettivo comune. Il nostro, non quello della Russia”. Ma tutti gli alleati intorno a lui parlano col vocabolario del conflitto. Ma in Europa c’è chi non ci sta e si sposta su posizioni più simili a quelle del ‘ribelle’ Viktor Orban. Come il premier slovacco Robert Fico: “Se Volodymyr Zelensky intende continuare a danneggiare gli interessi del nostro Paese possiamo pensare di usare il diritto di veto nel Consiglio europeo su ogni misura a favore dell’Ucraina”, ha detto riferendosi allo stop al passaggio del gas russo dal quale il Paese membro dell’Ue è ancora largamente dipendente. Mentre il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, risponde alla provocazione di Trump secondo cui nella Nato dovrebbe essere richiesta almeno una spesa del 5% del Pil per la Difesa: “È fuori discussione che dobbiamo fare di più per la sicurezza. Ecco perché il mio governo ha raddoppiato gli stanziamenti per l’esercito. È qualcosa che dobbiamo continuare a fare e si tratta di un cambiamento radicale rispetto al passato, ma 5% significa oltre 200 miliardi l’anno”.
“È fuori discussione che dobbiamo fare di più per la sicurezza. Ecco perché il mio governo ha raddoppiato gli stanziamenti per l’esercito. È qualcosa che dobbiamo continuare a fare e si tratta di un cambiamento radicale rispetto al passato”, ha detto il cancelliere tedesco Olaf Scholz nel corso di un’intervista in un podcast ospitato dalla rivista Focus. E ha proseguito: “Ora occorre procedere sugli obiettivi Nato attribuiti ad ogni singolo paese e bisogna capire se occorre individuare nuove risorse. Ma è un dibattito nel quale non si può procedere per astrazione: 5% significa oltre 200 miliardi l’anno, il nostro bilancio è all’incirca di 490 miliardi. Sono tanti soldi. O si risparmia nell’ordine di grandezza di 150 miliardi, o si fanno debiti per la stessa cifra o si alzano le tasse. O un mix di queste tre soluzioni. Ecco perché è importante concentrarsi sul 2% e alle prossime elezioni gli elettori decideranno anche come si trovano i trenta miliardi necessari a raggiungere quest’obiettivo nel 2028. Oltre a ragionare su come finanziare il necessario sostegno all’Ucraina”. (ANSA).
Quello che parla in maniera più chiara in questo senso, come succede da quando è entrato in carica nell’ottobre scorso, è il segretario generale della Nato, Mark Rutte, che arrivando a Ramstein per partecipare al gruppo di contatto per la difesa di Kiev ha dichiarato: “Siamo qui oggi per essere sicuri che l’Ucraina abbia ciò che le serve in termini di equipaggiamento e addestramento per prolungare la battaglia e prevalere. La Russia vuole naturalmente prendere l’Ucraina, ma in ballo non c’è solo l’Ucraina. Il mondo sta guardando e alla fine conterà molto, dato il contesto geopolitico, se Kiev avrà un buon accordo, quando deciderà di entrare nei negoziati, oppure no. Se l’Ucraina avrà un cattivo accordo sarà peggio, oltre alla Russia sono coinvolte la Cina, l’Iran e la Nord Corea e dobbiamo far sì che l’Ucraina sia nella miglior situazione possibile”. Dichiarazioni che sembrano ricalcare in parte quelle del segretario di Stato americano, Antony Blinken, che nei giorni scorsi aveva ammesso che il controllo della regione russa del Kursk da parte dell’Ucraina sarà determinante al tavolo dei negoziati.
Al centro dei colloqui di giovedì in Germania, quindi, ci sono soprattutto le modalità con le quali portare avanti il sostegno all’Ucraina nella guerra contro la Russia. E su questo l’Europa ha dato piena disponibilità, arrivando a dire, con l’Alto rappresentante per la Politica Estera, Kaja Kallas, di essere in grado di impegnarsi in questo sostegno “anche senza gli Stati Uniti“, in vista di un ipotetico anche se graduale disimpegno da parte di Donald Trump. Trump che, ha aggiunto, deve anche “rispettare l’integrità territoriale e la sovranità della Danimarca” sulla questione della Groenlandia. Per il momento, però, Washington garantisce sostegno e proprio in occasione del summit ha annunciato un nuovo pacchetto da 500 milioni di dollari di aiuti per Kiev che comprendono “ulteriori missili per la difesa aerea ucraina, più munizioni, più munizioni aria-terra e altre attrezzature per supportare gli F-16 ucraini”, ha dichiarato il capo del Pentagono Lloyd Austin.
Anche Zelensky è presente a Ramstein e anche lui, nonostante parli di pace, sostiene che questa possa arrivare solo con l’uso delle armi: si deve, in sostanza, “costringere la Russia alla pace“. E ha poi definito il dispiegamento di truppe occidentali in Ucraina come uno dei “migliori strumenti” per raggiungere questo obiettivo: “Il nostro obiettivo – ha detto – è trovare quanti più strumenti possibili per costringere la Russia alla pace. Credo che tale spiegamento di contingenti dei partner sia uno dei migliori strumenti”. Truppe europee ma anche droni: “Quest’anno noi in Ucraina vogliamo stabilire un record nel numero e nella qualità dei droni che produciamo e riceviamo dai nostri partner – ha aggiunto – E ci stiamo concentrando sui droni di cui le nostre brigate hanno bisogno per mantenere la prima linea. Abbiamo già firmato un numero significativo di contratti e molti sono ancora in fase di elaborazione”.
A osservare con attenzione ciò che avviene in Europa e negli Stati Uniti è ovviamente Vladimir Putin che oggi, tramite il suo portavoce Dmitry Peskov, ha ricordato che se il nuovo presidente degli Stati Uniti manterrà la sua intenzione di contattarlo, il presidente russo “non potrà che accogliere con favore” questo fatto, pur precisando che finora la presidenza russa non ha ricevuto richieste in tal senso. “No, non ci sono state richieste. Ma d’altro canto, per ovvi motivi, probabilmente sarebbe più opportuno aspettare fino all’insediamento”. Le sue rivendicazioni su Canada, Groenlandia e canale di Panama, però, non sono passate inosservate, anche perché, ricordano da Mosca, l’Artico è considerata un’area strategica per la Federazione: “Tali affermazioni sono vere, si tratta più di una questione di relazioni bilaterali degli Stati Uniti con la Danimarca, con altri Stati. Stiamo osservando con molta attenzione questo sviluppo piuttosto drammatico della situazione. Finora, grazie Dio, a livello di dichiarazioni”. Di certo “l’Artico è una regione che rientra nei nostri interessi strategici e nazionali. Siamo e rimarremo presenti nel territorio Artico. Siamo interessati a mantenere una atmosfera di pace e stabilità e siamo pronti a cooperare con tutti i Paesi per garantire la pace e la stabilità ovunque, incluso nell’Artico”.