Una nostra chiacchierata é diventata un capitolo del mio libretto Napoli, ti Odio! Sveglia, ci prendono per il culo! ( Guida Editori). Ti divertiva il titolo, in sintonia con il tuo pensiero senza filtri, controcorrente. Non ho fatto in tempo a portarti una copia. Tranquillo, ci penserà Musk a portartela nell’”Altrove”. Avevano due grandi amici in comune, da Maurizio Vitale, lo chiamavi il Maradona del jeans, e Kirsten Gille, la modella favolosa di alcune tue campagne più famose. Ti piaceva lavorare a Napoli e di ritratti belli e veraci hai rivestito la fermata della metropolitana di via Toledo, quella dell’onda azzurra di mosaico e hai fotografato i ragazzi di Scampia.

Mi parlavi anche dello scippo subito. Non a Napoli, ma a Milano. Il guru dell’immagine shock scippato della sua creatività. Lo slogan “Chi mi ama mi segua”, fra i più famosi nel mondo della pubblicità, era stampato a caratteri cubitali sul sedere debordante di Donna Jordan. Fu il primo colpo di genio di Toscani a finire sotto censura. Arrivano querele, una scomunica e sequestro di manifesti da parte della polizia Buon Costume per offesa alla Morale Pubblica. Altro botto con “Non avrai altro jeans all’infuori di me”, con la mano insinuante di Kirsten che si infila nella patta. Il jeans si chiama Jesus. Passeggiavamo per Times Square con Maurizio Vitale, un imprenditore torinese visionario, fummo folgorati da una scritta al neon: Jesus Christ. Lo chiamammo Jesus perché era un nome che non aveva bisogno di copyright. Mai avremmo immaginato che sarebbe finito sotto processo. Davanti ai giudici Maurizio se la inventa: “Signor presidente, io non volevo far riferimento alla frase di Gesù, bensì a quella identica, pronunciata da Filippo il Bello per convincere i nobili a seguirlo nella guerra contro i feudatari ribelli di Francia”. La racconta così bene che gli credono. Assolto.

Vabbè adesso Oliviero parlami dello scippo: “Eravamo nella mia cucina di casa. Donna Jordan, la modella, si infilò i suoi shorts, parete bianca e scattai la foto. Dopodiché la portai a Emanuele Pirella, era allora un giovane pubblicitario. Lui fece solo la grafica, autore della fotografia e dello slogan sono solo io. Io sono sempre stato l’art director dei miei lavori”.

Flashback. Come hai conosciuto Maurizio Vitale? “Si presentò da me, lavoravo come fotografo da Vogue in Piazza Castello a Milano. Mi disse che voleva rivoluzionare l’azienda di famiglia che vendevano canottiere e calzini. Perché non fai jeans? Ma quelli li fanno in America, mi rispose. Invece nel 1979 Vitale annuncia l’accordo da 100 milioni di dollari per la produzione dei Jesus in Urss. È una rivoluzione. Inventa le sponsorizzazioni nel mondo dello sport e i testimonial e mette il marchio Robe di Kappa sulle maglie della Juventus…” Ma è come se tutte queste fortune reclamassero una dose massiccia di dolore. Muore la figlioletta di Maurizio, appena nata, perde la moglie in un grave incidente stradale, e l’anno dopo scopre di avere l’Aids. Il suo è uno dei cinque casi italiani “ufficiali” di contagio eterosessuale. Muore nel 1987 a soli 42 anni. Il brand muore con lui, l’azienda fallisce. Ma rinasce alle soglie del 2000 grazie a Marco Boglione, l’assistente di Maurizio (aveva 25 anni quando lo assunse come direttore marketing). La storia ricomincia. Marco ha lo stesso intuito di Maurizio, assume i tre figli di Maurizio, Juni, Tancredi e Oliviero (chiamato così per onorare l’amicizia con il fotografo). E oggi Kappa è sponsor ufficiale della Fisi, federazione sport invernali e delle Olimpiadi.

“Non c’è giorno che non pensi a Maurizio – ricorda Oliviero – L’ultima volta che lo vidi era su una sedia a rotelle. Ci abbracciammo così forte, sembrava che non dovessimo più staccarci. È rimasto così, non ci siamo mai staccati”. Oliviero e Maurizio, un’amicizia geniale, è già un copione da film.

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