In soli otto giorni, il mio mondo è cambiato. Mai avevo vissuto la morte in modo così intenso

Non ho mai sperimentato la morte in maniera così intensa e allo stesso tempo scioccante come in questo gennaio. Nessuna perdita, nessun lutto provato prima, mi ha mai colpito nel profondo come gli eventi di questo mese infausto. Solo una ventina di giorni fa, brindavo al nuovo anno, piena di speranza, di buoni propositi e di desideri. Oggi sono qui, seduta su questo divano a sfogare il mio smarrimento su questa pagina, a cercare di dare un senso a tutto quello che è accaduto nell’ultima settimana. Ma forse, come cantava Vasco, un senso non ce l’ha.
Giovedì 16 ho perso una cugina che adoravo, una di quelle persone che hanno una luce speciale e quando entrano in una stanza la illuminano, un’anima bella, forte e coraggiosa che ha nascosto a tutti il suo calvario per risparmiare a chi amava quel dolore che invece scavava profondi solchi dentro di lei. Se n’è andata un giovedì qualunque, sola, in un letto d’ospedale freddo e misero, nel cuore della notte, senza nessuno che le stringesse la mano o che le accarezzasse piano la fronte.
Ci amavamo tantissimo. A distanza di quasi una settimana esatta, anche mia zia materna si è spenta, dopo cinque anni di lotta contro lo stesso male oscuro. Non la vedevo da tempo, da quando ha scoperto di essere malata. Ci siamo sentite tramite messaggi sul telefono, ma in tutti questi anni non ho mai avuto il coraggio di andarla a trovare. Perché sono miseramente umana, egoista e codarda. Ha segnato la mia infanzia, era la sorella minore di mia madre, era quella che faceva delle torte meravigliose, quella paziente, l’insegnante di scuola, quella che al contrario di mia mamma parlava con una calma serafica e la voce fioca. Non l’ho mai chiamata zia, forse perché era la più piccola. Aveva tanta paura di soffrire e non oso immaginare cosa abbia potuto provare nel vedersi ridotta in quello stato. Mia madre era con lei, l’ha accompagnata fino alla fine, da medico e da sorella maggiore.
In soli otto giorni, il mio mondo è cambiato. In un tempo brevissimo, ho fatto i conti con il cancro, una malattia che, prima d’ora, avevo sempre vissuto da lontano, spettatrice distratta di un dolore che non è mai stato mio. Ora, lo è. Come un drappo scuro, attraverso cui non passa il sole, ha coperto sorrisi e pomeriggi quieti, speranze e desideri inespressi. Ha contaminato e consumato, lasciando a chi rimane il duro compito di vivere nel ricordo di quei corpi martoriati, privi di anima. Siamo esseri fragili, precari e impotenti di fronte all’irruenza della vita. C’è chi si aggrappa alla fede, chi cerca di anestetizzare il dolore e chi ci annega dentro. Mai come adesso, sento il peso della vita, della morte, della sofferenza. E insieme, un gran vuoto.
Per la seconda volta in una settimana, torno nella mia amata Sardegna per dire addio ad un pezzo di me. E quanto fa male!
A Domy e Giovanna, a chi lotta, a chi vince e a chi invece, perde.