Per andare in tv ci sono solo due possibilità: o ti invitano oppure te la compri. Basta un pezzetto piccolo così: uno spot – per esempio – dura poco più di un colpo di tosse. Pagamento a sessanta giorni e la tua faccia è a tutte le ore in televisione. Che gioia e che soddisfazione!
Uno spot dopo l’altro e Francesco Amadori, per dire, è riuscito ad arrostire migliaia e migliaia di polli: interi, a cosce, a bocconcini. Spalmati, triturati, abbrustoliti. Buoni o anche no. Amadori, uomo del fare, ha in qualche modo comprato la televisione e se l’è portata in azienda infilando la sua faccia dietro lo schermo. Sera dopo sera, spot dopo spot, i polletti hanno dato i loro frutti, il fatturato è salito e lui, felice molto più dei suoi pulcini, oggi si gode lo spettacolo in banca.
Ecco i frontmen del capitalismo da tavola. Capitani d’industria certamente, ma di sicuro facce da spot. Patrizio Podini, signore attempato, si accompagna ormai da mesi ad Antonella Clerici, la signora del food familiare. Lui e lei tra gli scaffali di Md, il discount italiano, supermarket per le mille periferie squattrinate d’Italia: buon prezzo ad ogni costo. “Esiste il principio della riconoscibilità, i prodotti da tavola, quelli che entrano in cucina hanno bisogno di una buona reputazione. Chi può assicurare meglio del proprietario della bontà di ciò che produce?”, spiega Alberto Contri, il decano dei pubblicitari italiani. E quindi, “parola di Francesco Amadori” per dire, anzi giurare, che il pollo non è solo buono ma perfetto, allevato come meglio non si sarebbe potuto. Un pollo da cortile, sorridente fino alla morte per dare la soddisfazione al suo padrone.
Gavino Sanna, genio della pubblicità, prima di ogni altri ha promosso a testimone il capo azienda. Si era ai tempi dei tortellini e Giovanni Rana aveva premura di venderli. Sanna ha imbustato la faccia tonda e sorridente del piccolo imprenditore veneto che, tortellino dopo tortellino, si sarà detto: piatto ricco mi ci ficco. Narrazione collaudata, sceneggiatura inappuntabile: è la sua mano santa che fa i manicaretti, li porta in tavola direttamente riempiendoli col miglior prosciutto e il miglior parmigiano. Rana inizia così a sorridere ai suoi tortelli e non la finisce più. Il fatturato lievita “e lui – dice Contri – gode dell’upgrade commerciale. Ieri era solo in cucina a preparare per le famiglie italiane, oggi si fa aiutare da decine di cuochi giacché il prodotto avanza nel numero e nel gusto (ripieni ai funghi, agli spinaci eccetera). La fatica è tanta, il business pure.
Anni Sessanta: un pollo statunitense, il “Perdue”, apre la strada al padrone come garante della indiscutibile qualità del suo prodotto. Eat heathy: simply, smart, organic.
Artigiani del gusto, industriali del corto raggio, del respiro familiare, nell’immagine domestica. E appunto del focolare che riscalda. E’ l’alimentare soprattutto a generare questa nuova era. “A noi dell’Armando Testa non viene in mente di lavorare su quella traccia – ricorda ora Enzo Giacopinelli, fantastico processore di claim di successo – avevamo così tante idee e proposte alternative che non abbiamo avuto il tempo di valutare o valorizzare questa che resta però un’idea validissima”.
Quanto costa un po’ di tv? E c’è un prezzo per la nostra vanità, per il piacere di esserci comunque, ad ogni costo? Ennio Doris ha fatto fare mille volte il giro del mondo con la sua bacchetta a Mediolanum, la banca online, tutta virtù ma niente sportelli. “Quella è un’altra storia: doveva lanciare un prodotto innovativo, appunto lo sportello online, e aveva poche altri mezzi oltre la sua faccia. Gli è venuta bene, tanto che il figlio continua”, ricorda Giacopinelli.
Non per dire ma l’Italia può davvero insegnare al mondo intero come si vende. A palazzo Chigi ha chiamato Silvio Berlusconi, il miglior venditore di sempre, che ha pure trasformato la politica in un performante prodotto propagandistico, merce buona da valorizzare e piazzare a ogni costo.
E la pubblicità, anima e motore di ogni commercio, oggi arruola truppe incandescenti di amministratori delegati. L’ottantenne Enrico Zoppas, un cognome familiare a chi negli anni del primo dopoguerra ha conosciuto il forno e il frigorifero in cucina, ha raccolto in una paginata a pagamento sul Corriere la gratitudine dei propri dipendenti per il successo della sua acqua: la San Benedetto.
“Le facce contano quando l’azienda è piccina, svaniscono quando arriviamo alle multinazionali. Barilla è un brand così forte, per dirne uno, da non necessitare di alcun tutor”, ricorda Contri.
Infatti i grandi boss non hanno bisogno di aprire lo spioncino e mettersi a vendere in tv, in genere hanno campi larghi da arare, senza recarsi troppo disturbo.
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Nella foto in alto | Da sinistra Massimo Antonio Doris, Francesco Amadori e Giovanni Rana