Nella celebre poesia di Kostantin Kavafis Aspettando i barbari, tutto il popolo è riunito in piazza: le donne indossano i loro abiti migliori, i gioielli più ricchi, gli uomini hanno preparato grandi discorsi: “Che aspettiamo, raccolti nella piazza? / Oggi arrivano i barbari… / S’è fatta notte, e i barbari non sono più venuti. / Taluni sono giunti dai confini, / han detto che di barbari non ce ne sono più. / E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi? / Era una soluzione, quella gente”.
Versi che sembrano scritti apposta per descrivere la situazione della sinistra italiana, e non solo, che continua a svenarsi nell’attaccare le tante, tantissime nefandezze della destra di governo, senza però mai proporre una narrazione alternativa. È inutile criticare Meloni & C per le politiche sull’immigrazione, senza però mettere sul piatto qualche idea concreta su come affrontare questo fenomeno. Lo stesso vale per le accuse di sudditanza verso gli Stati Uniti, sacrosante, ma occorre avere una qualche idea di politica estera diversa. Non parliamo poi della posizione nei confronti dei conflitti internazionali, a proposito dei quali l’ambiguità della sinistra tra un pacifismo timidamente evocato e un appoggio condizionato alle forniture di armi, rende ancora più opaca la posizione del Pd.
Assistiamo alla riproposizione della strategia – perdente – contro Berlusconi, alla costruzione di una retorica che si limita ad attaccare l’avversario, finendo per scivolare sul suo terreno di gioco, nel farsi dettare l’agenda da lui, mossa che risulta inevitabilmente perdente. Se la sinistra si dimentica di essere sinistra e gioca con gli schemi della destra, la gente finirà per scegliere l’originale. Questo è uno scenario che abbiamo già visto. Non basta puntare il dito per indicare il cattivo.
La demonizzazione del nemico sta alla base di tutte le forme di accuse di stregoneria: immaginare che esista qualcuno di cattivo, diverso da noi, fuori dai nostri ambiti, per poterci pensare buoni. Così come i barbari servono a pensarci civili, i neri e pensarci bianchi e così via. Una strategia, peraltro, adottata molte volte in politica estera: quante volte abbiamo visto governi imbarcarsi in guerre o scontri dialettici con un ipotetico nemico, per fare passare in secondo piano i problemi interni? Dalle Falkland a Gaza l’elenco è lungo.
È questa la sindrome che colpisce la sinistra italiana e in particolare il Pd, ma è una sindrome monca, a metà. La costruzione dell’altro come icona del male dovrebbe servire a una costruzione speculare e opposta del “noi”, definito per sottrazione e pertanto migliore. Non è così e non lo sarà fino a quando non si riuscirà a proporre una visione diversa della società. Sembra che la parola “ideologia” sia diventata tabù, ma in fondo cos’è un’ideologia se non il sogno di un’umanità a cui aspirare? La politica, oggi, ha il fiato corto, è vero, ma è falso che sia finita l’epoca delle ideologie, delle grandi narrazioni.
La realtà è che c’è solo un’ideologia dominante ed è quella del capitalismo liberista, che nella sua versione più attuale, definita anarco-capitalismo, risulta quanto mai pericolosa per ogni forma di democrazia. Se la sinistra non è capace, dimenticando Blair e la terza via, di immaginare un futuro diverso, una società fondata su valori che non siano solo l’utilitarismo, se si limita ad attaccare le manifestazioni più teatrali della destra, senza colpirne i contenuti, la battaglia è persa.
Diritti, uguaglianza, solidarietà: sono questi i terreni su cui bisogna costruire una visione del domani condivisa, che parta dai giovani, che restituisca dignità al lavoro e soprattutto che si batta per dei diritti collettivi di tutti, non solo delle minoranze. La frammentazione della domanda di diritti indebolisce ogni sforzo, ma soprattutto occorre ripartire dal principio che tali diritti non sono dovuti solo perché ci si considera discriminati, oppressi, minoranza: sono dovuti perché è giusto, perché stanno nella nozione fondamentale di umanità. Ed è questa nozione che deve fare da timone a una sinistra che si voglia proporre come alternativa al modello dominante.
Non basta aspettare i barbari per sembrare civili, come non basta attaccare la destra, per essere di sinistra.
Marco Aime
Antropologo e scrittore
Politica - 15 Gennaio 2025
Contro Meloni una strategia già vista: non basta aspettare i barbari per sembrare civili
Nella celebre poesia di Kostantin Kavafis Aspettando i barbari, tutto il popolo è riunito in piazza: le donne indossano i loro abiti migliori, i gioielli più ricchi, gli uomini hanno preparato grandi discorsi: “Che aspettiamo, raccolti nella piazza? / Oggi arrivano i barbari… / S’è fatta notte, e i barbari non sono più venuti. / Taluni sono giunti dai confini, / han detto che di barbari non ce ne sono più. / E adesso, senza barbari, cosa sarà di noi? / Era una soluzione, quella gente”.
Versi che sembrano scritti apposta per descrivere la situazione della sinistra italiana, e non solo, che continua a svenarsi nell’attaccare le tante, tantissime nefandezze della destra di governo, senza però mai proporre una narrazione alternativa. È inutile criticare Meloni & C per le politiche sull’immigrazione, senza però mettere sul piatto qualche idea concreta su come affrontare questo fenomeno. Lo stesso vale per le accuse di sudditanza verso gli Stati Uniti, sacrosante, ma occorre avere una qualche idea di politica estera diversa. Non parliamo poi della posizione nei confronti dei conflitti internazionali, a proposito dei quali l’ambiguità della sinistra tra un pacifismo timidamente evocato e un appoggio condizionato alle forniture di armi, rende ancora più opaca la posizione del Pd.
Assistiamo alla riproposizione della strategia – perdente – contro Berlusconi, alla costruzione di una retorica che si limita ad attaccare l’avversario, finendo per scivolare sul suo terreno di gioco, nel farsi dettare l’agenda da lui, mossa che risulta inevitabilmente perdente. Se la sinistra si dimentica di essere sinistra e gioca con gli schemi della destra, la gente finirà per scegliere l’originale. Questo è uno scenario che abbiamo già visto. Non basta puntare il dito per indicare il cattivo.
La demonizzazione del nemico sta alla base di tutte le forme di accuse di stregoneria: immaginare che esista qualcuno di cattivo, diverso da noi, fuori dai nostri ambiti, per poterci pensare buoni. Così come i barbari servono a pensarci civili, i neri e pensarci bianchi e così via. Una strategia, peraltro, adottata molte volte in politica estera: quante volte abbiamo visto governi imbarcarsi in guerre o scontri dialettici con un ipotetico nemico, per fare passare in secondo piano i problemi interni? Dalle Falkland a Gaza l’elenco è lungo.
È questa la sindrome che colpisce la sinistra italiana e in particolare il Pd, ma è una sindrome monca, a metà. La costruzione dell’altro come icona del male dovrebbe servire a una costruzione speculare e opposta del “noi”, definito per sottrazione e pertanto migliore. Non è così e non lo sarà fino a quando non si riuscirà a proporre una visione diversa della società. Sembra che la parola “ideologia” sia diventata tabù, ma in fondo cos’è un’ideologia se non il sogno di un’umanità a cui aspirare? La politica, oggi, ha il fiato corto, è vero, ma è falso che sia finita l’epoca delle ideologie, delle grandi narrazioni.
La realtà è che c’è solo un’ideologia dominante ed è quella del capitalismo liberista, che nella sua versione più attuale, definita anarco-capitalismo, risulta quanto mai pericolosa per ogni forma di democrazia. Se la sinistra non è capace, dimenticando Blair e la terza via, di immaginare un futuro diverso, una società fondata su valori che non siano solo l’utilitarismo, se si limita ad attaccare le manifestazioni più teatrali della destra, senza colpirne i contenuti, la battaglia è persa.
Diritti, uguaglianza, solidarietà: sono questi i terreni su cui bisogna costruire una visione del domani condivisa, che parta dai giovani, che restituisca dignità al lavoro e soprattutto che si batta per dei diritti collettivi di tutti, non solo delle minoranze. La frammentazione della domanda di diritti indebolisce ogni sforzo, ma soprattutto occorre ripartire dal principio che tali diritti non sono dovuti solo perché ci si considera discriminati, oppressi, minoranza: sono dovuti perché è giusto, perché stanno nella nozione fondamentale di umanità. Ed è questa nozione che deve fare da timone a una sinistra che si voglia proporre come alternativa al modello dominante.
Non basta aspettare i barbari per sembrare civili, come non basta attaccare la destra, per essere di sinistra.
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Palermo, 24 gen. (Adnkronos) - Il Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza di Palermo presieduto dal prefetto Massimo Mariani ha disposto oggi di assegnare una scorta all'inviato di Repubblica Salvo Palazzolo, oggetto di minacce per le sue inchieste sui boss scarcerati. Nei giorni scorsi al giornalista era stato comunicato dalla Squadra mobile di essere oggetto di "gravi ostilita'" emerse nel corso di alcune indagini.
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - "Meloni si dice coerente su tutto, ma è la campionessa mondiale di incoerenza". Lo dice Matteo Renzi in diretta su Instagram.
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - "L'atteggiamento di Giorgia Meloni in questi giorni è insopportabile. A dicembre 2024 Meloni va ad Atreju e dice che i centri migranti funzioneranno, perchè bisogna sconfiggere la mafia dei trafficanti di migranti. E cosa accade ora? Accade che la scorsa settimana uno di quei criminali, che la Corte Penale Internazionale definisce trafficante e torturatore, viene arrestato dai poliziotti e la Meloni lo libera, con un volo di Stato, a spese nostre". Così Matteo Renzi in una diretta su Instagram.
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - "Se il governo abbassa le tasse, io sono contento. Ma quando hai un livello di ipocrisia come quello che abbiamo visto, mi arrabbio e lo dico. C'è un governo indecente con un sottosegretario alla Giustizia condannato, un ministro dei Trasporti che va benino sulle dirette di Tik Tok, ma non nella gestione dei trasporti". Lo dice Matteo Renzi in diretta su Instagram. "Se vogliono cacciare la Santanchè perchè rinviata a giudizio, allora devono mandare a casa anche Delmastro che è rinviato a giudizio. Meloni ha due pesi e due misure".
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - Uniti si vince. Anzi, no. Divisi si vince. Dario Franceschini dal suo nuovo ufficio ex-officina, spariglia. "I partiti che formano la possibile alternativa alla destra sono diversi e lo resteranno. È inutile fingere che si possa fare un’operazione come fu quella dell’Ulivo. L’Ulivo non tornerà". E allora meglio andare "al voto ognuno per conto suo, valorizzando le proprie proposte e l’aspetto proporzionale della legge elettorale" e sul terzo dei seggi assegnati con l'uninomiale "è sufficiente stringere un accordo", la proposta di Franceschini. Che si rivolge pure a Forza Italia: "Ha il biglietto della lotteria in tasca, ma non lo sa", con il proporzionale "sarebbe arbitra dei governi per i prossimi vent’anni".
"Volpone...", commenta Matteo Renzi. Carlo Calenda condivide l'analisi sul marciare divisi, Angelo Bonelli la boccia mentre dal Movimento 5 Stelle si fa sapere che l'intervista all'ex-ministro del Conte II è stata letta "con attenzione", vista come "prospettiva compatibile con le richieste della nostra comunità", quindi un’opzione su cui "è possibile un confronto". Nel Pd ha infiammato le chat ma la reazione ai attesta tra lo stupore e il silenzio, al momento. A partire dalla segretaria. Plasticamente impegnata in quanto di più lontano da riflessioni di alchimia politica, posta sui social le foto dell'incontro oggi a Porto Marghera con i lavoratori del petrolchimico, settore in allarme. "Eni sta dismettendo la chimica di base in Italia con l’assenso del governo Meloni, che resta a guardare. Grazie a questi lavoratori per l’incontro, il Pd è al loro fianco", scrive Schlein su Instagram.
Tuttavia, si riferisce, che stamattina ci sarebbero state interlocuzioni con Franceschini sull'intervista. E l'ex-ministro avrebbe rassicurato sulle sue buone intenzioni. Quel "marciare divisi" non andrebbe letto come una sconfessione della "testardamente unitaria" Schlein. Il senso dell'operazione sarebbe quello di dare un fermo, uno stop al dibattito che si sta alimentando nelle ultime settimane - giudicato inutile e maliziosamente dannoso - sul federatore, sulla coalizione e anche su un ipotetico partito dei cattolici. Una forza moderata sarebbe utile ma, sottolinea Franceschini, "noi cattolici democratici, non possiamo che restare in una forza progressista come ci hanno insegnato Zaccagnini e Granelli". E quindi un assist alla segretaria, si assicura.
Detto questo, non a pochi nel Pd, la proposta del "marciare divisi" è apparsa quanto meno eccentrica di fronte a una coalizione di centrodestra guidata da una leader, almeno al momento, molto forte. "Lei parla con Trump e noi ci presentiamo al voto divisi, a darci addosso l'un l'altro?". E comunque ancor più prosaicamente c'è chi fa notare come "senza alleanze, con questa legge elettorale, hai automaticamente perso". E' la matematica e il voto del 2022 docet. Riflessioni che restano riservate. "Nessuno vuol ribattere a un dirigente storico del Pd".
Anche il passaggio su Forza Italia sembra un po' fuori sincrono. Certo, osserva Matteo Renzi, "se Forza Italia accettasse di avere il sistema proporzionale governerebbe per anni perché si entrerebbe in un sistema in cui si creerebbero le maggioranze in Parlamento". Ma che gli azzurri si sfilino dal centrodestra, non sembra alle viste. Franceschini "prova a sedurre con una danza del ventre evocando il proporzionale puro", dice Alessandro Sorte, ma "Forza Italia è" già "l'unico vero centro e oggi ha un ruolo fondamentale".
Per Bonelli la proposta dell'ex-ministro non convince: "Non sarà l'Ulivo, non sarà il programma di 300 pagine dell'Unione, ma un minimo comun denominatore con cui presentarsi alle elezioni e battere la destra serve. E' quello che abbiamo fatto alle regionali in Sardegna, Umbria, Emilia. E quello su cui lavoreremo per le prossime regionali che ci attendono. Perché lo stesso schema non deve valere per le politiche?". Nel Pd a parlare in chiaro, in Tv, è Debora Serracchiani secondo cui l'ipotesi di Franceschini è "da valutare" e "credo abbia detto una cosa saggia: rafforzare il Pd, pensare alle cose concrete. La segretaria su questo sta dando veramente una linea importante. Invece di costruire a tavolino delle alleanze, cerchiamo di metterci insieme sui temi che ci tengono uniti".
Roma, 24 gen. (Adnkronos) - Uniti si vince. Anzi, no. Divisi si vince. Dario Franceschini dal suo nuovo ufficio ex-officina, spariglia. "I partiti che formano la possibile alternativa alla destra sono diversi e lo resteranno. È inutile fingere che si possa fare un’operazione come fu quella dell’Ulivo. L’Ulivo non tornerà". E allora meglio andare "al voto ognuno per conto suo, valorizzando le proprie proposte e l’aspetto proporzionale della legge elettorale" e sul terzo dei seggi assegnati con l'uninomiale "è sufficiente stringere un accordo", la proposta di Franceschini. Che si rivolge pure a Forza Italia: "Ha il biglietto della lotteria in tasca, ma non lo sa", con il proporzionale "sarebbe arbitra dei governi per i prossimi vent’anni".
"Volpone...", commenta Matteo Renzi. Carlo Calenda condivide l'analisi sul marciare divisi, Angelo Bonelli la boccia mentre dal Movimento 5 Stelle si fa sapere che l'intervista all'ex-ministro del Conte II è stata letta "con attenzione". Nel Pd ha infiammato le chat ma la reazione ai attesta tra lo stupore e il silenzio, al momento. A partire dalla segretaria. Plasticamente impegnata in quanto di più lontano da riflessioni di alchimia politica, posta sui social le foto dell'incontro oggi a Porto Marghera con i lavoratori del petrolchimico, settore in allarme. "Eni sta dismettendo la chimica di base in Italia con l’assenso del governo Meloni, che resta a guardare. Grazie a questi lavoratori per l’incontro, il Pd è al loro fianco", scrive Schlein su Instagram.
Tuttavia, si riferisce, che stamattina ci sarebbero state interlocuzioni con Franceschini sull'intervista. E l'ex-ministro avrebbe rassicurato sulle sue buone intenzioni. Quel "marciare divisi" non andrebbe letto come una sconfessione della "testardamente unitaria" Schlein. Il senso dell'operazione sarebbe quello di dare un fermo, uno stop al dibattito che si sta alimentando nelle ultime settimane - giudicato inutile e maliziosamente dannoso - sul federatore, sulla coalizione e anche su un ipotetico partito dei cattolici. Una forza moderata sarebbe utile ma, sottolinea Franceschini, "noi cattolici democratici, non possiamo che restare in una forza progressista come ci hanno insegnato Zaccagnini e Granelli". E quindi un assist alla segretaria, si assicura.
Detto questo, non a pochi nel Pd, la proposta del "marciare divisi" è apparsa quanto meno eccentrica di fronte a una coalizione di centrodestra guidata da una leader, almeno al momento, molto forte. "Lei parla con Trump e noi ci presentiamo al voto divisi, a darci addosso l'un l'altro?". E comunque ancor più prosaicamente c'è chi fa notare come "senza alleanze, con questa legge elettorale, hai automaticamente perso". E' la matematica e il voto del 2022 docet. Riflessioni che restano riservate. "Nessuno vuol ribattere a un dirigente storico del Pd".
Anche il passaggio su Forza Italia sembra un po' fuori sincrono. Certo, osserva Matteo Renzi, "se Forza Italia accettasse di avere il sistema proporzionale governerebbe per anni perché si entrerebbe in un sistema in cui si creerebbero le maggioranze in Parlamento". Ma che gli azzurri si sfilino dal centrodestra, non sembra alle viste. Franceschini "prova a sedurre con una danza del ventre evocando il proporzionale puro", dice Alessandro Sorte, ma "Forza Italia è" già "l'unico vero centro e oggi ha un ruolo fondamentale".
Per Bonelli la proposta dell'ex-ministro non convince: "Non sarà l'Ulivo, non sarà il programma di 300 pagine dell'Unione, ma un minimo comun denominatore con cui presentarsi alle elezioni e battere la destra serve. E' quello che abbiamo fatto alle regionali in Sardegna, Umbria, Emilia. E quello su cui lavoreremo per le prossime regionali che ci attendono. Perché lo stesso schema non deve valere per le politiche?". Nel Pd a parlare in chiaro, in Tv, è Debora Serracchiani secondo cui l'ipotesi di Franceschini è "da valutare" e "credo abbia detto una cosa saggia: rafforzare il Pd, pensare alle cose concrete. La segretaria su questo sta dando veramente una linea importante. Invece di costruire a tavolino delle alleanze, cerchiamo di metterci insieme sui temi che ci tengono uniti".
(Adnkronos) - Per il pm De Tommasi le indagate avrebbero 'imbeccato' l'imputata - anche usando protocolli con "punteggi già inseriti" - affinché ottenesse una perizia psichiatrica in grado di accertarle un deficit, un'attività difensiva non lecita e che non è andata a buon fine. Le psicologhe sarebbero andate oltre il loro compito, somministrando test "incompatibili con le caratteristiche psichiche effettive della detenuta" e con colloqui "falsamente annotati nel diario clinico", mentre lo psichiatra Garbarini, consulente di parte, l'avrebbe "eterodiretta" nelle risposte da fornire, sostiene l'accusa.
Nell'avviso di conclusione indagini, infine, il pubblico ministero - che ha sentito la compagna di cella Tiziana Morandi, meglio conosciuta come 'la Mantide della Brianza' - sottolinea come l'avvocata Pontenani "invitava Pifferi a simulare in carcere comportamenti e atteggiamenti idonei a far apparire, contrariamente al vero, come una 'fuori di testa' e come una 'mongoloide', al fine di indurre in errore il perito e la Corte che avrebbero dovuto valutarla e giudicarla ed essere ritenuta quantomeno parzialmente incapace di intendere e di volere al momento del fatto".
La chiusura delle indagini arriva a cinque giorni dal processo d'appello, dopo che il primo grado - la perizia disposta dai giudici ha certificato la piena capacità di intendere e volere della 39enne - ha sentenziato l'ergastolo per l'accusa di omicidio della piccola Diana di soli 2 anni.