Roma, 17 gen. (Adnkronos) - A Ravenna il primo progetto CCS-Carbon Capture and Storage in Italia. Ovvero il processo che attraverso cattura, trasporto e stoccaggio della CO2 ha come obiettivo la decarbonizzazione delle industrie, in particolare dei settori cosiddetti ‘hard to abate’, evitando l’emissione in atmosfera di importanti quantità di anidride carbonica.
Negli scenari Iea, la CCS e la Cdr-Carbon Dioxide Removal (processo di rimozione attiva dell’anidride carbonica dall’atmosfera che comprende soluzioni tecnologiche e basate sulla natura) contribuiranno a una riduzione dell’8% delle emissioni di CO2 globali tra il 2020 e il 2050. A sua volta, The European House-Ambrosetti stima che elettrificazione, efficienza energetica, bioenergie, idrogeno e variazione delle materie prime potranno, utilizzate insieme, contribuire a una riduzione non superiore al 52% di tali emissioni. Per poter decarbonizzare il restante 48%, pari a 30,8 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, sarà dunque necessario ricorrere a soluzioni CCS. (AUDIO)
Ma in cosa consistono queste soluzioni? La prima fase è quella della cattura, durante la quale l’anidride carbonica viene separata dagli altri gas con i quali è mescolata, ad esempio in seguito ad un processo di combustione. Una volta separata dagli altri gas, la CO2 viene compressa per permetterne il trasporto, solitamente tramite condotte ma anche via mare (nave) o via terra (trasporto su gomma o ferroviario). A questo punto può essere utilizzata per usi industriali, come ad esempio nella produzione di materiale cementizio o di biomassa per l’industria alimentare, e si parla allora di CCU (Carbon Capture and Utilization), oppure stoccata all’interno di formazioni geologiche sotterranee, come per esempio i giacimenti di idrocarburi esauriti o acquiferi salini: in questo caso si parla quindi di CCS (Carbon Capture and Storage).
“La fase 1 del progetto Ravenna CCS è stata avviata ad agosto 2024; è il primo progetto di questo tipo operativo in Italia e uno dei primi della nuova generazione in Europa. È un progetto articolato in più fasi ed entro il 2030 raggiungeremo la capacità di iniezione di 4 milioni di tonnellate all'anno. Ravenna CCS contribuirà in modo determinante alla decarbonizzazione dell'industria sia italiana che europea, candidandosi a diventare l'hub di riferimento per il sud Europa e per il Mediterraneo”, spiega Roberto Ferrario, responsabile Soluzioni Innovative di CCUS di Eni.
Il progetto, nato da una Joint Venture paritetica Eni-Snam e operato da Eni, si esplica mediante la conversione dei giacimenti esausti di gas, operati da Eni, situati nell’alto Mar Adriatico. L’hub di Ravenna diventerà il sito di riferimento del Mediterraneo per lo stoccaggio permanente della CO2 con una capacità totale ad oggi valutata in oltre 500 milioni di tonnellate.
La Fase 1 è partita nell’agosto del 2024 con l’iniezione ai fini dello stoccaggio permanente nel giacimento esausto di gas di Porto Corsini Mare Ovest, al largo di Ravenna, di circa 25mila tonnellate all'anno di CO2, catturate dalla centrale a gas Eni di Casal Borsetti. La successiva fase industriale permetterà alle industrie energivore interessate di catturare e stoccare la loro CO2: entro il 2030 sarà possibile raggiungere una capacità di stoccaggio di 4 milioni di tonnellate all’anno; successivamente ulteriori espansioni potranno portare i volumi a più di 16 milioni di tonnellate di CO2, in base alle richieste provenienti dal mercato.
Snam ha promosso, in collaborazione con Eni e con Confindustria, un’indagine sul potenziale mercato della CCS, per individuare gli emettitori potenzialmente interessati al progetto e a conoscerne le esigenze: sono state raccolte manifestazioni di interesse non vincolante da parte di 61 aziende, per un totale di 172 siti industriali sul territorio italiano. I volumi di CO2 per cui è stato espresso interesse al trasporto e allo stoccaggio nel sito sono pari a 27 Mton/anno al 2030 e 34 Mton/anno al 2040.
Un interesse che va anche oltre confine. ‘Ravenna CCS’ è parte, infatti, del progetto Callisto (Carbon LIquefaction transportation and STOrage) Mediterranean CO2 che mira a realizzare il più grande network nel Mediterraneo per la cattura, il trasporto e lo stoccaggio di CO2 offrendo una soluzione di decarbonizzazione dei distretti industriali di Ravenna, Ferrara, Porto Marghera, oltre a Fos sur Mer (Marsiglia) e Valle del Rodano in Francia.
Secondo lo Studio Strategico ‘Carbon Capture and Storage: una leva strategica per la decarbonizzazione e la competitività industriale’ realizzato nel 2023 da The European House - Ambrosetti, l’utilizzo della CCS contribuirà a preservare la competitività dei settori hard to abate in Italia (acciaierie, cementifici, chimica, carta, vetro, ecc...), che rappresentano 94 miliardi di euro di Valore Aggiunto (5% del Pil italiano, dato 2021) e 1,25 milioni di occupati (4,5% della forza lavoro nazionale, dato 2021) e che, al contempo, emettono 63,7 milioni di tonnellate di CO2, di cui il 22% connesse intrinsecamente al processo produttivo e che non sono, quindi, evitabili attraverso l’elettrificazione. Settori che sono fondamentali per le nostre economie e per la società in generale e che in Italia sono responsabili di oltre il 60% delle emissioni di gas serra dell’industria e del 13% circa del totale nazionale.
La CCUS nel mondo. Ai due progetti di CCS già operativi da molti anni in Norvegia (Sleipner dal 1996 e Snohvit dal 2008) oggi se ne sono aggiunti molti altri in via di sviluppo. Tra questi, il progetto Northern Lights, sempre in Norvegia, che a partire dal 2025 stoccherà sotto il Mare del Nord progressivamente fino a circa 5 milioni di tonnellate di emissioni l’anno, provenienti da numerosi emettitori del Nord Europa. In Danimarca è in fase avanzata il progetto Greensand, con avvio previsto nello stesso anno, mentre in Olanda sono in via di sviluppo il Progetto Porthos nell’area del porto di Rotterdam ed il progetto Aramis. Il Regno Unito punta a sviluppare 4 hub di cattura entro il 2030 mentre numerosi altri progetti stanno nascendo in Europa anche grazie al sostegno dei fondi comunitari.
La strategia di Eni verso la neutralità carbonica è articolata in un piano di trasformazione industriale che si basa su più soluzioni. La CCUS è una di queste, assieme a rinnovabili, biocarburanti, efficienza energetica, un mix energetico che privilegi le fonti meno emissive come il gas in sostituzione di carbone e petrolio, vettori ‘low-zero carbon’ e carbon offset per quelle emissioni residuali che non si riusciranno ad evitare. Eni è già partner del progetto Sleipner in Norvegia. In UK, Eni è partner del progetto HyNet North West che prevede la trasformazione del distretto industriale nell’area della Liverpool Bay sulla costa nord-occidentale nel primo cluster a basse emissioni di anidride carbonica al mondo.
Mondo
“Trump sarebbe stato condannato se non fosse stato eletto”: il rapporto del procuratore Smith. Il tycoon lo attacca: “È uno squilibrato”
Il presidente eletto, si legge nel dossier, ha tentato di "sovvertire la volontà popolare e di rovesciare i risultati delle elezioni" e "ha fatto ricorso a una serie di sforzi criminali per mantenere il potere"
Donald Trump sarebbe stato condannato per il caso delle interferenze sul risultato delle elezioni del 2020. Ma è stato eletto alle presidenziali di novembre, dunque ha evitato la grana giudiziaria. È quello che si legge nel rapporto del procuratore speciale Jack Smith, del quale è stata autorizzata la pubblicazione, citato da media americani.
È bastato questo passaggio per far infuriare Trump, che con un post sul suo social Truth ha definito “squilibrato” il procuratore Smith. Lungo 174 pagine, il rapporto è stato visionato da alcuni media Usa dopo che il Procuratore generale, Merrick Garland, ha autorizzato la pubblicazione, alla quale si erano invece opposti gli avvocati di Trump. Il dossier descrive in dettaglio quelli che vengono definiti “gli sforzi criminali del presidente eletto per mantenere il potere” dopo aver persone le elezioni del novembre 2020.
Il team di Smith afferma senza mezzi termini di ritenere che Trump abbia tentato di “sovvertire la volontà popolare e di rovesciare i risultati delle elezioni”. E ancora, spiega il rapporto “come si evince nell’atto d’accusa originale e in quelli successivi, quando è diventato chiaro che il signor Trump aveva perso le elezioni e che i mezzi legali per contestare i risultati elettorali erano falliti, ha fatto ricorso a una serie di sforzi criminali per mantenere il potere“, si legge, comprese “pressioni sui funzionari statali”, piani “fraudolenti” e “pressioni sul vicepresidente” Mike Pence. Una sezione del rapporto è inoltre riservata all’assalto dei suoi sostenitori a Capitol Hill il 6 gennaio 2021.
Il procuratore speciale ha anche illustrato le sfide che ha affrontato nella sua indagine, tra cui il tentativo da parte di Trump di cercare di bloccare i testimoni dal fornire prove, che ha costretto i procuratori a battaglie giudiziarie. Un’altra “sfida significativa” per Smith è stata la “capacità e la volontà di Trump di usare la sua influenza e il suo seguito sui social media per prendere di mira testimoni, tribunali e procuratori”, che ha portato i procuratori a chiedere un ordine di bavaglio per proteggere i potenziali testimoni dalle molestie. “Il ricorso del signor Trump all’intimidazione e alle molestie durante l’indagine non era nuovo, come dimostrato dalle sue azioni durante le cospirazioni accusate”, ha scritto Smith. “Una componente fondamentale della condotta del signor Trump alla base delle accuse nel caso elettorale è stato il suo modello di utilizzo dei social media, all’epoca Twitter, per attaccare pubblicamente e cercare di influenzare i funzionari statali e federali, i giudici e gli operatori elettorali che si sono rifiutati di sostenere le false affermazioni che le elezioni erano state rubate o che hanno resistito in altro modo alla complicità nel piano del signor Trump”, ha continuato il procuratore.
Lo ‘special counsel’ Smith scrive quindi nelle conclusioni: “Il punto di vista del Dipartimento (di Giustizia), secondo cui la Costituzione proibisce di continuare l’incriminazione e l’azione penale contro un presidente è categorico e non dipende dalla gravità dei crimini imputati, dalla forza delle prove del governo o dai meriti dell’accusa, che l’ufficio sostiene pienamente. In effetti, se non fosse stato per l’elezione del signor Trump e il suo imminente ritorno alla presidenza, l’ufficio ha valutato che le prove ammissibili erano sufficienti per ottenere e sostenere una condanna al processo”, ha aggiunto. Smith fu nominato procuratore speciale dall’Attorney General Merrick Garland poco dopo che Trump aveva lanciato la sua candidatura alla Casa Bianca del 2024.
Il presidente eletto ha reagito aggressivo alla pubblicazione del dossier, con un post sul suo social Truth in cui accusa Smith chiamandolo “squilibrato”. “Non è stato in grado di perseguire con successo l’avversario politico del suo capo, il corrotto Joe Biden, e così ha finito per scrivere un altro ‘rapporto’ basato su informazioni che il ‘Comitato non eletto di sgherri e teppisti’ ha illegalmente distrutto e cancellato, perché mostravano quanto fossi totalmente innocente”.
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Torino, 16 gen. - (Adnkronos) - Iren ha collocato oggi con grande successo la sua prima emissione obbligazionaria perpetua subordinata ibrida dal valore nominale di 500 milioni di euro. L’emissione ha ricevuto richieste di sottoscrizione quasi 8 volte rispetto all’ammontare offerto, totalizzando ordini per un importo pari a 4 miliardi di euro. La data di regolamento dell’emissione è prevista il 23 gennaio prossimo.
L’operazione, volta a rafforzare ulteriormente la struttura patrimoniale e sostenere la flessibilità finanziaria del Gruppo, sottolinea una nota, è coerente con la strategia di crescita di Iren finalizzata all’integrazione di Egea , a cogliere nuove potenziali opportunità inorganiche oltre alla realizzazione degli investimenti previsti nel Piano Industriale 2024-2030 e conferma l’impegno di Iren al mantenimento dell’attuale rating investment grade. La cedola fissa annuale del 4,5% sarà corrisposta fino alla prima reset date del 23 aprile 2030. A partire da tale data, salvo non sia stato interamente rimborsato, il titolo maturerà un interesse pari al tasso Euro Mid Swap a cinque anni di riferimento incrementato di un margine iniziale di 221,2 punti base. Il margine aumenterà di 25 punti base a partire dal 2035 e di ulteriori 75 punti base dal 2050 per un importo cumulato di 100 punti base.
La cedola fissa è pagabile annualmente in via posticipata nel mese di aprile, a partire da aprile 2025. Il prezzo di emissione è fissato al 99,448% e il rendimento effettivo alla prima reset date è pari a 4,625% per anno. I titoli, destinati a investitori qualificati, saranno quotati sul mercato regolamentato della Borsa Irlandese (Euronext Dublin). Si prevede, inoltre, che agli stessi venga assegnato da parte delle agenzieun rating di BB+/BB+ (S&P’s/Fitch) e un equity content pari al 50%.
"Siamo lieti di annunciare che il 2025 si apre con l'emissione inaugurale di un bond ibrido da 500 milioni di euro. La ricezione di mercato oltre le aspettative ci ha portato ad ottenere un risultato straordinario, con una domanda che ha superato di quasi 8 volte l’offerta, totalizzando ordini per un importo di oltre 4 miliardi di euro, a testimonianza della solidità e della credibilità di Iren sul mercato. – ha commentato Luca Dal Fabbro, presidente esecutivo del Gruppo Iren – questa iniziativa è perfettamente in linea con la nostra strategia di crescita, che prevede l'integrazione di Egea e la realizzazione degli investimenti previsti nel nostro Piano Industriale 2024-2030, consentendoci di mantenere un’adeguata flessibilità finanziaria per cogliere eventuali ulteriori opportunità di sviluppo”.
“Siamo soddisfatti del risultato dell’operazione odierna che ci consente di rafforzare ulteriormente la struttura patrimoniale del nostro Gruppo diversificando altresì la base degli investitori - ha aggiunto Giovanni Gazza, Cfo del Gruppo Iren – l’emissione del bond ibrido garantisce un’elevata flessibilità finanziaria a supporto del raggiungimento dei target economico-finanziari fissati nel Piano Industriale, e riflette il commitment di Iren di perseguire una crescita nel rispetto di robuste metriche di credito in linea con gli attuali rating investment grade.”
Torino, 16 gen. - (Adnkronos) - Iren ha collocato oggi con grande successo la sua prima emissione obbligazionaria perpetua subordinata ibrida dal valore nominale di 500 milioni di euro. L’emissione ha ricevuto richieste di sottoscrizione quasi 8 volte rispetto all’ammontare offerto, totalizzando ordini per un importo pari a 4 miliardi di euro. La data di regolamento dell’emissione è prevista il 23 gennaio prossimo.
L’operazione, volta a rafforzare ulteriormente la struttura patrimoniale e sostenere la flessibilità finanziaria del Gruppo, sottolinea una nota, è coerente con la strategia di crescita di Iren finalizzata all’integrazione di Egea , a cogliere nuove potenziali opportunità inorganiche oltre alla realizzazione degli investimenti previsti nel Piano Industriale 2024-2030 e conferma l’impegno di Iren al mantenimento dell’attuale rating investment grade. La cedola fissa annuale del 4,5% sarà corrisposta fino alla prima reset date del 23 aprile 2030. A partire da tale data, salvo non sia stato interamente rimborsato, il titolo maturerà un interesse pari al tasso Euro Mid Swap a cinque anni di riferimento incrementato di un margine iniziale di 221,2 punti base. Il margine aumenterà di 25 punti base a partire dal 2035 e di ulteriori 75 punti base dal 2050 per un importo cumulato di 100 punti base.
La cedola fissa è pagabile annualmente in via posticipata nel mese di aprile, a partire da aprile 2025. Il prezzo di emissione è fissato al 99,448% e il rendimento effettivo alla prima reset date è pari a 4,625% per anno. I titoli, destinati a investitori qualificati, saranno quotati sul mercato regolamentato della Borsa Irlandese (Euronext Dublin). Si prevede, inoltre, che agli stessi venga assegnato da parte delle agenzieun rating di BB+/BB+ (S&P’s/Fitch) e un equity content pari al 50%.
"Siamo lieti di annunciare che il 2025 si apre con l'emissione inaugurale di un bond ibrido da 500 milioni di euro. La ricezione di mercato oltre le aspettative ci ha portato ad ottenere un risultato straordinario, con una domanda che ha superato di quasi 8 volte l’offerta, totalizzando ordini per un importo di oltre 4 miliardi di euro, a testimonianza della solidità e della credibilità di Iren sul mercato. – ha commentato Luca Dal Fabbro, presidente esecutivo del Gruppo Iren – questa iniziativa è perfettamente in linea con la nostra strategia di crescita, che prevede l'integrazione di Egea e la realizzazione degli investimenti previsti nel nostro Piano Industriale 2024-2030, consentendoci di mantenere un’adeguata flessibilità finanziaria per cogliere eventuali ulteriori opportunità di sviluppo”.
“Siamo soddisfatti del risultato dell’operazione odierna che ci consente di rafforzare ulteriormente la struttura patrimoniale del nostro Gruppo diversificando altresì la base degli investitori - ha aggiunto Giovanni Gazza, Cfo del Gruppo Iren – l’emissione del bond ibrido garantisce un’elevata flessibilità finanziaria a supporto del raggiungimento dei target economico-finanziari fissati nel Piano Industriale, e riflette il commitment di Iren di perseguire una crescita nel rispetto di robuste metriche di credito in linea con gli attuali rating investment grade.”
Palermo, 17 gen. (Adnkronos) - - "In nome della 'separazione delle carriere', si impone un ampio riassetto dei rapporti tra politica e giurisdizione; radicalmente distante dal modello concepito dai padri costituenti. D’altronde, gli stessi toni del dibattito parlamentare che ha preparato il voto di oggi tradiscono intenti non riducibili all’obiettivo di rendere più bilanciato ed efficace il sistema giudiziario e processuale. Paiono più adatti ad un progetto che coltiva l’esigenza della politica di addomesticare l’azione giudiziaria. Il tutto in una atmosfera di palpabile esprit de ressentiment che parte da lontano". Con queste parole il Presidente del Tribunale di Palermo, Piergiorgio Morosini, commenta l'approvazione della Camera, con 174 voti a favore, 92 voti contrari e 5 astenuti, della norma che prevede la separazione delle carriere nella magistratura. E' il primo dei passaggi parlamentari necessari per l'ok al disegno di legge costituzionale. Il testo passa ora al Senato per il secondo voto della prima lettura a cui poi, trascorsi almeno tre mesi, dovrà seguire il secondo e definitivo voto di Montecitorio e Palazzo Madama.
"Più che separare le carriere tra giudici e pubblici ministeri, la riforma votata oggi modifica l’equilibrio tra magistratura e politica in favore di quest’ultima, mettendo in discussione quell’autonomia che consente di esercitare la giurisdizione in modo sereno- aggiunge Mororini - Come? Soprattutto squalificando il peso e il protagonismo istituzionale del Csm, ossia l’organo pensato dai costituenti del 1948 per proteggere l’indipendenza dei magistrati, da condizionamenti interni ed esterni, decidendo di assegnazioni, trasferimenti, valutazioni di professionalità, promozioni e sanzioni disciplinari. Con la scusa della lotta al correntismo, si viene a sminuire l’importanza della componente togata del Csm a favore della componente laica. Infatti, mentre per i laici il sorteggio avviene su una base di candidati (professori e avvocati) scelti dalla maggioranza parlamentare, la componente togata è affidata completamente al caso. Insomma, si vuole plasticamente sancire l’incapacità dei magistrati di autodeterminarsi e di scegliersi i propri rappresentati. E tutto questo, peraltro, può suonare come una sorta di delegittimazione di una intera categoria, composta nella stragrande maggioranza da professionisti lontani anni luce dagli scandali emersi negli ultimi anni".
Secondo Piergiorgio Morosini, "per contrastare le degenerazioni del correntismo, potevano adottarsi altre soluzioni". Ad esempio? "Prevedere una composizione togata, fondata sul pluralismo professionale. Avere una specifica rappresentanza dei giudici del lavoro, del minorile, dell’immigrazione e dell’impresa significa adottare decisioni più consapevoli ed efficaci in tema di valutazioni di professionalità, organizzazione degli uffici, scelte della dirigenza. E tutto questo è a garanzia per il cittadino".
Inoltre, per il Presidente del Tribunale, "sicuramente questa riforma non accelera i processi e non è in sintonia con documenti europei che auspicano l’intercambiabilità delle funzioni tra pubblici ministeri e giudici. (v.Carta di Roma del 17.12.2014 destinata al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa)- spiega - D’altronde, le riforme degli ultimi vent’anni hanno già prodotto una netta divaricazione dei percorsi professionali e dei contesti organizzativi in cui esercitano le funzioni giudici e pubblici ministeri. E ora, la separazione “anche istituzionale” dei pubblici ministeri dai magistrati giudicanti, anche per via della previsione di un “Csm dedicato”, darà vita ad un corpo separato di funzionari pubblici numericamente ridotto (non oltre le 2.500 unità), altamente specializzato, con ampie garanzie di status, addetto all’esercizio della azione penale e alla direzione della polizia giudiziaria. Un corpo che, nella sostanza, non fa più parte della giurisdizione e risponde solo a se stesso".
"Un simile assetto, più che costituire un argine agli “eccessi di controllo penale”, sembra piuttosto alimentare certe tendenze. Si tratterebbe del potere dello Stato più forte che si sia mai avuto in un ordinamento costituzionale dell’epoca contemporanea. E la politica non credo proprio sia disposta ad accettare tutto questo per tanto tempo", dice Morosini. Che aggiunge: "Anche l’Alta Corte, per come congegnata, è una opzione non condivisibile. Negli anni passati si era immaginata come un organismo costituzionale chiamato ad occuparsi della responsabilità disciplinare di tutte le magistrature: ordinaria, amministrativa e contabile. Ora è prevista solo per i magistrati ordinari, peraltro con una composizione togata che coinvolge solo magistrati della Cassazione, ancora una volta per sorteggio. Per certi versi, un ritorno al passato precostituzionale, con una magistratura gerarchizzata e non con magistrati che si distinguono solo per le funzioni che svolgono". (di Elvira Terranova)
Roma, 17 gen. (Adnkronos) - "Ho letto le carte e il provvedimento del Collegio di Garanzia e ho consigliato ad Alessandra Todde di citare per danni i firmatari che a maggioranza hanno concluso per la sua decadenza". Lo dice Giuseppe Conte ai cronisti arrivando a Montecitorio per la riunione della Giunta per le elezioni.
Il leader M5S si schiera a difesa della presidente della regione Sardegna: "Noi confidiamo sempre nella magistratura ed è per questo che le ho suggerito di chiedere al Tribunale civile di pronunciarsi perché accerti se ci siano dei profili di colpa dei firmatari del Collegio di Garanzia, che è un organo amministrativo, per avere tratto una conclusione palesemente illegittima e infondata, che non ha riscontro in nessuna previsione di legge”.
Milano, 17 gen. (Adnkronos) - Una pausa 'tecnica' per definire dettagli sulle posizioni che hanno chiesto di patteggiare - una persona fisica e due società (l'ex consigliere Federico Celoria, Visibilia Editore ed Editrice) - e poi alle ore 12 la gup di Milano Anna Magelli fornirà l'esatta indicazioni dei tempi della decisione sulla ministra del Turismo Daniela Santanché, indagata per falso in bilancio nella vicenda che riguarda i conti di Visibilia Editore, gruppo da lei fondato e da cui ha dismesso le cariche nel 2022, e di recente anche le quote.
A rischio processo, oltre alla senatrice di Fratelli d'Italia anche, tra gli altri, il compagno Dimitri Kunz, la sorella Fiorella Garnero e la nipote Silvia Garnero, l'ex compagno della ministra Canio Giovanni Mazzaro che hanno avuto ruoli all'interno della spa. Prima della pausa, la giudice ha ritenuto inammissibile perché tardiva una memoria presentata dalla procura rappresentata dai pm Luigi Luzi e Maria Giuseppina Gravina.
Roma, 17 gen. (Adnkronos) - A Ravenna il primo progetto CCS-Carbon Capture and Storage in Italia. Ovvero il processo che attraverso cattura, trasporto e stoccaggio della CO2 ha come obiettivo la decarbonizzazione delle industrie, in particolare dei settori cosiddetti ‘hard to abate’, evitando l’emissione in atmosfera di importanti quantità di anidride carbonica.
Negli scenari Iea, la CCS e la Cdr-Carbon Dioxide Removal (processo di rimozione attiva dell’anidride carbonica dall’atmosfera che comprende soluzioni tecnologiche e basate sulla natura) contribuiranno a una riduzione dell’8% delle emissioni di CO2 globali tra il 2020 e il 2050. A sua volta, The European House-Ambrosetti stima che elettrificazione, efficienza energetica, bioenergie, idrogeno e variazione delle materie prime potranno, utilizzate insieme, contribuire a una riduzione non superiore al 52% di tali emissioni. Per poter decarbonizzare il restante 48%, pari a 30,8 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, sarà dunque necessario ricorrere a soluzioni CCS. (AUDIO)
Ma in cosa consistono queste soluzioni? La prima fase è quella della cattura, durante la quale l’anidride carbonica viene separata dagli altri gas con i quali è mescolata, ad esempio in seguito ad un processo di combustione. Una volta separata dagli altri gas, la CO2 viene compressa per permetterne il trasporto, solitamente tramite condotte ma anche via mare (nave) o via terra (trasporto su gomma o ferroviario). A questo punto può essere utilizzata per usi industriali, come ad esempio nella produzione di materiale cementizio o di biomassa per l’industria alimentare, e si parla allora di CCU (Carbon Capture and Utilization), oppure stoccata all’interno di formazioni geologiche sotterranee, come per esempio i giacimenti di idrocarburi esauriti o acquiferi salini: in questo caso si parla quindi di CCS (Carbon Capture and Storage).
“La fase 1 del progetto Ravenna CCS è stata avviata ad agosto 2024; è il primo progetto di questo tipo operativo in Italia e uno dei primi della nuova generazione in Europa. È un progetto articolato in più fasi ed entro il 2030 raggiungeremo la capacità di iniezione di 4 milioni di tonnellate all'anno. Ravenna CCS contribuirà in modo determinante alla decarbonizzazione dell'industria sia italiana che europea, candidandosi a diventare l'hub di riferimento per il sud Europa e per il Mediterraneo”, spiega Roberto Ferrario, responsabile Soluzioni Innovative di CCUS di Eni.
Il progetto, nato da una Joint Venture paritetica Eni-Snam e operato da Eni, si esplica mediante la conversione dei giacimenti esausti di gas, operati da Eni, situati nell’alto Mar Adriatico. L’hub di Ravenna diventerà il sito di riferimento del Mediterraneo per lo stoccaggio permanente della CO2 con una capacità totale ad oggi valutata in oltre 500 milioni di tonnellate.
La Fase 1 è partita nell’agosto del 2024 con l’iniezione ai fini dello stoccaggio permanente nel giacimento esausto di gas di Porto Corsini Mare Ovest, al largo di Ravenna, di circa 25mila tonnellate all'anno di CO2, catturate dalla centrale a gas Eni di Casal Borsetti. La successiva fase industriale permetterà alle industrie energivore interessate di catturare e stoccare la loro CO2: entro il 2030 sarà possibile raggiungere una capacità di stoccaggio di 4 milioni di tonnellate all’anno; successivamente ulteriori espansioni potranno portare i volumi a più di 16 milioni di tonnellate di CO2, in base alle richieste provenienti dal mercato.
Snam ha promosso, in collaborazione con Eni e con Confindustria, un’indagine sul potenziale mercato della CCS, per individuare gli emettitori potenzialmente interessati al progetto e a conoscerne le esigenze: sono state raccolte manifestazioni di interesse non vincolante da parte di 61 aziende, per un totale di 172 siti industriali sul territorio italiano. I volumi di CO2 per cui è stato espresso interesse al trasporto e allo stoccaggio nel sito sono pari a 27 Mton/anno al 2030 e 34 Mton/anno al 2040.
Un interesse che va anche oltre confine. ‘Ravenna CCS’ è parte, infatti, del progetto Callisto (Carbon LIquefaction transportation and STOrage) Mediterranean CO2 che mira a realizzare il più grande network nel Mediterraneo per la cattura, il trasporto e lo stoccaggio di CO2 offrendo una soluzione di decarbonizzazione dei distretti industriali di Ravenna, Ferrara, Porto Marghera, oltre a Fos sur Mer (Marsiglia) e Valle del Rodano in Francia.
Secondo lo Studio Strategico ‘Carbon Capture and Storage: una leva strategica per la decarbonizzazione e la competitività industriale’ realizzato nel 2023 da The European House - Ambrosetti, l’utilizzo della CCS contribuirà a preservare la competitività dei settori hard to abate in Italia (acciaierie, cementifici, chimica, carta, vetro, ecc...), che rappresentano 94 miliardi di euro di Valore Aggiunto (5% del Pil italiano, dato 2021) e 1,25 milioni di occupati (4,5% della forza lavoro nazionale, dato 2021) e che, al contempo, emettono 63,7 milioni di tonnellate di CO2, di cui il 22% connesse intrinsecamente al processo produttivo e che non sono, quindi, evitabili attraverso l’elettrificazione. Settori che sono fondamentali per le nostre economie e per la società in generale e che in Italia sono responsabili di oltre il 60% delle emissioni di gas serra dell’industria e del 13% circa del totale nazionale.
La CCUS nel mondo. Ai due progetti di CCS già operativi da molti anni in Norvegia (Sleipner dal 1996 e Snohvit dal 2008) oggi se ne sono aggiunti molti altri in via di sviluppo. Tra questi, il progetto Northern Lights, sempre in Norvegia, che a partire dal 2025 stoccherà sotto il Mare del Nord progressivamente fino a circa 5 milioni di tonnellate di emissioni l’anno, provenienti da numerosi emettitori del Nord Europa. In Danimarca è in fase avanzata il progetto Greensand, con avvio previsto nello stesso anno, mentre in Olanda sono in via di sviluppo il Progetto Porthos nell’area del porto di Rotterdam ed il progetto Aramis. Il Regno Unito punta a sviluppare 4 hub di cattura entro il 2030 mentre numerosi altri progetti stanno nascendo in Europa anche grazie al sostegno dei fondi comunitari.
La strategia di Eni verso la neutralità carbonica è articolata in un piano di trasformazione industriale che si basa su più soluzioni. La CCUS è una di queste, assieme a rinnovabili, biocarburanti, efficienza energetica, un mix energetico che privilegi le fonti meno emissive come il gas in sostituzione di carbone e petrolio, vettori ‘low-zero carbon’ e carbon offset per quelle emissioni residuali che non si riusciranno ad evitare. Eni è già partner del progetto Sleipner in Norvegia. In UK, Eni è partner del progetto HyNet North West che prevede la trasformazione del distretto industriale nell’area della Liverpool Bay sulla costa nord-occidentale nel primo cluster a basse emissioni di anidride carbonica al mondo.
Roma, 17 gen. (Adnkronos) - A Ravenna il primo progetto CCS-Carbon Capture and Storage in Italia. Ovvero il processo che attraverso cattura, trasporto e stoccaggio della CO2 ha come obiettivo la decarbonizzazione delle industrie, in particolare dei settori cosiddetti ‘hard to abate’, evitando l’emissione in atmosfera di importanti quantità di anidride carbonica.
Negli scenari Iea, la CCS e la Cdr-Carbon Dioxide Removal (processo di rimozione attiva dell’anidride carbonica dall’atmosfera che comprende soluzioni tecnologiche e basate sulla natura) contribuiranno a una riduzione dell’8% delle emissioni di CO2 globali tra il 2020 e il 2050. A sua volta, The European House-Ambrosetti stima che elettrificazione, efficienza energetica, bioenergie, idrogeno e variazione delle materie prime potranno, utilizzate insieme, contribuire a una riduzione non superiore al 52% di tali emissioni. Per poter decarbonizzare il restante 48%, pari a 30,8 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, sarà dunque necessario ricorrere a soluzioni CCS. (AUDIO)
Ma in cosa consistono queste soluzioni? La prima fase è quella della cattura, durante la quale l’anidride carbonica viene separata dagli altri gas con i quali è mescolata, ad esempio in seguito ad un processo di combustione. Una volta separata dagli altri gas, la CO2 viene compressa per permetterne il trasporto, solitamente tramite condotte ma anche via mare (nave) o via terra (trasporto su gomma o ferroviario). A questo punto può essere utilizzata per usi industriali, come ad esempio nella produzione di materiale cementizio o di biomassa per l’industria alimentare, e si parla allora di CCU (Carbon Capture and Utilization), oppure stoccata all’interno di formazioni geologiche sotterranee, come per esempio i giacimenti di idrocarburi esauriti o acquiferi salini: in questo caso si parla quindi di CCS (Carbon Capture and Storage).
“La fase 1 del progetto Ravenna CCS è stata avviata ad agosto 2024; è il primo progetto di questo tipo operativo in Italia e uno dei primi della nuova generazione in Europa. È un progetto articolato in più fasi ed entro il 2030 raggiungeremo la capacità di iniezione di 4 milioni di tonnellate all'anno. Ravenna CCS contribuirà in modo determinante alla decarbonizzazione dell'industria sia italiana che europea, candidandosi a diventare l'hub di riferimento per il sud Europa e per il Mediterraneo”, spiega Roberto Ferrario, responsabile Soluzioni Innovative di CCUS di Eni.
Il progetto, nato da una Joint Venture paritetica Eni-Snam e operato da Eni, si esplica mediante la conversione dei giacimenti esausti di gas, operati da Eni, situati nell’alto Mar Adriatico. L’hub di Ravenna diventerà il sito di riferimento del Mediterraneo per lo stoccaggio permanente della CO2 con una capacità totale ad oggi valutata in oltre 500 milioni di tonnellate.
La Fase 1 è partita nell’agosto del 2024 con l’iniezione ai fini dello stoccaggio permanente nel giacimento esausto di gas di Porto Corsini Mare Ovest, al largo di Ravenna, di circa 25mila tonnellate all'anno di CO2, catturate dalla centrale a gas Eni di Casal Borsetti. La successiva fase industriale permetterà alle industrie energivore interessate di catturare e stoccare la loro CO2: entro il 2030 sarà possibile raggiungere una capacità di stoccaggio di 4 milioni di tonnellate all’anno; successivamente ulteriori espansioni potranno portare i volumi a più di 16 milioni di tonnellate di CO2, in base alle richieste provenienti dal mercato.
Snam ha promosso, in collaborazione con Eni e con Confindustria, un’indagine sul potenziale mercato della CCS, per individuare gli emettitori potenzialmente interessati al progetto e a conoscerne le esigenze: sono state raccolte manifestazioni di interesse non vincolante da parte di 61 aziende, per un totale di 172 siti industriali sul territorio italiano. I volumi di CO2 per cui è stato espresso interesse al trasporto e allo stoccaggio nel sito sono pari a 27 Mton/anno al 2030 e 34 Mton/anno al 2040.
Un interesse che va anche oltre confine. ‘Ravenna CCS’ è parte, infatti, del progetto Callisto (Carbon LIquefaction transportation and STOrage) Mediterranean CO2 che mira a realizzare il più grande network nel Mediterraneo per la cattura, il trasporto e lo stoccaggio di CO2 offrendo una soluzione di decarbonizzazione dei distretti industriali di Ravenna, Ferrara, Porto Marghera, oltre a Fos sur Mer (Marsiglia) e Valle del Rodano in Francia.
Secondo lo Studio Strategico ‘Carbon Capture and Storage: una leva strategica per la decarbonizzazione e la competitività industriale’ realizzato nel 2023 da The European House - Ambrosetti, l’utilizzo della CCS contribuirà a preservare la competitività dei settori hard to abate in Italia (acciaierie, cementifici, chimica, carta, vetro, ecc...), che rappresentano 94 miliardi di euro di Valore Aggiunto (5% del Pil italiano, dato 2021) e 1,25 milioni di occupati (4,5% della forza lavoro nazionale, dato 2021) e che, al contempo, emettono 63,7 milioni di tonnellate di CO2, di cui il 22% connesse intrinsecamente al processo produttivo e che non sono, quindi, evitabili attraverso l’elettrificazione. Settori che sono fondamentali per le nostre economie e per la società in generale e che in Italia sono responsabili di oltre il 60% delle emissioni di gas serra dell’industria e del 13% circa del totale nazionale.
La CCUS nel mondo. Ai due progetti di CCS già operativi da molti anni in Norvegia (Sleipner dal 1996 e Snohvit dal 2008) oggi se ne sono aggiunti molti altri in via di sviluppo. Tra questi, il progetto Northern Lights, sempre in Norvegia, che a partire dal 2025 stoccherà sotto il Mare del Nord progressivamente fino a circa 5 milioni di tonnellate di emissioni l’anno, provenienti da numerosi emettitori del Nord Europa. In Danimarca è in fase avanzata il progetto Greensand, con avvio previsto nello stesso anno, mentre in Olanda sono in via di sviluppo il Progetto Porthos nell’area del porto di Rotterdam ed il progetto Aramis. Il Regno Unito punta a sviluppare 4 hub di cattura entro il 2030 mentre numerosi altri progetti stanno nascendo in Europa anche grazie al sostegno dei fondi comunitari.
La strategia di Eni verso la neutralità carbonica è articolata in un piano di trasformazione industriale che si basa su più soluzioni. La CCUS è una di queste, assieme a rinnovabili, biocarburanti, efficienza energetica, un mix energetico che privilegi le fonti meno emissive come il gas in sostituzione di carbone e petrolio, vettori ‘low-zero carbon’ e carbon offset per quelle emissioni residuali che non si riusciranno ad evitare. Eni è già partner del progetto Sleipner in Norvegia. In UK, Eni è partner del progetto HyNet North West che prevede la trasformazione del distretto industriale nell’area della Liverpool Bay sulla costa nord-occidentale nel primo cluster a basse emissioni di anidride carbonica al mondo.