“No ma può essere che è la solita routine…”, è il 21 maggio del 2024 quando Salvatore Virgillitto prova a rassicurare i familiari di Salvatore Ofria, dopo che è stata consegnata loro la relazione conclusiva del giudice per le indagini preliminari. Nulla di strano apparentemente, se non fosse che Virgillitto, presidente dell’ordine dei commercialisti di Catania, è l’amministratore giudiziario dell’impresa di Salvatore Ofria, considerato esponente di vertice della cosca mafiosa dei barcellonesi, nella costa tirrenica del Messinese. Quell’impresa, intestata a Carmela Bellinvia, madre di Ofria, è stata sottoposta a sequestro e confisca nel 2011 ed è stata data dallo Stato in gestione al presidente dei commercialisti catanesi, già da quell’anno. Eppure, secondo quanto emerge dalle indagini della procura di Messina, guidata da Antonio D’Amico, la gestione di Virgillitto consente ai parenti del boss barcellonese di muoversi all’interno dell’azienda senza problemi, con loro infatti intrattiene rapporti quotidiani e informali. Si tratta di un’impresa che a Barcellona Pozzo di Gotto, comune costiero noto per la forte presenza mafiosa, gestisce lo smaltimento di rifiuti urbani di rifiuti speciali e la rottamazione di veicoli.
Virgillitto avrebbe tenuto un “comportamento servente e compiacente” verso “la famiglia Ofria”, così scrive il gip, Salvatore Pogliese che ha disposto gli arresti per 15 persone, tra cui lo stesso Virgillitto, accusato di aver contribuito senza farne parte agli scopi dell’associazione mafiosa, e 6 parenti di Ofria (tra cui la moglie e il figlio). Le indagini del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, condotte dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio, i sostituti Antonella Fradà, Fabrizio Monaco, Francesco Massara, attraverso intercettazione e registrazioni video, hanno svelato come la società confiscata fosse di fatto gestita ancora dalla famiglia Ofria. Ma non solo, Virgillitto aveva assunto dall’1 gennaio al 13 marzo 2018 Nunzio di Salvo, figlio di uno dei boss storici della famiglia dei barcellonesi, ovvero Salvatore Di Salvo, detto Sam, ristretto al 41 bis dal 2011. “Va bene, noi siamo qui, tanto ormai, pronti a tutto”, sospira Luisetta Alesci, moglie di Salvatore Ofria, parlando con Virgillitto e col figlio Giuseppe. E l‘amministratore giudiziario del bene confiscato, allora si intrattiene in un’attenta spiegazione: “In pratica l’agenzia nazionale vengono alla carica per avere delle informazioni. Però come abbiamo sempre detto, fortunatamente, di questa azienda è stata diciamo sequestrata prima del codice antimafia. Quindi questa azienda, quando sarà… se… o viene restituita a chi gli spetta quindi a voi, oppure in teoria dovrebbe essere poi venduta…”. E poi Virgillitto continua: “Io mi auguro invece che c’è qualche novità che ancora a voi non è stata notificata”.
La routine, d’altronde, all’interno dell’azienda, come ripetutamente ripreso dalle telecamere, è che gli Ofria, nonostante l’impresa di famiglia sia stata confiscata, si muovono all’interno senza problemi, alla presenza di Virgillitto. E per il presidente dell’ordine dei commercialisti di Catania, addirittura, i magistrati della Dda di Messina ipotizzano una condotta “attiva e non solo omissiva”. Non a caso: “Che cosa abbiamo avuto? Un guasto noi di…”, chiede Virgillitto conversando con uno dei dipendenti, Paolo Salvo, che gli risponde: “Un guasto sì, che c’è stata un’inondazione”. È il 26 aprile del 2024 e i due vengono intercettati prima di arrivare dai carabinieri dove denunceranno l’incidente che ha causato la perdita dei registri dell’azienda: “Diciamo che non ci sono più questi registri, tra tubazioni, fra cose…”, dice Salvo, anche lui tra gli arrestati. La perdita dei registri, infatti, impedisce una rendicontazione delle vetture in entrata nell’azienda, e favorisce il mercato nero, registrato dalle indagini: una compravendita di pezzi di ricambio che avviene senza alcuna fatturazione: “Fortuita distruzione di registri che i gestori dei centri di raccolta e di vendita dei veicoli a motore e dei loro rimorchi cessati dalla circolazione o da alienare o da avviare allo smontaggio e alla successiva riduzione in rottami devono necessariamente formare, tenere e conservare con la timbratura della Questura”, sottolinea il gip, nell’ordinanza di custodia cautelare. Senza i registri tutto questo non può avvenire, l’impresa, d’altronde, secondo quanto ricostruito dalle indagini è stata “utilizzata quale mero strumento per fare cassa – attraverso la quotidiana, perpetua appropriazione del denaro non contabilizzato dalle casse – nonché per manifestare prepotentemente all’esterno il potere dell’associazione di riferimento – attraverso estorsione consumate ai danni di personale dipendente e altri imprenditori di settori affini, con la arrogante manifestazione della presenza del preposto e di tutti i suoi familiari all’interno dell’impresa, all’evidente fine di rafforzare il potere economico, imprenditoriale e criminale della cosca mafiosa locale che non si è mai ritirata dal controllo dell’attività imprenditoriale nonostante la risposta giudiziaria formalmente intervenuta”.
Mentre le indagini svelano le pressioni di Salvatore Ofria su un dipendente che viene “costretto” alle dimissioni, perché considerato autore del furto di una batteria all’interno dell’azienda, e delle pressioni perfino su altre imprese per impedire che fosse assunto altrove. Una pressione esercitata senza problemi da Ofria all’interno della sua azienda e fuori. Questo succedeva tra il 2019 e il 2021 quando l’azienda era già stata affidata a Virgillitto che non ha mai denunciato il furto della batteria. Le indagini hanno fatto emergere come a Barcellona Pozzo di Gotto, definita in passato come la Corleone del XX secolo, “un’azienda confiscata ad una organizzazione operante appunto nel Barcellonese sia stata gestita senza soluzione di continuità dalla stessa organizzazione a cui era stata sottratta”, ha detto il procuratore, Antonio D’Amato.
Mafie
Mafia, 15 arresti a Messina: tra loro anche il presidente dei commercialisti di Catania (che amministrava l’impresa confiscata al boss)
Salvatore Virgillitto è accusato di aver contribuito senza farne parte agli scopi dell’associazione mafiosa. Avrebbe tenuto un “comportamento servente e compiacente” verso “la famiglia Ofria”, scrive il gip che ha disposto gli arresti per 15 persone
“No ma può essere che è la solita routine…”, è il 21 maggio del 2024 quando Salvatore Virgillitto prova a rassicurare i familiari di Salvatore Ofria, dopo che è stata consegnata loro la relazione conclusiva del giudice per le indagini preliminari. Nulla di strano apparentemente, se non fosse che Virgillitto, presidente dell’ordine dei commercialisti di Catania, è l’amministratore giudiziario dell’impresa di Salvatore Ofria, considerato esponente di vertice della cosca mafiosa dei barcellonesi, nella costa tirrenica del Messinese. Quell’impresa, intestata a Carmela Bellinvia, madre di Ofria, è stata sottoposta a sequestro e confisca nel 2011 ed è stata data dallo Stato in gestione al presidente dei commercialisti catanesi, già da quell’anno. Eppure, secondo quanto emerge dalle indagini della procura di Messina, guidata da Antonio D’Amico, la gestione di Virgillitto consente ai parenti del boss barcellonese di muoversi all’interno dell’azienda senza problemi, con loro infatti intrattiene rapporti quotidiani e informali. Si tratta di un’impresa che a Barcellona Pozzo di Gotto, comune costiero noto per la forte presenza mafiosa, gestisce lo smaltimento di rifiuti urbani di rifiuti speciali e la rottamazione di veicoli.
Virgillitto avrebbe tenuto un “comportamento servente e compiacente” verso “la famiglia Ofria”, così scrive il gip, Salvatore Pogliese che ha disposto gli arresti per 15 persone, tra cui lo stesso Virgillitto, accusato di aver contribuito senza farne parte agli scopi dell’associazione mafiosa, e 6 parenti di Ofria (tra cui la moglie e il figlio). Le indagini del Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, condotte dal procuratore aggiunto Vito Di Giorgio, i sostituti Antonella Fradà, Fabrizio Monaco, Francesco Massara, attraverso intercettazione e registrazioni video, hanno svelato come la società confiscata fosse di fatto gestita ancora dalla famiglia Ofria. Ma non solo, Virgillitto aveva assunto dall’1 gennaio al 13 marzo 2018 Nunzio di Salvo, figlio di uno dei boss storici della famiglia dei barcellonesi, ovvero Salvatore Di Salvo, detto Sam, ristretto al 41 bis dal 2011. “Va bene, noi siamo qui, tanto ormai, pronti a tutto”, sospira Luisetta Alesci, moglie di Salvatore Ofria, parlando con Virgillitto e col figlio Giuseppe. E l‘amministratore giudiziario del bene confiscato, allora si intrattiene in un’attenta spiegazione: “In pratica l’agenzia nazionale vengono alla carica per avere delle informazioni. Però come abbiamo sempre detto, fortunatamente, di questa azienda è stata diciamo sequestrata prima del codice antimafia. Quindi questa azienda, quando sarà… se… o viene restituita a chi gli spetta quindi a voi, oppure in teoria dovrebbe essere poi venduta…”. E poi Virgillitto continua: “Io mi auguro invece che c’è qualche novità che ancora a voi non è stata notificata”.
La routine, d’altronde, all’interno dell’azienda, come ripetutamente ripreso dalle telecamere, è che gli Ofria, nonostante l’impresa di famiglia sia stata confiscata, si muovono all’interno senza problemi, alla presenza di Virgillitto. E per il presidente dell’ordine dei commercialisti di Catania, addirittura, i magistrati della Dda di Messina ipotizzano una condotta “attiva e non solo omissiva”. Non a caso: “Che cosa abbiamo avuto? Un guasto noi di…”, chiede Virgillitto conversando con uno dei dipendenti, Paolo Salvo, che gli risponde: “Un guasto sì, che c’è stata un’inondazione”. È il 26 aprile del 2024 e i due vengono intercettati prima di arrivare dai carabinieri dove denunceranno l’incidente che ha causato la perdita dei registri dell’azienda: “Diciamo che non ci sono più questi registri, tra tubazioni, fra cose…”, dice Salvo, anche lui tra gli arrestati. La perdita dei registri, infatti, impedisce una rendicontazione delle vetture in entrata nell’azienda, e favorisce il mercato nero, registrato dalle indagini: una compravendita di pezzi di ricambio che avviene senza alcuna fatturazione: “Fortuita distruzione di registri che i gestori dei centri di raccolta e di vendita dei veicoli a motore e dei loro rimorchi cessati dalla circolazione o da alienare o da avviare allo smontaggio e alla successiva riduzione in rottami devono necessariamente formare, tenere e conservare con la timbratura della Questura”, sottolinea il gip, nell’ordinanza di custodia cautelare. Senza i registri tutto questo non può avvenire, l’impresa, d’altronde, secondo quanto ricostruito dalle indagini è stata “utilizzata quale mero strumento per fare cassa – attraverso la quotidiana, perpetua appropriazione del denaro non contabilizzato dalle casse – nonché per manifestare prepotentemente all’esterno il potere dell’associazione di riferimento – attraverso estorsione consumate ai danni di personale dipendente e altri imprenditori di settori affini, con la arrogante manifestazione della presenza del preposto e di tutti i suoi familiari all’interno dell’impresa, all’evidente fine di rafforzare il potere economico, imprenditoriale e criminale della cosca mafiosa locale che non si è mai ritirata dal controllo dell’attività imprenditoriale nonostante la risposta giudiziaria formalmente intervenuta”.
Mentre le indagini svelano le pressioni di Salvatore Ofria su un dipendente che viene “costretto” alle dimissioni, perché considerato autore del furto di una batteria all’interno dell’azienda, e delle pressioni perfino su altre imprese per impedire che fosse assunto altrove. Una pressione esercitata senza problemi da Ofria all’interno della sua azienda e fuori. Questo succedeva tra il 2019 e il 2021 quando l’azienda era già stata affidata a Virgillitto che non ha mai denunciato il furto della batteria. Le indagini hanno fatto emergere come a Barcellona Pozzo di Gotto, definita in passato come la Corleone del XX secolo, “un’azienda confiscata ad una organizzazione operante appunto nel Barcellonese sia stata gestita senza soluzione di continuità dalla stessa organizzazione a cui era stata sottratta”, ha detto il procuratore, Antonio D’Amato.
Hai già letto 5 articoli
Acquista l'accesso illimitato a Ilfattoquotidiano.it
Abbonamento SOSTENITORE
1 EUROIL PRIMO MESE
AbbonamentoSOSTENITORE
60€L'ANNO
AbbonamentoPARTNER
149,99€L'ANNO
(anzichè 189,99€)Articolo Precedente
Omicidio di Nino Agostino, il 30 gennaio la sentenza in Cassazione: la pg chiede la conferma dell’ergastolo per Nino Madonia
Articolo Successivo
L’allarme di Gratteri in Antimafia: “A Napoli cala l’età dei minori che commettono reati e dei soggetti al vertice dei clan di Camorra”
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Mondo
Trump, il giorno dell’insediamento: la diretta – “Fermerò le guerre”. Meloni unica leader Ue a Washington. Il programma e gli invitati
Economia & Lobby
“Così clientele, monopoli e eredità arricchiscono un’oligarchia di miliardari”. In Italia chi è in cima ha sempre di più, la metà che ha meno perde terreno
Cronaca
Diocesi di Bolzano, in 60 anni 67 casi di abusi. E un prete celebrò il funerale della sua vittima suicida
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Qual è il suo sogno quando era piccolo?". "Questa è una domanda interessante, perché i sogni cambiano nel corso della vita, con l'età. Quando ero piccolo mi sarebbe piaciuto fare il medico, poi ho cambiato idea. Quando si è a scuola, crescendo, si studia un po' tutto. C'è un momento in cui bisogna scegliere cosa fare. Alla fine ho scelto il diritto, la legge". Così il Capo dello Stato Sergio Mattarella rispondendo ai bambini della scuola de Amicis di Palermo. "Non ho mai sognato di fare il calciatore perché non ero per niente bravo", ha aggiunto sorridendo.
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "C'è molto di buono in questo paese, e questo mi conforta sempre". Così il Presidente della repubblica Sergio Mattarella ai bambini della scuola de Amicis di Palermo. "La fatica viene cancellate dal vedere cose buone che si vedono in Italia", ha detto.
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Le piacerebbe fare un altro lavoro?". Questa è stata a prima domanda rivolta dagli alunni della scuola de Amicis di Palermo al Capo dello Stato Sergio Mattarella, in visita a sorpresa questa mattina nel plesso. "Io sono vecchio - ha risposto - il mio lavoro non è quello che faccio adesso, il mio lavoro abituale era quello di insegnare Diritto costituzionale all'Università, ma ormai non lo faccio più da tempo. Questo impegno che svolgo ora non è un lavoro, è un impegno per la nostra comunità nazionale. E' faticoso, però è interessante perché consente di stare in contatto con la nostra società, con tutti i cittadini di ogni origine, ed è una cosa di estremo interesse".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "La musica, così come le iniziative sui libri, la cultura, sono il veicolo della vita, della convivenza, dell'apertura, della crescita personale e collettiva. E' quello che state facendo in questa scuola. Per me è davvero un motivo di soddisfazione essere qui e farvi i complimenti". Così il Capo dello Stato Sergio Mattarella incontrando i bambini della scuola De Amicis. Nel novembre scorso i bimbi della quinta C furono insultati mentre si esibivano davanti alla Feltrinelli, vestiti con abiti tradizionali africani. "Io ogni anno vado in una scuola per l'apertura dell'anno scolastico, ma non è frequente che vada in altre occasioni. Sono lietissimo di essere qui questa mattina- dice Mattarella- E ringraziarvi per quello che fate. Ringrazio i vostri insegnanti per quello che vi trasmettono e per come vi guidano nell'accrescimento culturale".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - "Voi siete una scuola che con la cultura, la musica, la lettura, e altre iniziative di crescita culturale, esprime i valori veri della convivenza nel nostro paese e nel mondo, che sempre è più unito, connesso, sempre più senza confini. Ed è una ricchezza crescere insieme, scambiarsi opinioni e abitudini, idee, ascoltare gli altri. fa crescere e voi lo state facendo, per questo complimenti". Così il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella si è rivolto ai bambini della scuola De Amicis di Palermo. Nel novembre scorso i bimbi della quinta c, molti dei quali di origini africane, furono insultati per strada mentre si esibivano in uno spettacolo vestiti con abiti tradizionali. "Cercate di trovare la vostra strada secondo le vostre inclinazioni, auguri a tutti voi e complimenti", ha aggiunto. "Sono lietissimo di incontrarvi in questo auditorium che ci accoglie, ragazzi. Ringrazio la dirigente scolastica e i collaboratori, gli insegnanti e li ringrazio per quanto fanno. Voglio fare i complimenti a voi, siete bravissimi. Avete eseguito magistralmente questi due pezzi", ha detto ancora il Capo dello Stato parlando ai ragazzi che si sono esibiti in un breve concerto. "Non è facile con tanti strumenti ad arco, a fiato, a percussione. Complimenti ai vostri insegnanti e a voi".
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - “Vivere insieme, dialogare fa crescere. Rivolgo un sentito grazie ai vostri insegnanti. Insegnare è un’impresa difficile ma esaltante”. Lo ha detto il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, rivolgendosi agli alunni della scuola De Amicis-Da Vinci di Palermo dove si è recato a sorpresa questa mattina. I bambini, lo scorso novembre, furono insultati con epiteti razzisti davanti alla Feltrinelli di Palermo, dove si erano esibiti in uno spettacolo tradizionale. Molti dei bimbi della 5 c, visitata oggi da Mattarella, sono di origini africane. Oggi, tutt’altro che imbarazzati dalla presenza dell’ospite illustre, perché la visita è stata tenuta segreta dalla dirigente scolastica Giovanna Genco, i bambini hanno rivolto al Presidente alcune domande, consegnandogli dei doni. Sulla lavagna di classe spiccava un grande tricolore.
I bambini hanno poi scortato il presidente nell’aula magna dove l’orchestra dei ragazzi delle classi della secondaria ha suonato due brani di Giuseppe Verdi, il coro delle Zingarelle dalla Traviata e il 'Va, pensiero' dal Nabucco.
Palermo, 20 gen. (Adnkronos) - Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella dopo avere incontrato i bambini della quinta C dell'Istituto De Amicis-Da Vinci di Palermo, che lo scorso novembre furono insultati in centro città per il colore della pelle, perché molti di loro sono di origini straniere, si è fermato in classe a rispondere alle loro domande. Sopra la lavagna in classe c'è una bandiera tricolore.