di Stefano Briganti
Nel conflitto russo-ucraino siamo alla vigilia di un cambiamento che non può che essere accolto con favore: una decisa virata verso una soluzione negoziata. Cambiamento però non dovuto ad una modifica della posizione Ue, confermata a larga maggioranza dal Parlamento Europeo il 24 febbraio 2024: “La Ue deve supportare l’Ucraina con tutto ciò che le occorre per far vincere la guerra a Kiev”. Posizione già sostenuta da Josep Borrell un anno prima alla riunione plenaria del parlamento europeo: “Per raggiungere la pace dobbiamo continuare a fornire supporto militare all’Ucraina e dobbiamo aumentarlo. Per vincere la pace dobbiamo prima vincere la guerra. Dobbiamo supportare militarmente l’Ucraina e fare tutti gli sforzi possibili da un punto di vista diplomatico”. Sappiamo bene che in due anni non è stato fatto alcuno sforzo diplomatico, anzi si è detto che “una trattativa con Mosca avrebbe significato assegnargli una vittoria” (Von der Leyen).
Ma lo scorso anno Biden, colui che disse: “c’è una battaglia tra autocrazia e democrazia e la democrazia vincerà”, lascia la presidenza Usa dopo aver stanziato per Kiev 183 miliardi di dollari per armi e aiuti. Biden, il presidente per il quale si doveva infliggere una “sconfitta strategica alla Russia, distruggerne l’economia e rendere Putin un pariah internazionale” (24 febbraio 2022), lascia la presidenza a Trump. Sicuramente, se fosse rimasto in carica, non ci sarebbe l’attuale apertura verso una soluzione negoziata.
Trump, presidente pragmatico che guarda al dollaro e non all’ideologia anti-russa che invece permea il dna del suo predecessore, ha capito che continuare la guerra non è interesse degli Usa. Chiedendo che la spesa europea per gli armamenti Nato debba passare al 5% annuo del Pil Ue (+510 miliardi di euro), assicura alla propria industria bellica più denaro di quanto gliene possa assicurare la guerra in Ucraina. Sa bene che una larga fetta della ricostruzione ucraina andrà agli Usa (Blackrock, Vanguard, McKinsey) e che ormai la Ue dipende dal Gnl Usa. Con questi presupposti, per Washington ora la guerra può finire attraverso una trattativa, per poi lasciare la gestione della Russia post-guerra all’asservita Europa.
In questo scenario la Ue, bellicista non per interesse ma per servilismo, si dibatte alla ricerca di un suo ruolo e di una qualche formula che le permetta di abiurare a quella che fino a ottobre 2024 era la sua linea guerresca “whatever it takes” e cercare un simulacro di “vittoria”, perché è chiaro che i 110 miliardi di dollari Usa ed Europa spesi in armi per Kiev e la guerra commerciale contro Mosca non porteranno l’Ucraina alla vittoria. Ora è lo stesso Zelensky ad ammettere che è impossibile raggiungere l’obiettivo/mantra confermato nel 2023 a Vilnius dai paesi Nato: “La Russia deve immediatamente fermare questa guerra illegale di aggressione e ritirare completamente e senza condizioni il suo esercito e le sua armi dal territorio ucraino all’interno dei confini riconosciuti internazionalmente”. Per questo obiettivo fallito sono morte centinaia di migliaia di persone, un intero paese devastato e l’Ue che ha pagato un prezzo importante (130 miliardi di euro stanziati).
Ora si cambia narrativa perché dagli Usa arriva l’ipotesi di una secessione ucraina da portare al tavolo della trattativa: una nuova ucraina cosiddetta “sovrana” con nuovi confini e i territori conquistati dai russi sotto il controllo di Mosca e del suo esercito. La “vittoria” potrà allora essere quella di aver mantenuto una “sovranità” ucraina, ma non la sua integrità e già Macron spinge in tal senso con Zelensky. Il ruolo dell’Europa è delineato: iperarmarsi e diventare il guardiano dei nuovi confini della polveriera ucraina da dove verosimilmente partirà la scintilla di quella che in tanti in Europa dicono sarà la “inevitabile guerra con la Russia”.
Usando le parole di Borrell a Kiev a febbraio 2024, “c’è una battaglia di narrativa. La battaglia di cervelli. Dobbiamo conquistare i cervelli”. La battaglia per conquistare i cervelli a questa nuova narrativa è già iniziata.