Slitta al 20 gennaio la camera di consiglio della Consulta sull’ammissibilità dei referendum sull’Autonomia. “Considerata la convocazione per martedì 14 gennaio del Parlamento in seduta comune per l’elezione di 4 giudici costituzionali – si legge in una nota della Corte costituzionale – il presidente facente funzioni, Giovanni Amoroso, ha firmato il decreto con cui si posticipa dal 13 al 20 gennaio, termine ultimo previsto per legge, la camera di consiglio partecipata in cui verrà giudicata l’ammissibilità dei referendum abrogativi ritenuti conformi alla legge dall’Ufficio centrale per i referendum della Cassazione”.

Dopo mesi di nulla di fatto si starebbe tentando di raggiungere un’intesa entro il 14 gennaio per l’elezioni dei giudici mancanti. Prima di lasciare il presidente Augusto Barbera aveva sollecitato l’elezione invitando il Parlamento a “non enfatizzare le sensibilità politiche”. Le voci si accavallano, anche se tutte concordano sul fatto che saranno 2 in quota maggioranza, 1 in quota opposizione, oltre a un ‘tecnico’, non espressione di alcun gruppo politico. E a confermare che si possa arrivare a un accordo in tempi rapidi è anche la premier Giorgia Meloni che in conferenza stampa ieri ha osservato come, ora che i candidati sono 4 e non più uno solo, “sarà più facile” arrivare a una soluzione. Quella del 14 gennaio, infatti, sarà la prima volta che per i quattro posti vacanti alla Corte si potrà votare con la maggioranza dei 3/5. Le persone indicate, cioè, potranno essere elette se almeno 363 parlamentari, contando anche i senatori a vita, si esprimeranno a loro favore. Da quando si è cominciato a votare per un solo giudice, infatti, quello del 14 gennaio sarà il 13esimo scrutinio, mentre sarà il quarto da quando si vota per i 4 posti lasciati vacanti per le uscite di Silvana Sciarra, Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti.

Tra i nomi che circolano di possibili sostituti in quota maggioranza, in pole ci sono quelli di Francesco Saverio Marini e di Pierantonio Zanettin. Il primo è professore di Diritto pubblico, consigliere giuridico di Palazzo Chigi, tra gli autori della riforma del premierato. Il secondo è capogruppo di FI in Commissione Giustizia del Senato, già componente del Csm. La scelta dell’opposizione sembra ricadere, invece, su Andrea Pertici, componente della segreteria Dem, considerato vicino alla segretaria Elly Schlein, ma alla prese con il processo ‘Open’ che vede coinvolto il fondatore di IV Matteo Renzi. Motivo per cui in molti nel Pd gli preferirebbero il costituzionalista Massimo Luciani. L’unica donna potrebbe essere così il ‘tecnico’ e in questo caso si parla di Valeria Mastroiacovo, dei Giuristi Cattolici, docente di Diritto Tributario. Altri possibili candidati sono il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, ma per lui, eletto nell’uninominale, si dovrebbero prevedere elezioni suppletive. E quello della ministra delle Riforme, Elisabetta Casellati. Anche per lei, però, si osserva nel centrodestra, nonostante Letizia Moratti starebbe facendo il tifo per entrare al suo posto nel governo, si dovrebbero fare nuove elezioni in Basilicata e ci dovrebbe essere un rimpasto di governo. Ipotesi che Meloni torna a scartare con forza. A sollecitare la candidatura di Zanettin sarebbe poi anche la prima dei non eletti: Roberta Toffanin, già senatrice FI nella XVIII legislatura.

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