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“Aumenti troppo risicati”: solo la Cisl firma il rinnovo del contratto collettivo degli statali, contrarie Cgil e Uil

L'accordo con l'Aran, sottoscritto anche da Confsal Unsa, Flp e Confintesa Fp, riconosce 165 euro in più per 13 mensili: meno del 6% in più a fronte di un'inflazione di oltre il 16%
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Come da attese, a valle dei negoziati con l’agenzia pubblica Aran il nuovo Contratto collettivo nazionale di lavoro delle funzioni centrali è stato firmato definitivamente solo da Fp-Cisl, Confsal Unsa, Flp e Confintesa Fp, a cui è iscritta una risicata maggioranza di lavoratori pari al 54,6%. Le federazioni dei pubblici di Cgil, Uil e Usb hanno detto no, come preannunciato a fine 2024, perché considerano troppo scarse le risorse messe a disposizione dal governo per alzare gli stipendi dei dipendenti di ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici non economici tra cui Inps e Inail.

L’accordo riconosce un aumento medio di circa 165 euro per 13 mensilità, a partire da febbraio: meno del 6% in più a fronte di un‘inflazione di oltre il 16%, come ha ricordato la Cgil. Sul fronte organizzativo arriva la possibilità, in via sperimentale e “garantendo comunque qualità e livello dei servizi resi all’utenza”, di articolare l’orario di lavoro di 36 ore settimanali su quattro giorni, previa adesione volontaria da parte dei lavoratori. Sarà rafforzato il sistema di incarichi di posizione organizzativa e professionale, con l’obiettivo di valorizzare le competenze professionali dei lavoratori e dare un riconoscimento stabile a coloro cui per almeno 8 anni sia stato affidato un incarico di posizione organizzativa.

Quanto allo smart working, dovrebbero esserci “miglioramenti nella regolamentazione del lavoro a distanza anche mediante un possibile ampliamento delle giornate svolte in tale modalità per i lavoratori che abbiano particolari esigenze di salute o necessità di assistere familiari disabili” e sarà possibile erogare il buono pasto anche per le giornate di lavoro a distanza. Si parla poi della previsione di una nuova clausola sull’ “Age management”, con l’introduzione di strumenti organizzativi atti a valorizzare i punti di forza delle diverse generazioni presenti nelle amministrazioni, affrontare l’invecchiamento della forza lavoro, gestire il prolungamento della vita lavorativa e promuovere le pari opportunità fra lavoratori di diverse fasce di età. I dipendenti pubblici da quest’anno, per decisione del governo, potranno decidere di rimanere al lavoro fino a 70 anni.

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