Spendiamo troppo per le pensioni? Almeno quanto per ristoranti e tabacco
di Enrico D’Elia* e Mario Tiberi**
Le pensioni sono una delle maggiori voci di spesa del bilancio pubblico e per questo finiscono regolarmente sotto le forbici di chi vuole tagliare debito e deficit. La spesa previdenziale preoccupa sia per il suo livello, sia per la sua dinamica nel tempo, perché l’invecchiamento della popolazione farà aumentare il numero dei pensionati e ridurre quello dei lavoratori in attività che finanziano il sistema previdenziale. Per questo motivo si prospetta l’allungamento dell’età pensionabile, la riduzione del rendimento dei contributi accumulati (anche attraverso la deindicizzazione delle pensioni rispetto all’inflazione) e vari incentivi alla previdenza integrativa.
Tuttavia, il prolungamento dell’età lavorativa riduce la produttività, perché i lavoratori anziani hanno generalmente prestazioni inferiori a causa delle più frequenti assenze per malattie ed il minore aggiornamento. Il taglio del rapporto tra l’ammontare dei contributi versati e le prestazioni previdenziali incoraggia forme di evasione ed elusione che contribuiscono a ridurre le risorse a disposizione del sistema pensionistico.
Per molti giovani si prospetta dunque un futuro di pensioni povere, nonostante le organizzazioni sindacali abbiano richiamato inutilmente l’attenzione dei vari governi su questo rischio e sul fatto che la diffusione del lavoro povero non consente neanche il supporto della previdenza integrativa. Infine, le prestazioni erogate dai fondi pensione provengono dal ritorno (incerto e variabile) su un investimento, quindi la previdenza privata tende ad investire più sulle rendite che sulla crescita ed è ugualmente soggetta a rischi di sostenibilità se promette assegni futuri troppo elevati.
Spesso si dimentica che il fine ultimo dei sistemi previdenziali (pubblici e privati) è quello di sostenere persone che non sono più in grado di lavorare. In passato questo ruolo era svolto direttamente dalle famiglie e dalle comunità locali, quindi solo i più ricchi potevano contare su una vecchiaia serena, amplificando le disuguaglianze. Già allora qualcuno si preoccupava della sostenibilità di un simile sistema, se è vero quanto riportato da Federico Caffè su una tribù dove “le persone anziane divenute incapaci di dare ogni pur minimo contributo alla comunità venivano portate sulla riva di un fiume profondo e spinte dolcemente ma inflessibilmente, con lunghe pertiche, verso il punto di non ritorno.”
Il primo ad introdurre una assicurazione sociale obbligatoria, alla fine dell’Ottocento, non fu un progressista, ma Otto von Bismark, un politico prussiano ultraconservatore. Si trattava di sistemi mutualistici di settore, che distribuivano il sostentamento di vecchi e malati tra gli appartenenti alla stessa categoria di lavoratori, invece che all’interno della famiglia. Per arrivare ad un sistema universalistico, finanziato da tutti i cittadini in attività, bisogna attendere la riforma introdotta in Inghilterra nel secondo dopoguerra, ispirata dal rapporto coordinato da William Beveridge, un intellettuale liberale.
La spesa per pensioni dirette e di reversibilità nei maggiori paesi europei è rilevata dell’Eurostat e dall’OCSE. Nel 2022, che è l’ultimo anno su cui sono disponibili dati omogenei, i pensionati hanno ricevuto somme che vanno dal 12% circa del Pil in Francia fino ad oltre il 16% in Italia. Tuttavia parte di queste somme sono state restituite sotto forma di imposte personali sul reddito che riducono l’incidenza netta delle pensioni a cifre che vanno dal 9,4% in Francia al 12,4% in Italia. È presumibile che ogni cittadino sarebbe disposto a dedicare spontaneamente meno di un ottavo del proprio reddito il sostentamento dei propri genitori, che li hanno sostenuti fino all’ingresso nel mondo del lavoro. A titolo di confronto, in Italia l’ammontare netto delle pensioni sfiora la spesa complessiva per ristoranti, hotel, divertimenti, alcol e tabacco. Questo aggregato è cresciuto nel tempo più della spesa pensionistica senza destare alcuna preoccupazione sulla sua sostenibilità ed anzi meritandosi riconoscimenti come uno dei settori trainanti dell’economia.
A differenza di quanto immaginato da Beveridge, la previdenza non è finanziata anche da profitti e rendite, ma quasi esclusivamente dai redditi da lavoro, sui quali incide per il 20-25%. Una riforma pensionistica dovrebbe dunque prevedere, prima di tutto, una più equa distribuzione del carico tra le diverse forme di reddito, per far sì che a spingere eventualmente verso il centro del fiume gli anziani, come nel racconto di Caffè, siano solo quelli che partecipano al sostentamento degli anziani e non tutti gli altri.
Purtroppo il taglio del cuneo fiscale non svolge questa funzione perché sposta il carico contributivo dalle buste paga al bilancio pubblico, che tuttavia è finanziato quasi interamente proprio da dipendenti e pensionati.
* Enrico D’Elia, economista, allievo di Caffè e cofondatore del Gruppo Caffè, ha collaborato con diverse istituzioni nazionali ed internazionali ed ha pubblicato numerosi contributi su previsioni economiche, macroeconomia, economia di famiglie e imprese, statistica.
** Mario Tiberi, allievo di Caffè, professore di politica economica, ha insegnato in numerose università in Italia, Europa e Sud America. Si è occupato prevalentemente di teoria della distribuzione, stato sociale, imperialismo e internazionalizzazione.
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La Redazione
La Paz, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - Almeno 30 persone sono morte a causa di un incidente che ha coinvolto un autobus passeggeri, precipitato in un burrone profondo 800 metri nella città di Yocalla, nel sud della Bolivia. Lo ha riferito la polizia locale.
Tel Aviv, 17 feb. (Adnkronos) - Secondo quanto riportato dall'emittente statale israeliana Kan, citando diverse fonti, il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, non fa più parte del team incaricato delle trattative per la liberazione degli ostaggi. Fonti a conoscenza dei dettagli affermano che Bar potrebbe unirsi a una delegazione in futuro se si svolgeranno i negoziati sulla fase due.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Prosegue la protesta di Azione alla Camera sul decreto Milleproroghe: il capogruppo Matteo Richetti e la vicecapogruppo Elena Bonetti lasciano i lavori in corso nelle commissioni congiunte Affari Costituzionali e Bilancio. “Dopo il tempo sprecato dal governo nella discussione al Senato alla ricerca di una composizione delle divisioni interne, il testo del decreto è stato trasferito alla Camera solo questa mattina e approderà in Aula nella giornata domani. Alle Commissioni riunite – dichiarano Richetti e Bonetti – non restano che poche ore di esame notturno, una scelta che rende inutile ogni confronto di merito sulle misure contenute nel provvedimento e offende profondamente la funzione parlamentare e la dignità dei deputati membri. Se il governo intende ridurci a figuranti, abbia almeno la decenza di assumersene la responsabilità davanti al Paese. Noi non li aiuteremo”. Azione aveva già espresso nella mattinata la propria contrarietà al ripetuto ricorso alla fiducia, rendendo noto di non aver presentato, per questa ragione, emendamenti al decreto Milleproroghe.
Beirut, 17 feb. (Adnkronos) - Il governo libanese ha annunciato di aver approvato una risoluzione secondo cui soltanto lo Stato potrà possedere armi. La risoluzione chiede di fatto il disarmo di Hezbollah e include l'impegno a rispettare la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Ha ribadito le perplessità sul formato del vertice di Parigi, sull'invio di truppe europee in Ucraina e la necessità di percorrere strade che prevedano il coinvolgimento degli Stati Uniti. Queste le linee, a quanto si apprende, dell'intervento della premier Giorgia Meloni oggi al summit a Parigi convocato da Emmanuel Macron alla presenza del britannico Keir Starmer, del premier olandese, Dick Schoof, del cancelliere tedesco Olaf Scholz, del capo del governo polacco Donald Tusk e del primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. All'Eliseo anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte e i vertici Ue, Antonio Costa e Ursula von der Leyen.
Meloni, a quanto si apprende, ha sottolineato di aver voluto essere presente per non rinunciare a portare il punto di vista dell’Italia, ma di avere espresso le sue perplessità riguardo un formato che, a suo giudizio, esclude molti Paesi, a partire da quelle più esposti al rischio di estensione del conflitto, anziché includere, come sarebbe opportuno fare in una fase storica come questa. Anche perché, avrebbe rimarcato la premier, la guerra in Ucraina l’abbiamo pagata tutti.
Per l'Italia le questioni centrali rimangono le garanzie di sicurezza per l’Ucraina, perché senza queste ogni negoziato rischia di fallire. Quindi Meloni avrebbe rimarcato l'utilità di un confronto tra le varie ipotesi in campo, osservando come quella che prevede il dispiegamento di soldati europei in Ucraina appaia come la più complessa e forse la meno efficace. Una strada su cui l'Italia avrebbe mostrato le sue perplessità al tavolo.
Secondo Meloni, a quanto viene riferito, andrebbero esplorate altre strade che prevedano il coinvolgimento anche degli Stati Uniti, perché è nel contesto euro-atlantico che si fonda la sicurezza europea e americana. La premier avrebbe definito una sferzata sul ruolo dell'Europa quella lanciata dall'amministrazione Usa ma ricordando che prima di questa analoghe considerazioni sono state già state fatte da importanti personalità europee. È una sfida, avrebbe quindi sottolineato, per essere più concreti e concentrarsi sulle cose davvero importanti, come la necessità di difendere la nostra sicurezza a 360 gradi, i nostri confini, i nostri cittadini, il nostro sistema produttivo.
Secondo la presidente del Consiglio sono i cittadini europei a chiederlo: non dobbiamo chiederci cosa gli americani possono fare per noi, ma cosa noi dobbiamo fare per noi stessi.
Meloni avrebbe quindi rimarcato come il formato del summit all'Eliseo non vada considerato come un formato anti-Trump. Tutt’altro. Gli Stati Uniti lavorano a giungere ad una pace in Ucraina e noi dobbiamo fare la nostra parte, la sollecitazione della premier italiana. Meloni infine, sempre a quanto si apprende, avrebbe manifestato condivisione per il senso della parole del Vice Presidente degli Stati Uniti Vance, ricordando di aver espresso concetti simili in precedenza. Ancora prima di garantire la sicurezza in Europa, avrebbe sottolineato Meloni, è necessario sapere che cosa stiamo difendendo.
Parigi, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - "La Russia minaccia tutta l'Europa". Lo ha detto la premier danese Mette Frederiksen dopo i colloqui di emergenza a Parigi sul cambiamento di politica degli Stati Uniti sulla guerra in Ucraina.
La guerra in Ucraina riguarda i "sogni imperialisti di Mosca, di costruire una Russia più forte e più grande, e non credo che si fermeranno in Ucraina", ha detto ai giornalisti, mettendo in guardia gli Stati Uniti dai tentativi di concordare un cessate il fuoco "rapido" che darebbe alla Russia la possibilità di "mobilitarsi di nuovo, attaccare l'Ucraina o un altro paese in Europa".
Parigi, 17 feb. (Adnkronos) - "Oggi a Parigi abbiamo ribadito che l'Ucraina merita la pace attraverso la forza. Una pace rispettosa della sua indipendenza, sovranità, integrità territoriale, con forti garanzie di sicurezza. L'Europa si fa carico della sua intera quota di assistenza militare all'Ucraina. Allo stesso tempo abbiamo bisogno di un rafforzamento della difesa in Europa". Lo ha scritto su X la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.
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Gruppo Federico Caffè
Esperti in economia e discipline sociali
Economia & Lobby - 28 Gennaio 2025
Spendiamo troppo per le pensioni? Almeno quanto per ristoranti e tabacco
di Enrico D’Elia* e Mario Tiberi**
Le pensioni sono una delle maggiori voci di spesa del bilancio pubblico e per questo finiscono regolarmente sotto le forbici di chi vuole tagliare debito e deficit. La spesa previdenziale preoccupa sia per il suo livello, sia per la sua dinamica nel tempo, perché l’invecchiamento della popolazione farà aumentare il numero dei pensionati e ridurre quello dei lavoratori in attività che finanziano il sistema previdenziale. Per questo motivo si prospetta l’allungamento dell’età pensionabile, la riduzione del rendimento dei contributi accumulati (anche attraverso la deindicizzazione delle pensioni rispetto all’inflazione) e vari incentivi alla previdenza integrativa.
Tuttavia, il prolungamento dell’età lavorativa riduce la produttività, perché i lavoratori anziani hanno generalmente prestazioni inferiori a causa delle più frequenti assenze per malattie ed il minore aggiornamento. Il taglio del rapporto tra l’ammontare dei contributi versati e le prestazioni previdenziali incoraggia forme di evasione ed elusione che contribuiscono a ridurre le risorse a disposizione del sistema pensionistico.
Per molti giovani si prospetta dunque un futuro di pensioni povere, nonostante le organizzazioni sindacali abbiano richiamato inutilmente l’attenzione dei vari governi su questo rischio e sul fatto che la diffusione del lavoro povero non consente neanche il supporto della previdenza integrativa. Infine, le prestazioni erogate dai fondi pensione provengono dal ritorno (incerto e variabile) su un investimento, quindi la previdenza privata tende ad investire più sulle rendite che sulla crescita ed è ugualmente soggetta a rischi di sostenibilità se promette assegni futuri troppo elevati.
Spesso si dimentica che il fine ultimo dei sistemi previdenziali (pubblici e privati) è quello di sostenere persone che non sono più in grado di lavorare. In passato questo ruolo era svolto direttamente dalle famiglie e dalle comunità locali, quindi solo i più ricchi potevano contare su una vecchiaia serena, amplificando le disuguaglianze. Già allora qualcuno si preoccupava della sostenibilità di un simile sistema, se è vero quanto riportato da Federico Caffè su una tribù dove “le persone anziane divenute incapaci di dare ogni pur minimo contributo alla comunità venivano portate sulla riva di un fiume profondo e spinte dolcemente ma inflessibilmente, con lunghe pertiche, verso il punto di non ritorno.”
Il primo ad introdurre una assicurazione sociale obbligatoria, alla fine dell’Ottocento, non fu un progressista, ma Otto von Bismark, un politico prussiano ultraconservatore. Si trattava di sistemi mutualistici di settore, che distribuivano il sostentamento di vecchi e malati tra gli appartenenti alla stessa categoria di lavoratori, invece che all’interno della famiglia. Per arrivare ad un sistema universalistico, finanziato da tutti i cittadini in attività, bisogna attendere la riforma introdotta in Inghilterra nel secondo dopoguerra, ispirata dal rapporto coordinato da William Beveridge, un intellettuale liberale.
La spesa per pensioni dirette e di reversibilità nei maggiori paesi europei è rilevata dell’Eurostat e dall’OCSE. Nel 2022, che è l’ultimo anno su cui sono disponibili dati omogenei, i pensionati hanno ricevuto somme che vanno dal 12% circa del Pil in Francia fino ad oltre il 16% in Italia. Tuttavia parte di queste somme sono state restituite sotto forma di imposte personali sul reddito che riducono l’incidenza netta delle pensioni a cifre che vanno dal 9,4% in Francia al 12,4% in Italia. È presumibile che ogni cittadino sarebbe disposto a dedicare spontaneamente meno di un ottavo del proprio reddito il sostentamento dei propri genitori, che li hanno sostenuti fino all’ingresso nel mondo del lavoro. A titolo di confronto, in Italia l’ammontare netto delle pensioni sfiora la spesa complessiva per ristoranti, hotel, divertimenti, alcol e tabacco. Questo aggregato è cresciuto nel tempo più della spesa pensionistica senza destare alcuna preoccupazione sulla sua sostenibilità ed anzi meritandosi riconoscimenti come uno dei settori trainanti dell’economia.
A differenza di quanto immaginato da Beveridge, la previdenza non è finanziata anche da profitti e rendite, ma quasi esclusivamente dai redditi da lavoro, sui quali incide per il 20-25%. Una riforma pensionistica dovrebbe dunque prevedere, prima di tutto, una più equa distribuzione del carico tra le diverse forme di reddito, per far sì che a spingere eventualmente verso il centro del fiume gli anziani, come nel racconto di Caffè, siano solo quelli che partecipano al sostentamento degli anziani e non tutti gli altri.
Purtroppo il taglio del cuneo fiscale non svolge questa funzione perché sposta il carico contributivo dalle buste paga al bilancio pubblico, che tuttavia è finanziato quasi interamente proprio da dipendenti e pensionati.
* Enrico D’Elia, economista, allievo di Caffè e cofondatore del Gruppo Caffè, ha collaborato con diverse istituzioni nazionali ed internazionali ed ha pubblicato numerosi contributi su previsioni economiche, macroeconomia, economia di famiglie e imprese, statistica.
** Mario Tiberi, allievo di Caffè, professore di politica economica, ha insegnato in numerose università in Italia, Europa e Sud America. Si è occupato prevalentemente di teoria della distribuzione, stato sociale, imperialismo e internazionalizzazione.
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Mondo
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Tel Aviv, 17 feb. (Adnkronos) - Secondo quanto riportato dall'emittente statale israeliana Kan, citando diverse fonti, il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, non fa più parte del team incaricato delle trattative per la liberazione degli ostaggi. Fonti a conoscenza dei dettagli affermano che Bar potrebbe unirsi a una delegazione in futuro se si svolgeranno i negoziati sulla fase due.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Prosegue la protesta di Azione alla Camera sul decreto Milleproroghe: il capogruppo Matteo Richetti e la vicecapogruppo Elena Bonetti lasciano i lavori in corso nelle commissioni congiunte Affari Costituzionali e Bilancio. “Dopo il tempo sprecato dal governo nella discussione al Senato alla ricerca di una composizione delle divisioni interne, il testo del decreto è stato trasferito alla Camera solo questa mattina e approderà in Aula nella giornata domani. Alle Commissioni riunite – dichiarano Richetti e Bonetti – non restano che poche ore di esame notturno, una scelta che rende inutile ogni confronto di merito sulle misure contenute nel provvedimento e offende profondamente la funzione parlamentare e la dignità dei deputati membri. Se il governo intende ridurci a figuranti, abbia almeno la decenza di assumersene la responsabilità davanti al Paese. Noi non li aiuteremo”. Azione aveva già espresso nella mattinata la propria contrarietà al ripetuto ricorso alla fiducia, rendendo noto di non aver presentato, per questa ragione, emendamenti al decreto Milleproroghe.
Beirut, 17 feb. (Adnkronos) - Il governo libanese ha annunciato di aver approvato una risoluzione secondo cui soltanto lo Stato potrà possedere armi. La risoluzione chiede di fatto il disarmo di Hezbollah e include l'impegno a rispettare la risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
Roma, 17 feb. (Adnkronos) - Ha ribadito le perplessità sul formato del vertice di Parigi, sull'invio di truppe europee in Ucraina e la necessità di percorrere strade che prevedano il coinvolgimento degli Stati Uniti. Queste le linee, a quanto si apprende, dell'intervento della premier Giorgia Meloni oggi al summit a Parigi convocato da Emmanuel Macron alla presenza del britannico Keir Starmer, del premier olandese, Dick Schoof, del cancelliere tedesco Olaf Scholz, del capo del governo polacco Donald Tusk e del primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. All'Eliseo anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte e i vertici Ue, Antonio Costa e Ursula von der Leyen.
Meloni, a quanto si apprende, ha sottolineato di aver voluto essere presente per non rinunciare a portare il punto di vista dell’Italia, ma di avere espresso le sue perplessità riguardo un formato che, a suo giudizio, esclude molti Paesi, a partire da quelle più esposti al rischio di estensione del conflitto, anziché includere, come sarebbe opportuno fare in una fase storica come questa. Anche perché, avrebbe rimarcato la premier, la guerra in Ucraina l’abbiamo pagata tutti.
Per l'Italia le questioni centrali rimangono le garanzie di sicurezza per l’Ucraina, perché senza queste ogni negoziato rischia di fallire. Quindi Meloni avrebbe rimarcato l'utilità di un confronto tra le varie ipotesi in campo, osservando come quella che prevede il dispiegamento di soldati europei in Ucraina appaia come la più complessa e forse la meno efficace. Una strada su cui l'Italia avrebbe mostrato le sue perplessità al tavolo.
Secondo Meloni, a quanto viene riferito, andrebbero esplorate altre strade che prevedano il coinvolgimento anche degli Stati Uniti, perché è nel contesto euro-atlantico che si fonda la sicurezza europea e americana. La premier avrebbe definito una sferzata sul ruolo dell'Europa quella lanciata dall'amministrazione Usa ma ricordando che prima di questa analoghe considerazioni sono state già state fatte da importanti personalità europee. È una sfida, avrebbe quindi sottolineato, per essere più concreti e concentrarsi sulle cose davvero importanti, come la necessità di difendere la nostra sicurezza a 360 gradi, i nostri confini, i nostri cittadini, il nostro sistema produttivo.
Secondo la presidente del Consiglio sono i cittadini europei a chiederlo: non dobbiamo chiederci cosa gli americani possono fare per noi, ma cosa noi dobbiamo fare per noi stessi.
Meloni avrebbe quindi rimarcato come il formato del summit all'Eliseo non vada considerato come un formato anti-Trump. Tutt’altro. Gli Stati Uniti lavorano a giungere ad una pace in Ucraina e noi dobbiamo fare la nostra parte, la sollecitazione della premier italiana. Meloni infine, sempre a quanto si apprende, avrebbe manifestato condivisione per il senso della parole del Vice Presidente degli Stati Uniti Vance, ricordando di aver espresso concetti simili in precedenza. Ancora prima di garantire la sicurezza in Europa, avrebbe sottolineato Meloni, è necessario sapere che cosa stiamo difendendo.
Parigi, 17 feb. (Adnkronos/Afp) - "La Russia minaccia tutta l'Europa". Lo ha detto la premier danese Mette Frederiksen dopo i colloqui di emergenza a Parigi sul cambiamento di politica degli Stati Uniti sulla guerra in Ucraina.
La guerra in Ucraina riguarda i "sogni imperialisti di Mosca, di costruire una Russia più forte e più grande, e non credo che si fermeranno in Ucraina", ha detto ai giornalisti, mettendo in guardia gli Stati Uniti dai tentativi di concordare un cessate il fuoco "rapido" che darebbe alla Russia la possibilità di "mobilitarsi di nuovo, attaccare l'Ucraina o un altro paese in Europa".
Parigi, 17 feb. (Adnkronos) - "Oggi a Parigi abbiamo ribadito che l'Ucraina merita la pace attraverso la forza. Una pace rispettosa della sua indipendenza, sovranità, integrità territoriale, con forti garanzie di sicurezza. L'Europa si fa carico della sua intera quota di assistenza militare all'Ucraina. Allo stesso tempo abbiamo bisogno di un rafforzamento della difesa in Europa". Lo ha scritto su X la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.