Gli Usa tornano a far parte della Geneva Consensus Declaration creata proprio dal tycoon durante il suo primo mandato alla Casa Bianca
Donald Trump aveva promesso di impegnarsi per cercare di rendere sempre più complicato accedere all’interruzione di gravidanza negli Stati Uniti. “Proteggerò le donne, che a loro piaccia o meno”, aveva ripetuto in campagna elettorale. Così, appena cinque giorni dopo l’entrata in carica, ecco la prima mossa che riscuoterà l’apprezzamento dei gruppi anti-abortisti. Il segretario di Stato, Marco Rubio, ha incaricato la missione Usa di notificare a tutti i Paesi l’intenzione di rientrare nella cosiddetta Geneva Consensus Declaration, come riferisce Politico affermando di essere entrato in possesso della comunicazione. Si tratta di un patto anti-aborto globale lanciato dallo stesso Trump nel corso del suo primo mandato e sponsorizzato da sei Paesi (Stati Uniti, Brasile, Egitto, Ungheria, Indonesia e Uganda). Una iniziativa da cui Joe Biden si era ritirato. Il nuovo presidente ha anche deciso di colpire qualsiasi organo che promuova la diversità e la giustizia ambientale, sull’onda della lotta all’immigrazione e alle restrizioni per la lotta al cambiamento climatico: ha così ordinato alle agenzie federali di chiudere tutti gli uffici, con conseguente licenziamento di tutti i dipendenti, che si occupano di questi temi.
La prima mossa antiabortista di Trump sconfessa di fatto il diritto internazionale in materia di accesso all’interruzione di gravidanza. L’iniziativa mira infatti a limitare l’accesso e il sostegno globale agli aborti affermando che non esiste un diritto internazionale all’interruzione di gravidanza e quindi i Paesi non hanno alcun obbligo di finanziarlo o facilitarlo.
Sul tema della diversità e della salvaguardia ambientale si procede invece con la chiusura degli uffici preposti a gestire i relativi dossier e il licenziamento di lavoratori. Tutti i rami del governo federale degli Stati Uniti, si afferma in una nota del ministero responsabile per i dipendenti pubblici, “devono adottare misure per porre fine, nella misura consentita dalla legge, agli uffici e agli impieghi” incaricati di promuovere la diversità e la giustizia ambientale “entro 60 giorni“. Si tratta di un ulteriore passo avanti dopo la decisione presa mercoledì di mettere in congedo forzato tutti i dipendenti dell’amministrazione federale impegnati nei programmi Deia (Diversità, Equità, Inclusione e Accessibilità). Ora, le agenzie federali “possono e dovrebbero” iniziare il processo di licenziamento di questi lavoratori. Il termine Deia si riferisce agli sforzi per reclutare persone provenienti da minoranze razziali o sessuali e contrastarli è diventato uno degli obiettivi dell’estrema destra americana. La nota include anche il concetto di giustizia ambientale. Questa espressione corrisponde a “un trattamento equo e un coinvolgimento reale di tutti, indipendentemente dal loro reddito, razza, colore, origine nazionale, affiliazione tribale o disabilità” nel processo decisionale all’interno del governo federale. Nel suo primo giorno in carica, Donald Trump ha anche promesso di eliminare le politiche a favore delle persone transgender, affermando che gli Stati Uniti riconosceranno solo “due sessi, maschile e femminile”.