Lottiamo ancora contro l’autonomia! I sei anni nei comitati non vanno buttati via
Innanzitutto un pensiero – doverosamente sentimentale – al 1.291.488 di cittadine/i che hanno firmato per celebrare il referendum abrogativo della legge 86/24, la legge Calderoli sull’autonomia differenziata. Un pensiero a loro, perché ci hanno cercato – nelle feste estive, nelle piazze dei mercati, nei concerti, nei parchi e nelle spiagge – con la cordialità, l’entusiasmo, la speranza di chi ripone fiducia in una grande iniziativa popolare: “Vi abbiamo cercato ovunque”… “ho già firmato online, posso firmare un’altra volta?”… “Ecco, ho portato anche mia madre che è anziana, ci teneva a venire”… “Ce la facciamo a raggiungere le 500mila firme?”. Un pensiero poi, altrettanto doveroso e sentimentale, alle centinaia di donne e uomini che hanno impegnato l’estate più calda di sempre in quelle piazze, in quelle feste e in quelle spiagge per raccogliere le firme, copiando documenti, raccogliendo le firme, volantinando, parlando con le persone. Spiegando le ragioni di una lotta che è partita da lontano.
Siamo nel 2001 quando l’improvvida riforma del Titolo V – “un monumento di insipienza giuridica e politica” come ebbe a definirlo il compianto costituzionalista Gianni Ferrara – mise d’accordo gran parte dell’allora arco parlamentare (da Forza Italia ai DS) decretando, tra le altre cose, la possibilità per le regioni a statuto ordinario di chiedere (ed ottenere in modo relativamente semplice e senza passaggi parlamentari) la potestà legislativa esclusiva su 23 materie. La secessione dei ricchi, come l’ha chiamata Gianfranco Viesti. Perché quella possibilità avrebbe consentito – in virtù peraltro del trattenimento quasi totale del gettito fiscale in regione – di rendere più ricche le regioni già ricche e più povere quelle povere, istituzionalizzando le diseguaglianze. Nel 2018 il dettato della Costituzione così riformata comincia a determinare reazioni concrete: il governo Gentiloni sigla le pre-intese con il Veneto, la Lombardia e l’Emilia Romagna per dar corso a quanto previsto dalla Costituzione stessa.
Da quel momento noi dei Comitati Per il Ritiro di ogni Autonomia Differenziata, l’unità della Repubblica, l’uguaglianza dei diritti scendiamo in campo, con pochissime altre forze democratiche: studiamo, riflettiamo, impariamo sulla base dei testi di alcuni dei più illustri costituzionalisti italiani (Azzariti, De Minico, De Fiores, Algostino, Ronchetti, Pallante, Villone, Della Morte e altri/e) ed economisti (Viesti, Liberati, Spirito), che ci hanno aiutato soprattutto a penetrare una materia difficile, talvolta ostile, interpretabile da diversi punti di vista. Senza quella conoscenza profonda, sedimentata e metabolizzata, non avremmo potuto girare l’Italia per 6 anni e mezzo, autofinanziandoci e toccando tutte le regioni italiane, dando vita a più di 350 iniziative pubbliche. Arrivare al referendum – grazie all’iniziativa della Cgil e alla discesa in campo della Uil e di tutte le forze politiche dell’opposizione tranne il partito di Calenda – sarebbe stato il coronamento di uno sforzo collettivo e monotematico che, come comitati, abbiamo portato avanti con tenacia, conoscenza, radicalismo, capacità inclusiva.
Le motivazioni per cui la lotta contro l’autonomia differenziata – governo dopo governo – è stata il nostro chiodo fisso, stanno scritte nel nostro nome: lungo, ma profondamente indicativo dei principi cui ci ispiriamo. E nella realtà di diseguaglianza, di intenzionale segregazione che l’attuale assetto politico ed economico impone alle classi più deboli, al potere d’acquisto dei salari, all’universalismo dei diritti. Le motivazioni della terribile delusione che il comunicato della Corte Costituzionale del 20 gennaio ci ha provocato (dichiarando l’inammissibilità del quesito referendario, e dunque impedendo la celebrazione del referendum) è in questa storia, nella pervicacia con cui l’abbiamo costruita, nelle relazioni che le nostre ragioni sono state capaci di creare. Vi si fa riferimento al fatto che ‘l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari’ e che ‘il referendum verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata’.
La decisione della Corte ci ha profondamente e amaramente stupito, avendo la Corte stessa – con la sentenza 192/2024 – dichiarato illegittime 14 disposizioni normative della legge 86/24, lasciandone sopravvivere ben 52, oggetto di specifica contestazione da parte delle Regioni che – dopo la pubblicazione del testo della legge 86/24 – avevano fatto ricorso.
Eravamo tranquilli/e dopo che, con Ordinanza del 12 dicembre 2024, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittima la riformulazione del quesito referendario, trasferendolo alla parte residua della legge, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale. Implicitamente la Corte di Cassazione ha detto quindi che il principio ispiratore della “legge Calderoli” rimaneva in essere; per questo – dopo peraltro aver organizzato con tanti/e costituzionaliste/i ben 6 convegni in 6 grandi città sul tema dell’ammissibilità e aver trovato conforto nelle loro analisi, abbiamo atteso fiduciosamente che la Corte Costituzionale dichiarasse l’ammissibilità del quesito di abrogazione totale in quanto chiaro e univoco.
Con la decisione assunta è stato invece sottratto ai cittadini e alle cittadine il fondamentale diritto di pronunciarsi su una legge (artt. 1 e 75 Cost.) di vitale importanza per l’assetto istituzionale e democratico, affermato con forza dalla raccolta – in soli due mesi di un’estate caldissima – di quasi 1.300.000 firme. Il comunicato della Corte costituzionale adombra poi il rischio che il referendum fosse in realtà sull’articolo 116 della Costituzione; ma ciò non risulta dallo spirito e dalla lettera del quesito referendario così come riformulato, che specifica infatti che il referendum sarebbe stato solo ed esclusivamente sulla legge 86/2024, come modificata dalla Corte costituzionale.
La Corte costituzionale ha detto che i/le cittadini/e non possono essere chiamati/e a giudicare la riscrittura della legge Calderoli da Essa operata. Insomma, la Consulta si è elevata esclusivamente a legislatore supremo e inappellabile, rinunciando alla propria funzione di garanzia e contraddicendo il principio della democrazia costituzionale, che non prevede alcun atto di sovranità assoluta. Come è possibile – ci chiediamo – affermare che non ci sarebbe stato un oggetto chiaro, essendo il quesito abrogativo del testo sopravvissuto ai rilievi della Corte? Dove sarebbe stata lesa la libertà di scelta dell’elettore?
Per concludere tre elementi. Sulla base delle precedenti riflessioni, si può credere che il depotenziamento che l’istituto referendario (art. 75 della Costituzione) subisce dalla sentenza della Corte Costituzionale sia un fatto neutro o irrilevante? Esso cade in un’epoca di assenza di forza e di radicamento dei partiti politici e di scarsissima rappresentatività, producendo un effetto estremamente negativo nell’eventuale rilancio, in questo contesto, della partecipazione e della sovranità popolare. Con questa sentenza, poi, la Corte ha colpito quello che – tra i 6 referendum su cui era chiamata a decidere (cittadinanza agli stranieri e 4 referendum sul lavoro, presentati dalla CGIL) sull’unico quesito che aveva creato – per la prima volta dopo tantissimi anni – un idem sentire diffuso in una porzione estremamente rilevante della società. E’ evidente che la celebrazione di quel referendum avrebbe creato grandi fibrillazioni a un governo (peraltro non coeso sul tema dell’autonomia differenziata, che pur sempre – però – rappresenta – insieme alla separazione delle carriere dei magistrati e al premierato) le 3 gambe di un patto scellerato che rischia di minare alle fondamenta la democrazia costituzionale. Ora il governo è più forte e le altre due riforme potranno procedere con maggiore speditezza e minore contrasto.
Infine: da sempre sosteniamo che i LEP (livelli essenziali di prestazione) sono una foglia di fico, che mal copre il progetto di abbassare ulteriormente il livello dei servizi pubblici che dovrebbero garantire la fruizione da parte di tutti/e dei diritti sociali; e qualsiasi livello sarà stabilito cozzerà comunque con l’articolo 3, che chiede di “rimuovere gli ostacoli” affinché possa esprimersi la pienezza della persona umana.
Dobbiamo pensare di aver buttato via 6 anni e mezzo di partecipazione e di intensa attività politica, con la costruzione di comitati sul territorio e di formazione e informazione su un tema così drammatico? No! Pur delusi ed amareggiati, continueremo a lottare, in primo luogo per impedire la “secessione dei ricchi”, che rimane ancora un tema attuale, così come la perenne “questione meridionale”, che ancora assilla il nostro Paese diseguale; analogamente faremo rispetto alle altre due riforme costituzionali. I Comitati parteciperanno alla mobilitazione sui quesiti referendari relativi alla cittadinanza e al diritto del lavoro, per eliminare forme di discriminazione razzista tra cittadini dovute alla discendenza familiare e per sanare le forme più gravi di sopruso padronale e di precariato nelle relazioni di lavoro subordinato.
Seguiremo l’iter della legge sull’AD, non solo per continuare a formare e informare correttamente, ma per suscitare in tutte le Regioni la protesta contro l’AD, che – come ricorda sempre Francesco Pallante – è una facoltà, non un obbligo, e dunque per chiedere che nessuna Regione se ne avvalga. Inoltre chiameremo costituzionalisti, esponenti di partiti, sindacati, associazioni a riflettere su un progetto di modifica del Titolo V, per abrogare il 3 comma dell’articolo 116, e su come organizzare una campagna perché esso divenga un disegno di legge e oggetto di mobilitazione a livello popolare.
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La Redazione
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.
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Marina Boscaino
Insegnante
Politica - 28 Gennaio 2025
Lottiamo ancora contro l’autonomia! I sei anni nei comitati non vanno buttati via
Innanzitutto un pensiero – doverosamente sentimentale – al 1.291.488 di cittadine/i che hanno firmato per celebrare il referendum abrogativo della legge 86/24, la legge Calderoli sull’autonomia differenziata. Un pensiero a loro, perché ci hanno cercato – nelle feste estive, nelle piazze dei mercati, nei concerti, nei parchi e nelle spiagge – con la cordialità, l’entusiasmo, la speranza di chi ripone fiducia in una grande iniziativa popolare: “Vi abbiamo cercato ovunque”… “ho già firmato online, posso firmare un’altra volta?”… “Ecco, ho portato anche mia madre che è anziana, ci teneva a venire”… “Ce la facciamo a raggiungere le 500mila firme?”. Un pensiero poi, altrettanto doveroso e sentimentale, alle centinaia di donne e uomini che hanno impegnato l’estate più calda di sempre in quelle piazze, in quelle feste e in quelle spiagge per raccogliere le firme, copiando documenti, raccogliendo le firme, volantinando, parlando con le persone. Spiegando le ragioni di una lotta che è partita da lontano.
Siamo nel 2001 quando l’improvvida riforma del Titolo V – “un monumento di insipienza giuridica e politica” come ebbe a definirlo il compianto costituzionalista Gianni Ferrara – mise d’accordo gran parte dell’allora arco parlamentare (da Forza Italia ai DS) decretando, tra le altre cose, la possibilità per le regioni a statuto ordinario di chiedere (ed ottenere in modo relativamente semplice e senza passaggi parlamentari) la potestà legislativa esclusiva su 23 materie. La secessione dei ricchi, come l’ha chiamata Gianfranco Viesti. Perché quella possibilità avrebbe consentito – in virtù peraltro del trattenimento quasi totale del gettito fiscale in regione – di rendere più ricche le regioni già ricche e più povere quelle povere, istituzionalizzando le diseguaglianze. Nel 2018 il dettato della Costituzione così riformata comincia a determinare reazioni concrete: il governo Gentiloni sigla le pre-intese con il Veneto, la Lombardia e l’Emilia Romagna per dar corso a quanto previsto dalla Costituzione stessa.
Da quel momento noi dei Comitati Per il Ritiro di ogni Autonomia Differenziata, l’unità della Repubblica, l’uguaglianza dei diritti scendiamo in campo, con pochissime altre forze democratiche: studiamo, riflettiamo, impariamo sulla base dei testi di alcuni dei più illustri costituzionalisti italiani (Azzariti, De Minico, De Fiores, Algostino, Ronchetti, Pallante, Villone, Della Morte e altri/e) ed economisti (Viesti, Liberati, Spirito), che ci hanno aiutato soprattutto a penetrare una materia difficile, talvolta ostile, interpretabile da diversi punti di vista. Senza quella conoscenza profonda, sedimentata e metabolizzata, non avremmo potuto girare l’Italia per 6 anni e mezzo, autofinanziandoci e toccando tutte le regioni italiane, dando vita a più di 350 iniziative pubbliche. Arrivare al referendum – grazie all’iniziativa della Cgil e alla discesa in campo della Uil e di tutte le forze politiche dell’opposizione tranne il partito di Calenda – sarebbe stato il coronamento di uno sforzo collettivo e monotematico che, come comitati, abbiamo portato avanti con tenacia, conoscenza, radicalismo, capacità inclusiva.
Le motivazioni per cui la lotta contro l’autonomia differenziata – governo dopo governo – è stata il nostro chiodo fisso, stanno scritte nel nostro nome: lungo, ma profondamente indicativo dei principi cui ci ispiriamo. E nella realtà di diseguaglianza, di intenzionale segregazione che l’attuale assetto politico ed economico impone alle classi più deboli, al potere d’acquisto dei salari, all’universalismo dei diritti. Le motivazioni della terribile delusione che il comunicato della Corte Costituzionale del 20 gennaio ci ha provocato (dichiarando l’inammissibilità del quesito referendario, e dunque impedendo la celebrazione del referendum) è in questa storia, nella pervicacia con cui l’abbiamo costruita, nelle relazioni che le nostre ragioni sono state capaci di creare. Vi si fa riferimento al fatto che ‘l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari’ e che ‘il referendum verrebbe ad avere una portata che ne altera la funzione, risolvendosi in una scelta sull’autonomia differenziata’.
La decisione della Corte ci ha profondamente e amaramente stupito, avendo la Corte stessa – con la sentenza 192/2024 – dichiarato illegittime 14 disposizioni normative della legge 86/24, lasciandone sopravvivere ben 52, oggetto di specifica contestazione da parte delle Regioni che – dopo la pubblicazione del testo della legge 86/24 – avevano fatto ricorso.
Eravamo tranquilli/e dopo che, con Ordinanza del 12 dicembre 2024, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittima la riformulazione del quesito referendario, trasferendolo alla parte residua della legge, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale. Implicitamente la Corte di Cassazione ha detto quindi che il principio ispiratore della “legge Calderoli” rimaneva in essere; per questo – dopo peraltro aver organizzato con tanti/e costituzionaliste/i ben 6 convegni in 6 grandi città sul tema dell’ammissibilità e aver trovato conforto nelle loro analisi, abbiamo atteso fiduciosamente che la Corte Costituzionale dichiarasse l’ammissibilità del quesito di abrogazione totale in quanto chiaro e univoco.
Con la decisione assunta è stato invece sottratto ai cittadini e alle cittadine il fondamentale diritto di pronunciarsi su una legge (artt. 1 e 75 Cost.) di vitale importanza per l’assetto istituzionale e democratico, affermato con forza dalla raccolta – in soli due mesi di un’estate caldissima – di quasi 1.300.000 firme. Il comunicato della Corte costituzionale adombra poi il rischio che il referendum fosse in realtà sull’articolo 116 della Costituzione; ma ciò non risulta dallo spirito e dalla lettera del quesito referendario così come riformulato, che specifica infatti che il referendum sarebbe stato solo ed esclusivamente sulla legge 86/2024, come modificata dalla Corte costituzionale.
La Corte costituzionale ha detto che i/le cittadini/e non possono essere chiamati/e a giudicare la riscrittura della legge Calderoli da Essa operata. Insomma, la Consulta si è elevata esclusivamente a legislatore supremo e inappellabile, rinunciando alla propria funzione di garanzia e contraddicendo il principio della democrazia costituzionale, che non prevede alcun atto di sovranità assoluta. Come è possibile – ci chiediamo – affermare che non ci sarebbe stato un oggetto chiaro, essendo il quesito abrogativo del testo sopravvissuto ai rilievi della Corte? Dove sarebbe stata lesa la libertà di scelta dell’elettore?
Per concludere tre elementi. Sulla base delle precedenti riflessioni, si può credere che il depotenziamento che l’istituto referendario (art. 75 della Costituzione) subisce dalla sentenza della Corte Costituzionale sia un fatto neutro o irrilevante? Esso cade in un’epoca di assenza di forza e di radicamento dei partiti politici e di scarsissima rappresentatività, producendo un effetto estremamente negativo nell’eventuale rilancio, in questo contesto, della partecipazione e della sovranità popolare. Con questa sentenza, poi, la Corte ha colpito quello che – tra i 6 referendum su cui era chiamata a decidere (cittadinanza agli stranieri e 4 referendum sul lavoro, presentati dalla CGIL) sull’unico quesito che aveva creato – per la prima volta dopo tantissimi anni – un idem sentire diffuso in una porzione estremamente rilevante della società. E’ evidente che la celebrazione di quel referendum avrebbe creato grandi fibrillazioni a un governo (peraltro non coeso sul tema dell’autonomia differenziata, che pur sempre – però – rappresenta – insieme alla separazione delle carriere dei magistrati e al premierato) le 3 gambe di un patto scellerato che rischia di minare alle fondamenta la democrazia costituzionale. Ora il governo è più forte e le altre due riforme potranno procedere con maggiore speditezza e minore contrasto.
Infine: da sempre sosteniamo che i LEP (livelli essenziali di prestazione) sono una foglia di fico, che mal copre il progetto di abbassare ulteriormente il livello dei servizi pubblici che dovrebbero garantire la fruizione da parte di tutti/e dei diritti sociali; e qualsiasi livello sarà stabilito cozzerà comunque con l’articolo 3, che chiede di “rimuovere gli ostacoli” affinché possa esprimersi la pienezza della persona umana.
Dobbiamo pensare di aver buttato via 6 anni e mezzo di partecipazione e di intensa attività politica, con la costruzione di comitati sul territorio e di formazione e informazione su un tema così drammatico? No! Pur delusi ed amareggiati, continueremo a lottare, in primo luogo per impedire la “secessione dei ricchi”, che rimane ancora un tema attuale, così come la perenne “questione meridionale”, che ancora assilla il nostro Paese diseguale; analogamente faremo rispetto alle altre due riforme costituzionali. I Comitati parteciperanno alla mobilitazione sui quesiti referendari relativi alla cittadinanza e al diritto del lavoro, per eliminare forme di discriminazione razzista tra cittadini dovute alla discendenza familiare e per sanare le forme più gravi di sopruso padronale e di precariato nelle relazioni di lavoro subordinato.
Seguiremo l’iter della legge sull’AD, non solo per continuare a formare e informare correttamente, ma per suscitare in tutte le Regioni la protesta contro l’AD, che – come ricorda sempre Francesco Pallante – è una facoltà, non un obbligo, e dunque per chiedere che nessuna Regione se ne avvalga. Inoltre chiameremo costituzionalisti, esponenti di partiti, sindacati, associazioni a riflettere su un progetto di modifica del Titolo V, per abrogare il 3 comma dell’articolo 116, e su come organizzare una campagna perché esso divenga un disegno di legge e oggetto di mobilitazione a livello popolare.
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La corsa militare dell’Europa innesca una ondata di vendite sui debiti dei Paesi: su gli interessi
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.