La Giornata della memoria è sotto l’attacco di chi ne rovescia il significato. Spiego perché
Lunedì abbiamo commemorato la Giornata della memoria. Il 27 gennaio di 80 anni fa, nel 1945, la sessantesima armata dell’esercito sovietico varcò i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz e l’orrore dell’olocausto divenne un fatto conosciuto a livello mondiale. Ricordiamo questa data per segnare, nella storia dell’umanità, una rottura radicale, una discontinuità: l’olocausto non solo non deve essere dimenticato ma deve essere ricordato affinché l’orrore che richiama non sia più ripetibile, affinché quell’orrore diventi tabù. Il tentativo di far scomparire il popolo ebraico dalla faccia della terra deve essere rammemorato e quella sofferenza indicibile deve dare luogo ad un insegnamento fondativo per l’umanità.
Il delirio nazista che ha coniugato il massimo della razionalità tecnologica con il disegno inumano di sterminare ebrei, zingari, omosessuali, comunisti e così via, deve diventare tabù. La barbarie nazista di sterminare una parte dell’umanità – un disegno incompatibile con il concetto di umanità – deve diventare tabù. Quella della memoria è quindi una Giornata dal valore universale che ha un obiettivo universale: non deve accadere mai più, mai più per nessuno.
Come abbiamo visto ieri, questa Giornata altamente simbolica è oggi messa in discussione, attaccata.
Anni addietro è stata attaccata dal revisionismo storico che negava l’Olocausto sia nelle dimensioni che nella qualità del disegno criminale. Questo attacco persiste ma non ha mai avuto grandi successi. Oggi assistiamo ad un altro attacco al significato dell’Olocausto, un attacco molto più infido e pericoloso che non avviene in forma esplicita ma subdola: non pone in discussione la Giornata della memoria ma ne rovescia il significato. Per certi versi si può dire che viene dall’interno: più che attaccata, la Giornata della memoria viene corrosa, modificata per osmosi, ne viene stravolto il significato in modo da mantenerne le forme tradendone la sostanza.
Il soggetto principe di questo tentativo di stravolgimento è il governo israeliano presieduto da Benjamin Netanyahu. Nella vulgata del governo israeliano la Giornata della memoria perde ogni valenza universale: il “mai più per nessuno” viene trasformato in un “mai più per noi”. Il soggetto non è più l’umanità e la necessità di impedire che nessun popolo, nessun aggregato di persone debba subire un nuovo olocausto: il significato viene ristretto al “noi” dove il noi significa nessun ebreo, nessun israeliano.
Questo abbandono del significato universale della Giornata della memoria diventa la giustificazione per due stravolgimenti ulteriori: da un lato l’Olocausto diventa la giustificazione per lo Stato di Israele di infliggere ad altri sofferenze simili a quelle che ha subito il popolo ebraico, purché queste vengano motivate dalla necessità di difendersi. Infine Netanyahu amplia a dismisura questo concetto presentando ogni atto ostile nei confronti di Israele come se si trattasse dell’inizio di un nuovo olocausto.
In questo modo l’Olocausto diventa la giustificazione di qualsivoglia politica dello stato di Israele. Nella versione di Netanyahu la Giornata della memoria non è più un messaggio universale, una presa di coscienza di tutta l’umanità a partire dalla sofferenza inflitta dai nazisti al popolo ebraico, ma al contrario diventa una giustificazione totale per lo stato di Israele nell’infliggere ogni sofferenza al popolo palestinese, praticare il genocidio e la pulizia etnica in Palestina, senza che per questo debba essere giudicato.
Dalla sofferenza indicibile dell’Olocausto non emerge il: “mai più per nessuno”, ma piuttosto la piena impunità per la criminale azione dello stato di Israele.
Il problema è aggravato dal fatto che i governi occidentali condividono in modo pressoché integrale questa impostazione negazionista di Netanyahu e la estendono. Che alle cerimonia che si è tenuta ad Auschwitz, per il terzo anno consecutivo, non sia stato invitato il governo russo – che rappresenta quell’armata Rossa che concretamente chiuse il campo di concentramento e liberò gli ultimi sopravvissuti – si muove nella stessa logica del revisionismo di Netanyahu.
Da un lato Netanyahu utilizza l’olocausto come giustificazione universale dei propri crimini, dall’altra i paesi europei riscrivono la storia della liberazione e – negandone il valore universale – riducono l’Olocausto a schieramento geopolitico.
Il significato della Giornata della memoria, il tentativo di introdurre una discontinuità nella storia dell’umanità che elevasse a tabù l’Olocausto, è quindi sotto attacco, in Occidente, da parte delle classi dominanti che da un lato lo vogliono trasformare in una giustificazione degli orribili crimini dello stato israeliano e dall’altra lo banalizzano abbandonando il valore fondativo della lotta contro il nazifascismo.
Penso che sconfiggere questo revisionismo storico delle elites occidentali – sudbolo e pericoloso perché cancella riscrivendo – è uno dei grandi compiti storici di chi oggi difende la giornata della memoria e ripete “mai più per nessuno”. Perché la sacralità della lotta contro il nazifascismo e la sua barbarie inumana è il solo terreno solido su cui si possa costruire una qualunque forma di convivenza civile: tra tutti e tutte, non solo per qualcuno.
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico
La Redazione
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Cristiani e socialisti si inseguono e si separano, si combattono si alleano, si contaminano da quasi due secoli. E’ l’ispirazione cristiana a suscitare le prime utopie socialiste, l'ambizione della scientificità del socialismo marxista ed il presidio di interessi sociali parzialmente diversi li ha spesso divisi, ma questo non ha impedito per esempio al socialismo del Nord Europa di continuare ad attingere largamente alla tradizione evangelica". Lo ha detto l'ex ministro ed esponente Pd Andrea Orlando intervenendo all'evento "Dialogo tra Socialismo e Cristianesimo" in corso a Roma.
"Le fragili regole di un multilateralismo spesso a doppio standard e quelle ben più solide poste a presidio dell’integrazione dei mercati - ha aggiunto poi l'esponente dem - sono travolte dalla pressione di soggetti economici in grado di essere al contempo finanza, informazione, controllo dei dati ed in ultima analisi potere politico puro. Persino il mercato viene sostituito dalla mera logica dei rapporti di forza determinata dall’intreccio tra vecchi e nuovi Leviatani, tra poteri pubblici e smisurate potenze economiche".
"Il fatto che a tutto questo non paiano emergere forze antagoniste in grado di civilizzare questa assenza di misura non può essere un alibi per la politica. La politica deve interrogarsi invece - spiega Orlando - su quali possano essere le vie oltre i vecchi steccati, in grado di liberare energie e di offrire la possibilità del riscatto collegando esperienze e domande. E tutto ciò che resiste e che è stato pensato per resistere deve oggi essere riunito. Tutto ciò che si è sforzato, non senza limiti ed imperfezioni, di rendere più umana la vita economica e sociale, di democratizzare i processi produttivi non può ancora restare separato, talvolta contrapposto da dicotomie del secolo scorso. Di fronte al fatto che ciascuno, persino chi si sentiva al riparo da ogni pericolo, rischia di essere solo di fronte a tanta potenza è il tempo di mettere in campo l’insieme degli strumenti che i due filoni culturali di cui oggi parliamo hanno saputo elaborare. Per affermare un nuovo umanesimo che si fondi sulla centralità della comunità come luogo di sviluppo della persona , delle comunità nel loro pluralismo di cui lo Stato può essere l’antitesi, ma lo sviluppo delle comunità che si organizzano in modo migliore".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Io credo che affidare, come sino qui è avvenuto, alla sola logica delle armi non è solo pericoloso e folle, è oggi velleitario. L’Europa rischia di cercare nelle armi ciò che avrebbe potuto e può trovare politica. L’idea di una difesa comune è necessaria e condivisibile, ma non è quella la vera forza che l’Europa potrà mettere in campo nel breve periodo". Lo ha detto l'ex ministro ed esponente Pd Andrea Orlando intervenendo all'evento "Dialogo tra Socialismo e Cristianesimo" in corso a Roma.
"L’Europa grazie alle sue radici costituisce un luogo di equilibri che garantisce una vita migliore più lunga, più piena di qualunque altro luogo della terra. L’Europa che poteva e può essere Ponte si è fatta risucchiare nella logica West and the rest, salvo poi scoprire che the West, qualunque cosa abbia voluto dire, non esiste più".
"La possibilità di recuperare il terreno perduto non credo passi per i decimali di bilancio in più - spiega l'ex ministro dem - che saprà mettere nel riarmo ma dalla capacità di concorrere a definire un nuovo ordine. Facendosi interprete di quell’enorme maggioranza di popoli che non ha alcun interesse dal prevalere della logica della forza e del dominio per il controllo sulle risorse strategiche. E’ un messaggio che deve essere rivolto a tutti persino ai nazionalisti che vanno cacciandosi in una insanabile contraddizione. La sconfitta e la marginalizzazione dell’Europa sarà inevitabilmente la sconfitta delle nazioni che la compongono. Per questo sarà fondamentale l’esito della vicenda Ucraina. Il tema non è come proseguire la guerra ma bensì come condizionare la pace impedendo che si consumi una spartizione tra potenze sulla testa degli ucraini e a discapito degli interessi europei. Nonostante le provocazioni di Trump tutti sappiamo che l’Europa ha carte da giocare. Nessun assetto futuro che assicuri un minimo di sicurezza e di stabilità nell’area può essere realizzato senza il concorso dei paesi europei. Su questo fronte possono andare in ordine sparso o come un soggetto che si fa promotore anche per chi non ne ha la forza di un nuovo e rifondato multilateralismo".
Roma, 27 feb (Adnkronos) - "Non chiediamo abiure ma un partito deve saper scegliere su un appuntamento così importante: supporteremo il referendum sul lavoro e sulla cittadinanza". Elly Schlein chiude formalmente la stagione del renzismo. Nel suo intervento in Direzione, la leader dem ha dato l'ultimo colpo di spugna alle impronte lasciate al Nazareno dall'ex segretario e premier, schierando il partito a favore del referendum abrogativo del JobsAct, una bandiera renziana.
"Rispetto per chi non ha firmato il referendum, ma un partito deve essere chiaro e lineare: sui diritti dei lavoratori non saremo mai alla finestra", ha sentenziato la leader dem. Nel 2014 il via libera alla riforma fortemente voluta da Renzi segnò uno degli strappi più profondi della storia dem. Alla Camera, al momento del voto, il Pd si ritrovò platealmente diviso con 29 deputati contrari al Jobs Act tra voti contrari e non partecipazioni al voto. Per non parlare degli assenti, come Enrico Letta.
I contrari (Cuperlo, Bindi, D'Attorre, Boccia tra questi) firmarono un documento per spiegare le ragioni dei dissenso. E a nulla valsero gli appelli all'unità dell'allora presidente Matteo Orfini e di Pier Luigi Bersani. Il sì arrivo dalla maggior parte del gruppo dem (allora forte di 307 deputati), alcuni dei quali ancora oggi tra i banchi del Parlamento. Tra i ministri del governo Renzi, in Direzione Andrea Orlando è stato netto: "Io non ho firmato il referendum" ma "fa bene la segretaria ad auspicare una convergenza massima". Non tutti, però, hanno battuto le mani sulla scelta della Schlein sul referendum. Dalle parti dei riformisti, qualche dubbio c'è stato.
(Adnkronos) - "Sul referendum serve pluralismo perché se raggiunge il quorum comunque è sostenuto solo dalla parte più estrema del sindacato, visto che la Cisl, fino a poco tempo fa non lontana dal Pd, non è d’accordo e la Uil non ha raccolto firme e sta ragionando se mobilitarsi", ha spiegato la deputata Lia Quartapelle.
Anche Piero Fassino ha messo in guardia: "Rischiamo di fare un dibattito sul lavoro di retrospettiva. In dieci anni tutto è cambiato compreso l’articolo oggetto di referendum modificato dalla Corte Costituzionale". Mentre la senatrice Simona Malpezzi ha sottolineato come "le sensibilità nel Pd sul tema sono diverse". Ma la relazione della segretaria, poi approvata all'unanimità, ha suscitato discussione anche a causa di un altro passaggio sull'Europa e la pace, un tema molto sentito in casa dem.
"Quando torneremo al governo per noi Trump non sarà niente di simile a un alleato. Noi non siamo con Trump e il finto pacifismo che cela una resa all'aggressore e non saremo con l'Europa per continuare la guerra", ha detto tra le altre cose Schlein. Un passaggio che ha fatto sobbalzare alcuni presenti, come la vice presidente del Parlamento Ue Pina Picierno, la senatrice Sandra Zampa e ancora Fassino. Così è stata la stessa segretaria, nelle repliche, a chiarire: "Riprendo gli interventi di Fassino, Picierno, Zampa e dico che siamo d'accordo sul fatto che senza il supporto all'Ucraina a quest'ora staremmo discutendo di come Putin ha riscritto i confini dell'Ucraina e questa è una cosa che da sinistra non si può accettare. Io invece non sono d'accordo sul fatto che l'Europa non potesse fare niente di diverso".
Palermo, 27 feb. (Adnkronos) - Aggredita nel mercato di Ballarò la troupe di Striscia la Notizia, il tg satirico di Mediaset. L'inviata Stefania Petyx e i suoi operatori sono stati aggrediti da alcune persone mentre stavano realizzando un'intervista con l'assessore alle Attività produttive, Giuliano Forzinetti. "Esprimo ferma condanna per la vile, ingiustificata e violenta aggressione subita dall’assessore alle Attività produttive Giuliano Forzinetti, dall’inviata di "Striscia la Notizia", Stefania Petyx e dalla sua troupe nel mercato di Ballarò- dice il sindaco Roberto Lagalla - Un episodio che conferma come certi soggetti tentano una inutile resistenza al lavoro di ripristino della legalità in quest’area della città voluta dall'Amministrazione. Al contrario, per me è doveroso sottolineare che in questo quartiere ci sia anche la presenza di una più ampia fetta di residenti e commercianti come coloro che intervenendo in difesa ed in soccorso delle persone aggredite hanno dimostrato di possedere la cultura della civiltà e della sensibilità. È da loro che bisogna ripartire ed è per loro che bisogna insistere nell’attività di repressione di ogni forma di illegalità. L’auspicio è che le forze dell’ordine riescano ad individuare al più presto tutti i responsabili di questa vicenda”.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Sui referendum, compreso quello sul Jobs Act, "ci saremo con le nostre proposte e senza chiedere abiure nè forzature, nel rispetto del passato e del presente. Io sono contenta di far parte dell'unico partito che fa dei congressi e può cambiare idea senza che un giorno si svegli il capo con un piede diverso o una tegola in testa". Lo dice Elly Schlein nella replica nella Direzione Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Qualcuno cerca di strumentalizzare le mie parole di prima, peraltro senza riportarle per intero: se c'è una leader italiana che si è schierata contro le parole e i falsi storici di Trump sono io, perché Meloni non ha ritenuto di farlo". Lo dice Elly Schlein nella replica in Direzione Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Riprendo gli interventi di Fassino, Picierno, Zampa e dico che siamo d'accordo sul fatto che senza il supporto all'Ucraina, a quest'ora staremmo discutendo di come Putin ha riscritto i confini dell'Ucraina e questa è una cosa che da sinistra non si può accettare". Così Elly Schlein nella replica in Direzione Pd.
"Io invece non sono d'accordo sul fatto che l'Europa non potesse fare niente di diverso. Non c'è stato nessuno in Europa che ha voluto questa guerra partita dall'aggressione di Putin" e Trump su questo ha detto "un falso storico".
"Ma è altrettanto vero che, anche se l'Europa non ha voluto questa guerra e ha sostenuto l'Ucraina, non possiamo dire di essere stati in grado come Europa di fare abbastanza per la pace. Noi lo chiediamo da due anni. Se questa iniziativa fosse stata presa prima, quando Biden sosteneva Kiev, forse avrebbe reso la discussione più facile rispetto a farla oggi dove quello che sta facendo Trump non è un negoziato equo ma di assumere il punto di vista dell'aggressore. Per questo, a maggior ragione, l'Europa deve starci dentro".
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Paolo Ferrero
Rifondazione Comunista – Direttore rivista Su la testa
Politica - 28 Gennaio 2025
La Giornata della memoria è sotto l’attacco di chi ne rovescia il significato. Spiego perché
Lunedì abbiamo commemorato la Giornata della memoria. Il 27 gennaio di 80 anni fa, nel 1945, la sessantesima armata dell’esercito sovietico varcò i cancelli del campo di concentramento di Auschwitz e l’orrore dell’olocausto divenne un fatto conosciuto a livello mondiale. Ricordiamo questa data per segnare, nella storia dell’umanità, una rottura radicale, una discontinuità: l’olocausto non solo non deve essere dimenticato ma deve essere ricordato affinché l’orrore che richiama non sia più ripetibile, affinché quell’orrore diventi tabù. Il tentativo di far scomparire il popolo ebraico dalla faccia della terra deve essere rammemorato e quella sofferenza indicibile deve dare luogo ad un insegnamento fondativo per l’umanità.
Il delirio nazista che ha coniugato il massimo della razionalità tecnologica con il disegno inumano di sterminare ebrei, zingari, omosessuali, comunisti e così via, deve diventare tabù. La barbarie nazista di sterminare una parte dell’umanità – un disegno incompatibile con il concetto di umanità – deve diventare tabù. Quella della memoria è quindi una Giornata dal valore universale che ha un obiettivo universale: non deve accadere mai più, mai più per nessuno.
Come abbiamo visto ieri, questa Giornata altamente simbolica è oggi messa in discussione, attaccata.
Anni addietro è stata attaccata dal revisionismo storico che negava l’Olocausto sia nelle dimensioni che nella qualità del disegno criminale. Questo attacco persiste ma non ha mai avuto grandi successi. Oggi assistiamo ad un altro attacco al significato dell’Olocausto, un attacco molto più infido e pericoloso che non avviene in forma esplicita ma subdola: non pone in discussione la Giornata della memoria ma ne rovescia il significato. Per certi versi si può dire che viene dall’interno: più che attaccata, la Giornata della memoria viene corrosa, modificata per osmosi, ne viene stravolto il significato in modo da mantenerne le forme tradendone la sostanza.
Il soggetto principe di questo tentativo di stravolgimento è il governo israeliano presieduto da Benjamin Netanyahu. Nella vulgata del governo israeliano la Giornata della memoria perde ogni valenza universale: il “mai più per nessuno” viene trasformato in un “mai più per noi”. Il soggetto non è più l’umanità e la necessità di impedire che nessun popolo, nessun aggregato di persone debba subire un nuovo olocausto: il significato viene ristretto al “noi” dove il noi significa nessun ebreo, nessun israeliano.
Questo abbandono del significato universale della Giornata della memoria diventa la giustificazione per due stravolgimenti ulteriori: da un lato l’Olocausto diventa la giustificazione per lo Stato di Israele di infliggere ad altri sofferenze simili a quelle che ha subito il popolo ebraico, purché queste vengano motivate dalla necessità di difendersi. Infine Netanyahu amplia a dismisura questo concetto presentando ogni atto ostile nei confronti di Israele come se si trattasse dell’inizio di un nuovo olocausto.
In questo modo l’Olocausto diventa la giustificazione di qualsivoglia politica dello stato di Israele. Nella versione di Netanyahu la Giornata della memoria non è più un messaggio universale, una presa di coscienza di tutta l’umanità a partire dalla sofferenza inflitta dai nazisti al popolo ebraico, ma al contrario diventa una giustificazione totale per lo stato di Israele nell’infliggere ogni sofferenza al popolo palestinese, praticare il genocidio e la pulizia etnica in Palestina, senza che per questo debba essere giudicato.
Dalla sofferenza indicibile dell’Olocausto non emerge il: “mai più per nessuno”, ma piuttosto la piena impunità per la criminale azione dello stato di Israele.
Il problema è aggravato dal fatto che i governi occidentali condividono in modo pressoché integrale questa impostazione negazionista di Netanyahu e la estendono. Che alle cerimonia che si è tenuta ad Auschwitz, per il terzo anno consecutivo, non sia stato invitato il governo russo – che rappresenta quell’armata Rossa che concretamente chiuse il campo di concentramento e liberò gli ultimi sopravvissuti – si muove nella stessa logica del revisionismo di Netanyahu.
Da un lato Netanyahu utilizza l’olocausto come giustificazione universale dei propri crimini, dall’altra i paesi europei riscrivono la storia della liberazione e – negandone il valore universale – riducono l’Olocausto a schieramento geopolitico.
Il significato della Giornata della memoria, il tentativo di introdurre una discontinuità nella storia dell’umanità che elevasse a tabù l’Olocausto, è quindi sotto attacco, in Occidente, da parte delle classi dominanti che da un lato lo vogliono trasformare in una giustificazione degli orribili crimini dello stato israeliano e dall’altra lo banalizzano abbandonando il valore fondativo della lotta contro il nazifascismo.
Penso che sconfiggere questo revisionismo storico delle elites occidentali – sudbolo e pericoloso perché cancella riscrivendo – è uno dei grandi compiti storici di chi oggi difende la giornata della memoria e ripete “mai più per nessuno”. Perché la sacralità della lotta contro il nazifascismo e la sua barbarie inumana è il solo terreno solido su cui si possa costruire una qualunque forma di convivenza civile: tra tutti e tutte, non solo per qualcuno.
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
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Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Cristiani e socialisti si inseguono e si separano, si combattono si alleano, si contaminano da quasi due secoli. E’ l’ispirazione cristiana a suscitare le prime utopie socialiste, l'ambizione della scientificità del socialismo marxista ed il presidio di interessi sociali parzialmente diversi li ha spesso divisi, ma questo non ha impedito per esempio al socialismo del Nord Europa di continuare ad attingere largamente alla tradizione evangelica". Lo ha detto l'ex ministro ed esponente Pd Andrea Orlando intervenendo all'evento "Dialogo tra Socialismo e Cristianesimo" in corso a Roma.
"Le fragili regole di un multilateralismo spesso a doppio standard e quelle ben più solide poste a presidio dell’integrazione dei mercati - ha aggiunto poi l'esponente dem - sono travolte dalla pressione di soggetti economici in grado di essere al contempo finanza, informazione, controllo dei dati ed in ultima analisi potere politico puro. Persino il mercato viene sostituito dalla mera logica dei rapporti di forza determinata dall’intreccio tra vecchi e nuovi Leviatani, tra poteri pubblici e smisurate potenze economiche".
"Il fatto che a tutto questo non paiano emergere forze antagoniste in grado di civilizzare questa assenza di misura non può essere un alibi per la politica. La politica deve interrogarsi invece - spiega Orlando - su quali possano essere le vie oltre i vecchi steccati, in grado di liberare energie e di offrire la possibilità del riscatto collegando esperienze e domande. E tutto ciò che resiste e che è stato pensato per resistere deve oggi essere riunito. Tutto ciò che si è sforzato, non senza limiti ed imperfezioni, di rendere più umana la vita economica e sociale, di democratizzare i processi produttivi non può ancora restare separato, talvolta contrapposto da dicotomie del secolo scorso. Di fronte al fatto che ciascuno, persino chi si sentiva al riparo da ogni pericolo, rischia di essere solo di fronte a tanta potenza è il tempo di mettere in campo l’insieme degli strumenti che i due filoni culturali di cui oggi parliamo hanno saputo elaborare. Per affermare un nuovo umanesimo che si fondi sulla centralità della comunità come luogo di sviluppo della persona , delle comunità nel loro pluralismo di cui lo Stato può essere l’antitesi, ma lo sviluppo delle comunità che si organizzano in modo migliore".
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Io credo che affidare, come sino qui è avvenuto, alla sola logica delle armi non è solo pericoloso e folle, è oggi velleitario. L’Europa rischia di cercare nelle armi ciò che avrebbe potuto e può trovare politica. L’idea di una difesa comune è necessaria e condivisibile, ma non è quella la vera forza che l’Europa potrà mettere in campo nel breve periodo". Lo ha detto l'ex ministro ed esponente Pd Andrea Orlando intervenendo all'evento "Dialogo tra Socialismo e Cristianesimo" in corso a Roma.
"L’Europa grazie alle sue radici costituisce un luogo di equilibri che garantisce una vita migliore più lunga, più piena di qualunque altro luogo della terra. L’Europa che poteva e può essere Ponte si è fatta risucchiare nella logica West and the rest, salvo poi scoprire che the West, qualunque cosa abbia voluto dire, non esiste più".
"La possibilità di recuperare il terreno perduto non credo passi per i decimali di bilancio in più - spiega l'ex ministro dem - che saprà mettere nel riarmo ma dalla capacità di concorrere a definire un nuovo ordine. Facendosi interprete di quell’enorme maggioranza di popoli che non ha alcun interesse dal prevalere della logica della forza e del dominio per il controllo sulle risorse strategiche. E’ un messaggio che deve essere rivolto a tutti persino ai nazionalisti che vanno cacciandosi in una insanabile contraddizione. La sconfitta e la marginalizzazione dell’Europa sarà inevitabilmente la sconfitta delle nazioni che la compongono. Per questo sarà fondamentale l’esito della vicenda Ucraina. Il tema non è come proseguire la guerra ma bensì come condizionare la pace impedendo che si consumi una spartizione tra potenze sulla testa degli ucraini e a discapito degli interessi europei. Nonostante le provocazioni di Trump tutti sappiamo che l’Europa ha carte da giocare. Nessun assetto futuro che assicuri un minimo di sicurezza e di stabilità nell’area può essere realizzato senza il concorso dei paesi europei. Su questo fronte possono andare in ordine sparso o come un soggetto che si fa promotore anche per chi non ne ha la forza di un nuovo e rifondato multilateralismo".
Roma, 27 feb (Adnkronos) - "Non chiediamo abiure ma un partito deve saper scegliere su un appuntamento così importante: supporteremo il referendum sul lavoro e sulla cittadinanza". Elly Schlein chiude formalmente la stagione del renzismo. Nel suo intervento in Direzione, la leader dem ha dato l'ultimo colpo di spugna alle impronte lasciate al Nazareno dall'ex segretario e premier, schierando il partito a favore del referendum abrogativo del JobsAct, una bandiera renziana.
"Rispetto per chi non ha firmato il referendum, ma un partito deve essere chiaro e lineare: sui diritti dei lavoratori non saremo mai alla finestra", ha sentenziato la leader dem. Nel 2014 il via libera alla riforma fortemente voluta da Renzi segnò uno degli strappi più profondi della storia dem. Alla Camera, al momento del voto, il Pd si ritrovò platealmente diviso con 29 deputati contrari al Jobs Act tra voti contrari e non partecipazioni al voto. Per non parlare degli assenti, come Enrico Letta.
I contrari (Cuperlo, Bindi, D'Attorre, Boccia tra questi) firmarono un documento per spiegare le ragioni dei dissenso. E a nulla valsero gli appelli all'unità dell'allora presidente Matteo Orfini e di Pier Luigi Bersani. Il sì arrivo dalla maggior parte del gruppo dem (allora forte di 307 deputati), alcuni dei quali ancora oggi tra i banchi del Parlamento. Tra i ministri del governo Renzi, in Direzione Andrea Orlando è stato netto: "Io non ho firmato il referendum" ma "fa bene la segretaria ad auspicare una convergenza massima". Non tutti, però, hanno battuto le mani sulla scelta della Schlein sul referendum. Dalle parti dei riformisti, qualche dubbio c'è stato.
(Adnkronos) - "Sul referendum serve pluralismo perché se raggiunge il quorum comunque è sostenuto solo dalla parte più estrema del sindacato, visto che la Cisl, fino a poco tempo fa non lontana dal Pd, non è d’accordo e la Uil non ha raccolto firme e sta ragionando se mobilitarsi", ha spiegato la deputata Lia Quartapelle.
Anche Piero Fassino ha messo in guardia: "Rischiamo di fare un dibattito sul lavoro di retrospettiva. In dieci anni tutto è cambiato compreso l’articolo oggetto di referendum modificato dalla Corte Costituzionale". Mentre la senatrice Simona Malpezzi ha sottolineato come "le sensibilità nel Pd sul tema sono diverse". Ma la relazione della segretaria, poi approvata all'unanimità, ha suscitato discussione anche a causa di un altro passaggio sull'Europa e la pace, un tema molto sentito in casa dem.
"Quando torneremo al governo per noi Trump non sarà niente di simile a un alleato. Noi non siamo con Trump e il finto pacifismo che cela una resa all'aggressore e non saremo con l'Europa per continuare la guerra", ha detto tra le altre cose Schlein. Un passaggio che ha fatto sobbalzare alcuni presenti, come la vice presidente del Parlamento Ue Pina Picierno, la senatrice Sandra Zampa e ancora Fassino. Così è stata la stessa segretaria, nelle repliche, a chiarire: "Riprendo gli interventi di Fassino, Picierno, Zampa e dico che siamo d'accordo sul fatto che senza il supporto all'Ucraina a quest'ora staremmo discutendo di come Putin ha riscritto i confini dell'Ucraina e questa è una cosa che da sinistra non si può accettare. Io invece non sono d'accordo sul fatto che l'Europa non potesse fare niente di diverso".
Palermo, 27 feb. (Adnkronos) - Aggredita nel mercato di Ballarò la troupe di Striscia la Notizia, il tg satirico di Mediaset. L'inviata Stefania Petyx e i suoi operatori sono stati aggrediti da alcune persone mentre stavano realizzando un'intervista con l'assessore alle Attività produttive, Giuliano Forzinetti. "Esprimo ferma condanna per la vile, ingiustificata e violenta aggressione subita dall’assessore alle Attività produttive Giuliano Forzinetti, dall’inviata di "Striscia la Notizia", Stefania Petyx e dalla sua troupe nel mercato di Ballarò- dice il sindaco Roberto Lagalla - Un episodio che conferma come certi soggetti tentano una inutile resistenza al lavoro di ripristino della legalità in quest’area della città voluta dall'Amministrazione. Al contrario, per me è doveroso sottolineare che in questo quartiere ci sia anche la presenza di una più ampia fetta di residenti e commercianti come coloro che intervenendo in difesa ed in soccorso delle persone aggredite hanno dimostrato di possedere la cultura della civiltà e della sensibilità. È da loro che bisogna ripartire ed è per loro che bisogna insistere nell’attività di repressione di ogni forma di illegalità. L’auspicio è che le forze dell’ordine riescano ad individuare al più presto tutti i responsabili di questa vicenda”.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - Sui referendum, compreso quello sul Jobs Act, "ci saremo con le nostre proposte e senza chiedere abiure nè forzature, nel rispetto del passato e del presente. Io sono contenta di far parte dell'unico partito che fa dei congressi e può cambiare idea senza che un giorno si svegli il capo con un piede diverso o una tegola in testa". Lo dice Elly Schlein nella replica nella Direzione Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Qualcuno cerca di strumentalizzare le mie parole di prima, peraltro senza riportarle per intero: se c'è una leader italiana che si è schierata contro le parole e i falsi storici di Trump sono io, perché Meloni non ha ritenuto di farlo". Lo dice Elly Schlein nella replica in Direzione Pd.
Roma, 27 feb. (Adnkronos) - "Riprendo gli interventi di Fassino, Picierno, Zampa e dico che siamo d'accordo sul fatto che senza il supporto all'Ucraina, a quest'ora staremmo discutendo di come Putin ha riscritto i confini dell'Ucraina e questa è una cosa che da sinistra non si può accettare". Così Elly Schlein nella replica in Direzione Pd.
"Io invece non sono d'accordo sul fatto che l'Europa non potesse fare niente di diverso. Non c'è stato nessuno in Europa che ha voluto questa guerra partita dall'aggressione di Putin" e Trump su questo ha detto "un falso storico".
"Ma è altrettanto vero che, anche se l'Europa non ha voluto questa guerra e ha sostenuto l'Ucraina, non possiamo dire di essere stati in grado come Europa di fare abbastanza per la pace. Noi lo chiediamo da due anni. Se questa iniziativa fosse stata presa prima, quando Biden sosteneva Kiev, forse avrebbe reso la discussione più facile rispetto a farla oggi dove quello che sta facendo Trump non è un negoziato equo ma di assumere il punto di vista dell'aggressore. Per questo, a maggior ragione, l'Europa deve starci dentro".