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Csm, chiesta pratica a tutela contro gli attacchi di Nordio ai pm: “Generalizzazioni improprie e gratuite, dal ministro lesione di credibilità”

I membri togati chiedono una presa di posizione dell'organo a tutela della categoria dei magistrati inquirenti, bersaglio di un violento discorso del Guardasigilli in Parlamento
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Difendere l’ordine giudiziario dagli attacchi del ministro della Giustizia. È una richiesta senza precedenti quella dei membri togati del Consiglio superiore della magistratura, che sollecitano una presa di posizione dell’organo a tutela della categoria dei pubblici ministeri, bersaglio di un violento discorso di Carlo Nordio in Parlamento. Nella relazione annuale sullo stato della giustizia, il Guardasigilli ha attaccato ancora una volta i suoi ex colleghi, con la scusa di rispondere a chi sostiene che con la separazione delle carriere il pm diventerebbe un “superpoliziotto“: “Nel sistema attuale esso lo è già, con l’aggravante che godendo delle stesse garanzie del giudice esercita un potere immenso senza alcuna reale responsabilità“, ha detto. “Non solo dirige le indagini, ma addirittura le crea, attraverso la cosiddetta clonazione dei fascicoli, svincolata da qualsiasi parametro e da qualsiasi controllo, che può sottoporre una persona a indagini occulte, eterne e che creano dei disastri anche finanziari irreparabili”, ha sostenuto. E poi, deviando dalla bozza del discorso, ha aggiunto: “Pensiamo a quante inchieste sono state inventate nel vero senso della parola, si sono chiuse con sentenze di assoluzione perché il fatto non sussiste e sono costate milioni e milioni di euro di intercettazioni, ore di lavoro perdute e altro”.

Contro queste frasi le toghe elette al Csm chiedono una difesa istituzionale da parte dell’organo di autogoverno, attraverso lo strumento della cosiddetta “pratica a tutela”. L’istanza è stata depositata dai rappresentanti di tutte le correnti (inclusa Magistratura indipendente, la più vicina al centrodestra) e dal laico Roberto Romboli, costituzionalista eletto in quota Pd. “Intervenendo in Parlamento per la relazione sullo stato della giustizia il ministro Nordio, nel descrivere l’attività del pubblico ministero, ha riferito di “clonazioni” di fascicoli, di indagini “occulte ed eterne”, di “disastri finanziari” descrivendo tali condotte come prassi diffuse e condivise dalle procure della Repubblica”, si legge nel documento indirizzato al Comitato di presidenza. “Ha poi spiegato come i pubblici ministeri siano già “superpoliziotti” che godono, però, delle garanzie dei giudici, proponendo così un’erronea ricostruzione dell’attività del pm e del suo ruolo nell’attuale assetto ordinamentale. “Tali esternazioni”, proseguono i consiglieri, “appaiono, inoltre, ancora più gravi perché provenienti da uno dei titolari dell’azione disciplinare, che ha l’obbligo di segnalare e perseguire le condotte che egli, con impropria e gratuita generalizzazione, pretende di attribuire alla generalità dei pubblici ministeri italiani”.

Per questo, conclude l’istanza, “i sottoscritti consiglieri ritengono che le parole del ministro – pronunciate, peraltro, in una sede istituzionale – integrino un “comportamento lesivo del prestigio e dell’indipendente esercizio della giurisdizione tali da determinare un turbamento alla credibilità della funzione giudiziaria” e richiedono, pertanto, l’apertura di una pratica a tutela”. A deliberare formalmente l’apertura, assegnando la pratica alla Commissione competente (la Prima), dovrà essere il Comitato di presidenza, formato dal vicepresidente del Csm, l’avvocato leghista Fabio Pinelli, e dai due membri di diritto dell’organo, il primo presidente e il procuratore generale della Cassazione. Dal mondo della politica a commentare la vicenda è il deputato di Avs Devis Dori, capogruppo in Commissione Giustizia e presidente della Giunta per le autorizzazioni: “Ieri abbiamo chiesto le dimissioni del ministro Nordio per l’orribile affaire del rilascio del trafficante libico, su cui anche la Corte penale internazionale chiede spiegazioni all’Italia. Oggi torniamo a farlo accusando Nordio di fomentare una guerra interna al sistema giudiziario che non ha nulla a che fare con l’amministrazione della buona giustizia. L’azione intrapresa dal Csm, da tutti i componenti togati di esso, dà il quadro di una situazione insostenibile”, dichiara.

Contro l’iniziativa dei togati si scaglia invece Enrico Aimi, laico eletto in quota Forza Italia: “Apprendo con stupore e sconcerto che alcuni colleghi consiglieri hanno sottoscritto una surreale richiesta di apertura pratica a tutela del prestigio dell’ordine giudiziario in relazione alle dichiarazioni rese dal ministro della Giustizia in Parlamento. A poche ore dalle cerimonie per l’inaugurazione dell’anno giudiziario 2025, queste suggestioni allarmistiche non fanno altro che esacerbare i già tesi rapporti tra magistratura ed esecutivo”, scrive. “Ricordo ai colleghi che il Consiglio superiore della magistratura non è la terza Camera“, aggiunge, mutuando un’espressione già usata dal vicepresidente Pinelli causando non poche polemiche. “Tra i suoi compiti non c’è quello di fare opposizione al governo, biasimando le parole del Ministro pronunciate peraltro nell’Aula del Senato della Repubblica. Capisco che le imminenti elezioni per il rinnovo dei vertici dell’Anm creino un clima da campagna elettorale che porta ad alzare sempre di più l’asticella dello scontro istituzionale, ma a tutto c’è un limite. Siamo all’abc del rapporto di lealtà e reciproco rispetto dei ruoli istituzionali”, attacca.

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