“Un predicatore mi ha toccato il cuore. Si chiamava Luis Sepulveda, proprio come il grande scrittore“. Così, in una giornata come altre a Miami, Daniele Scardina ha conosciuto la fede. Che oggi lo accompagna nella sua nuova battaglia. Quando era King Toretto, saliva sul ring per combattere gli avversari con i guantoni. Dopo l’aneurisma che lo ha colpito durante un allenamento il 28 febbraio 2023, la prospettiva è un’altra: “Adesso voglio a tutti i costi camminare di nuovo e dare una gioia a chi mi sostiene”, racconta a Il Venerdì di Repubblica. “Dio mi dà coraggio. Ce ne vuole di più a mostrarsi nella malattia che a salire sul ring. E non sento commiserazione da parte della gente, piuttosto apprezzamento“.

Da Rozzano a Miami, andata e ritorno. King Toretto è diventato grande proprio volando negli Stati Uniti: “A Rozzano, oltre a fare la boxe, montavo e smontavo mobili per una società svizzera. A New York facevo la stessa cosa. E intanto giravo per le palestre. Sono stato anche alla Gleason’s Gym, quella dove si allenava Mike Tyson“. Poi il trasferimento in Florida: “Con mio fratello andavamo a mangiare al Pollo Tropical. Un locale dove, manco a dirlo, si mangiava pollo. Con tanto riso. L’ideale per sfamarsi, non costava un cazzo”. Ma da Miami è partita la sua carriera da professionista: “Alla 5th Street Gym, ci si allenava Muhammad Ali. Trovai Dino Spencer, il proprietario, che ha creduto nelle mie possibilità”, racconta Daniele Scardina.

“A Miami insegnavo la boxe ai disabili e contemporaneamente davo lezioni ad Adriana Lima, una delle donne più belle del mondo, un altro mondo”. Quella era la realtà di King Toretto, ora c’è la nuova vita di Daniele Scardina che però sempre dalla boxe vuole ripartire: “A Rozzano aprirà una palestra, la Scardina Team, la gestirò con la mia famiglia. La boxe insegna molto a livello caratteriale e i ragazzi hanno bisogno di prendere esempio dalla gente giusta, anche se in giro ne vedo poca. Penso che il problema non siano loro, ma i genitori“.

Sua madre, racconta Scardina, lo ha sempre sostenuto, ora insieme alla nonna e al fratello Giò: “Combatto per loro, non voglio deluderli. Del periodo in ospedale la cosa che mi piace ricordare è mia madre che inizia a darmi da mangiare, proprio come faceva quando ero bambino“. Ma ci sono anche i tifosi: “Al ritorno dopo l’ospedale, qui sotto si era radunata un sacco di gente che scandiva il mio nome. Per questo dico grazie a Dio”. Tra i vari racconti, come il primo match da professionista nel carcere La Victoria di Santo Doming – “inizio a combattere e ho tutti contro, dopo cinque minuti gli stessi gridano il mio nome” – c’è spazio anche per la storia con Diletta Leotta: “Match a Milano, prima di salire sul ring ne incrocio lo sguardo. Dopo scopro che mi aveva taggato sui social, le ho scritto e ci siamo iniziati a frequentare. Un colpo di fulmine“.

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