La Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di condanna Gilberto Cavallini, il quarto Nar accusato della strage di Bologna. Cavallini, 72 anni, per l’accusa fornì alloggio a Francesca Mambro, Giuseppe Valerio Fioravanti e Luigi Ciavardini, prima del massacro della stazione il 2 agosto 1980 (85 morti e 200 feriti), di aver falsificato il documento intestato a Flavio Caggiula, consegnato da Ciavardini a Fioravanti, e di aver messo a disposizione un’auto da Villorba di Treviso a Bologna e ritorno.

La sentenze – Cavallini è stato condannato all’ergastolo in primo e secondo grado e il pg della Cassazione aveva chiesto la conferma del fine pena mai. Il 23 settembre del 2023 per il quarto Nar: Gilberto Cavallini era arrivata conferma della sentenza di primo grado dei giudici dell’Assise di Bologna che nel motivare la condanna a definirono il massacro della stazione “una strage di Stato”, specificando il ruolo dei “Nar compromessi coi servizi segreti” e sottolineando che “depistaggi” riguardarono sono solo la mattanza del 2 agosto 1980 ma che “sono stati la regola da piazza Fontana a Ustica”.

La strage politica – I giudici dell’appello, nel confermare il verdetto di primo grado, in motivazione scrissero: “Può ritenersi che il Gelli – scrive la Corte – tramite i Servizi da lui dipendenti e che a lui rispondevano, finanziò e attuò la strage, servendosi come esecutori di esponenti della destra eversiva (Nar, esponenti di Tp e per quanto da ultimo accertato dalla Corte d’assise di Bologna, anche Avanguardia Nazionale)”. Tutto questo, sottolineano i giudici, “trovando terreno fertile in quei ‘ragazzini’ che in quella fase avevano il convergente interesse, nella loro prospettiva ideologizzata, a ‘disintegrare’ in radice le basi dello Stato democratico, innestandosi in tale intento anche rapporti di tipo economico”. A maggior ragione, quindi, “va riconosciuta la ricorrenza della matrice politica della strage”.

Le prove – I giudici parlano di un “contributo agevolatore” di Cavallini, con “plurimi e continuativi” con i Servizi e la P2, e anche se “non è stato possibile appurare se anche Cavallini si sia recato a Bologna”, quanto accertato “è già pienamente sufficiente, sul piano oggettivo, a configurare un apporto concorsuale”. Così come “è provato che Cavallini fosse ben consapevole di ciò che i sodali sarebbero andati a fare una volta lasciato Treviso”. Nelle motivazioni si legge infine che “l’incontro dei quattro coimputati la sera del 31 luglio e le successive condotte unitariamente tenute sono riprova di una meticolosa preparazione di un evento che li accomunava”, e poiché Cavallini “rivestiva un ruolo apicale” nei Nar, “il gruppo non avrebbe mai aderito (a commettere l’attentato, ndr.) senza il suo pieno consenso e la sua diretta partecipazione”.

Le reazioni – “La sentenza che rende giustizia ai familiari delle vittime, alla comunità emiliano-romagnola e a tutta la Repubblica italiana”, ha detto Andrea Speranzoni, avvocato di parte civile che rappresenta la Regione Emilia Romagna, il Comune di Bologna e 52 familiari di vittime e feriti della strage di Bologna. “Le sentenze che passano in giudicato – aggiunge – sono rilevanti non solo per la condanna alla pena massima e perché riconoscono la sua responsabilità in un atroce delitto, ma perché sono sentenze che hanno potuto scandagliare, scavare e trovare il ruolo di Gilberto Cavallini come cerniera tra il gruppo operativo dei Nar che commette il reato di strage e tutto il nucleo eversivo di Ordine Nuovo veneto responsabile delle prime stragi”. Per il sindaco di Bologna Matteo Lepore, la sentenza “chiude un cerchio e stabilisce definitivamente una verità processuale, delle responsabilità ed un quadro probatorio che sarà sicuramente di grande importanza per continuare a fare luce sulla stagione delle stragi”. In questo momento, aggiunge, “tutta la città si stringe attorno ai familiari delle vittime del 2 agosto e a chi ha consentito di arrivare a questo esito. Giustizia è fatta, questa è una sentenza storica per l’Italia”.

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