“La Wada si trova in estrema difficoltà“. Uno come Sandro Donati conosce la lotta al doping e il sistema antidoping come quasi nessuno al mondo. E con la sua esperienza, può spiegare cosa c’è veramente dietro il caso che riguarda Jannik Sinner e il ricorso dell’Agenzia mondiale antidoping (Wada) davanti al Tas di Losanna, che discuterà e deciderà della vicenda Clostebol il prossimo 16 e 17 aprile. Donati, intervistato dal Corriere del Trentino, definisce il sistema antidoping “opaco e contradditorio” e spera che proprio il caso Sinner, per la sua eco mondiale, possa “finalmente aprire un dibattito sul ruolo di questi organismi”. E sottolinea come la Wada sia dovuto andare contro il numero 1 del tennis per difendere una “normativa assurda” che però in passato ha portato alla condanna di molti sportivi.
Donati è stato allenatore del marciatore altoatesino Alex Schwazer, condannato proprio dalla Wada e da World Athletics a 8 anni di squalifica per essere risultato positivo a un controllo a sorpresa il primo gennaio 2016. Una vicenda colma di anomalie e incoerenze: per la giustizia italiana, infatti, Schwazer non si è dopato. Il Tribunale di Bolzano ha archiviato il procedimento a carico del marciatore altoatesino per “non aver commesso il fatto” e ha sottolineato come l’ipotesi più probabile fosse la manipolazione della sua provetta. “È stato emblematico, gravissimo, è stato un delitto. Ma non ha cambiato nulla, non ha lasciato tracce”, il commento amaro di Donati. Che spera appunto che il caso Sinner possa avere un epilogo diverso: “Mi sembra pulitissimo, è correttissimo dentro e fuori dal campo. Quando dice ‘se fossi stato colpevole non sarei riuscito a vincere’ ci leggo una cosa vera: è talmente sereno che non ha paura a confrontarsi con i poteri forti. Le sue prestazioni sono assolutamente regolari e ad altissimo livello”.
Sinner è risultato positivo a due controlli antidoping a marzo 2024, durante e dopo il torneo di Indian Wells: nel suo corpo sono state rivelate tracce infinitesimali di Clostebol e l’Itia (l’ente anti-doping del tennis) lo ha scagionato, spiegando come si sia trattato di una contaminazione involontaria e stabilendo che Sinner non ha colpa o negligenza. Donati spiega: “Quel quantitativo, quella concentrazione di Clostebol per la quale è stato sollevato tutto questo polverone, è irrilevante“. La stessa Wada “si rende conto che questa fattispecie di negligenza va ben al di là del concetto di doping. La interpretano come vogliono e alla fine la fanno diventare proposta di squalifica. È una cosa che non sta né in cielo né in terra, tanto è vero che stanno rimettendo mano alla regolamentazione“.
La Wada infatti è pronta a rivedere le regole, per far sì che gli atleti vittima di una contaminazione (come Sinner) vengano scagionati quasi automaticamente. Ma adesso, è l’aspetto cruciale evidenziato da Donati, non può fare marcia indietro su Sinner: “La Wada si trova in estrema difficoltà. Se chiudono il fascicolo così, tutti quelli colpiti da questa normativa assurda possono ricorrere e trascinarli in tribunale. Se invece lo condannano, sarà lui a difendersi. Perché che fai, blocchi la carriera di un atleta e i suoi guadagni con una motivazione di questo genere? Qualsiasi tribunale li massacrerebbe”. La pomata che ha provocato la positività del tennista altoatesino, prosegue Donati, “è estremamente trasmissibile, al punto che basta dare la mano a uno che l’ha spalmata e chi ha ricevuto la stretta di mano risulta positivo. Cosa hanno fatto questi signori – ovvero la Wada – di fronte ad atleti di livello più basso, non noti? Hanno dato squalifiche. Questa è la verità“.
Donati d’altronde è durissimo con la Wada, ma cita fatti concreti: “Basta rileggere l’intervista di Jack Robertson, ex dirigente capo ispettore della Dea, la Drug Enforcement Administration, poi diventato capo ispettore Wada, che se n’è andato dicendo in maniera chiara che la Wada tutto faceva fuorché combattere il doping. Ha rivelato particolari impressionanti: una discobola russa segnalò che lì c’era un doping diffuso, un doping di Stato, e che lei stessa era oggetto di somministrazioni… e questi hanno girato la sua segnalazione ai russi. Capiamo che gente è questa?”, denuncia l’ex allenatore di Schwazer. Che conclude: “Tutta la normativa va rivista. Il direttore Wada, Olivier Niggli, dice ‘dobbiamo essere attenti quando formalizziamo le accuse agli atleti, non possiamo infrangere la loro dignità’. E poi si dà la positività per una micro traccia di una sostanza incontrollabile? Le contraddizioni sono evidenti“.
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Sandro Donati: “Sinner pulito e non ha paura dei poteri forti. Il sistema antidoping è opaco: vi spiego perché la Wada è in difficoltà”
L'ex allenatore di Schwazer e simbolo della lotta al doping spiega cosa c'è dietro la vicenda Clostebol e il ricorso al Tas
“La Wada si trova in estrema difficoltà“. Uno come Sandro Donati conosce la lotta al doping e il sistema antidoping come quasi nessuno al mondo. E con la sua esperienza, può spiegare cosa c’è veramente dietro il caso che riguarda Jannik Sinner e il ricorso dell’Agenzia mondiale antidoping (Wada) davanti al Tas di Losanna, che discuterà e deciderà della vicenda Clostebol il prossimo 16 e 17 aprile. Donati, intervistato dal Corriere del Trentino, definisce il sistema antidoping “opaco e contradditorio” e spera che proprio il caso Sinner, per la sua eco mondiale, possa “finalmente aprire un dibattito sul ruolo di questi organismi”. E sottolinea come la Wada sia dovuto andare contro il numero 1 del tennis per difendere una “normativa assurda” che però in passato ha portato alla condanna di molti sportivi.
Donati è stato allenatore del marciatore altoatesino Alex Schwazer, condannato proprio dalla Wada e da World Athletics a 8 anni di squalifica per essere risultato positivo a un controllo a sorpresa il primo gennaio 2016. Una vicenda colma di anomalie e incoerenze: per la giustizia italiana, infatti, Schwazer non si è dopato. Il Tribunale di Bolzano ha archiviato il procedimento a carico del marciatore altoatesino per “non aver commesso il fatto” e ha sottolineato come l’ipotesi più probabile fosse la manipolazione della sua provetta. “È stato emblematico, gravissimo, è stato un delitto. Ma non ha cambiato nulla, non ha lasciato tracce”, il commento amaro di Donati. Che spera appunto che il caso Sinner possa avere un epilogo diverso: “Mi sembra pulitissimo, è correttissimo dentro e fuori dal campo. Quando dice ‘se fossi stato colpevole non sarei riuscito a vincere’ ci leggo una cosa vera: è talmente sereno che non ha paura a confrontarsi con i poteri forti. Le sue prestazioni sono assolutamente regolari e ad altissimo livello”.
Sinner è risultato positivo a due controlli antidoping a marzo 2024, durante e dopo il torneo di Indian Wells: nel suo corpo sono state rivelate tracce infinitesimali di Clostebol e l’Itia (l’ente anti-doping del tennis) lo ha scagionato, spiegando come si sia trattato di una contaminazione involontaria e stabilendo che Sinner non ha colpa o negligenza. Donati spiega: “Quel quantitativo, quella concentrazione di Clostebol per la quale è stato sollevato tutto questo polverone, è irrilevante“. La stessa Wada “si rende conto che questa fattispecie di negligenza va ben al di là del concetto di doping. La interpretano come vogliono e alla fine la fanno diventare proposta di squalifica. È una cosa che non sta né in cielo né in terra, tanto è vero che stanno rimettendo mano alla regolamentazione“.
La Wada infatti è pronta a rivedere le regole, per far sì che gli atleti vittima di una contaminazione (come Sinner) vengano scagionati quasi automaticamente. Ma adesso, è l’aspetto cruciale evidenziato da Donati, non può fare marcia indietro su Sinner: “La Wada si trova in estrema difficoltà. Se chiudono il fascicolo così, tutti quelli colpiti da questa normativa assurda possono ricorrere e trascinarli in tribunale. Se invece lo condannano, sarà lui a difendersi. Perché che fai, blocchi la carriera di un atleta e i suoi guadagni con una motivazione di questo genere? Qualsiasi tribunale li massacrerebbe”. La pomata che ha provocato la positività del tennista altoatesino, prosegue Donati, “è estremamente trasmissibile, al punto che basta dare la mano a uno che l’ha spalmata e chi ha ricevuto la stretta di mano risulta positivo. Cosa hanno fatto questi signori – ovvero la Wada – di fronte ad atleti di livello più basso, non noti? Hanno dato squalifiche. Questa è la verità“.
Donati d’altronde è durissimo con la Wada, ma cita fatti concreti: “Basta rileggere l’intervista di Jack Robertson, ex dirigente capo ispettore della Dea, la Drug Enforcement Administration, poi diventato capo ispettore Wada, che se n’è andato dicendo in maniera chiara che la Wada tutto faceva fuorché combattere il doping. Ha rivelato particolari impressionanti: una discobola russa segnalò che lì c’era un doping diffuso, un doping di Stato, e che lei stessa era oggetto di somministrazioni… e questi hanno girato la sua segnalazione ai russi. Capiamo che gente è questa?”, denuncia l’ex allenatore di Schwazer. Che conclude: “Tutta la normativa va rivista. Il direttore Wada, Olivier Niggli, dice ‘dobbiamo essere attenti quando formalizziamo le accuse agli atleti, non possiamo infrangere la loro dignità’. E poi si dà la positività per una micro traccia di una sostanza incontrollabile? Le contraddizioni sono evidenti“.
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Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Altri 43 migranti tornano in Italia dai centri in Albania. Presidente Meloni, errare è umano, perseverare è diabolico. Quanti altri viaggi a vuoto dovremo vedere prima che si metta fine a questa pagliacciata costosa per i contribuenti?”. Così Matteo Ricci, europarlamentare Pd, in un post sui social.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Terzo flop del ‘modello Albania’: la Corte d’Appello di Roma smonta l’ennesima trovata propagandistica del governo Meloni, sospendendo i trattenimenti e disponendo il trasferimento in Italia dei migranti deportati. Per la terza volta, la destra ha provato a forzare la mano e per la terza volta è stata bocciata. Hanno sprecato milioni di euro pubblici, violato diritti fondamentali e messo in piedi un’operazione disumana, solo per alimentare la loro propaganda. Un fallimento su tutta la linea, mentre il Paese affonda tra tagli alla sanità, precarietà e crisi sociale. Ora che farà Meloni? Toglierà la competenza anche alle Corti d’Appello per accentrarla a Palazzo Chigi?”. Così Alessandro Zan, responsabile Diritti nella segreteria nazionale Pd ed europarlamentare.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "La Corte d’Appello di Roma libera di nuovo immigrati irregolari per i quali potevano essere eseguite rapidamente le procedure di rimpatrio e rimette ancora la palla alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei Paesi sicuri. Le ordinanze che non convalidano i trattenimenti nel centro in Albania e che rimettono alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale, insistono sull’individuazione in via generale ed astratta dei “paesi sicuri”, ripercorrendo le motivazioni delle decisioni precedenti, senza giudicare delle posizioni dei singoli migranti. Peccato che la Corte di Cassazione ha ampiamente chiarito, lo scorso dicembre, che questa è una competenza del Governo e non della magistratura. Incredibile che la Corte d’Appello di Roma abbia considerato irrilevante questo principio e insista nel voler riconoscere ai singoli magistrati un potere che è esclusiva prerogativa dello Stato”. Lo dichiara la deputata di Fratelli d’Italia, Sara Kelany, responsabile del Dipartimento immigrazione.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - "Non stupisce la decisione della Corte d’Appello di Roma di bloccare, per l’ennesima volta, una misura, tra l’altro apprezzata anche in Europa, con cui l’Italia vuole fronteggiare l’immigrazione massiccia e garantire la sicurezza nazionale. I magistrati non usino il loro potere per contrastarne un altro, riconosciuto dalla costituzione e legittimato dagli italiani”. Lo dichiara il deputato della Lega Igor Iezzi.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “La Corte d’Appello di Roma libera ancora dei migranti irregolari che potevano essere rapidamente rimpatriati, rimandando di nuovo alla Corte di Giustizia Europea sulla questione dei paesi sicuri. Ma la Corte di Cassazione aveva chiarito che questa è una competenza del Governo. Evidentemente alcuni tribunali italiani considerano irrilevanti i principi fissati dalla Suprema Corte. Di fronte a questo non posso che esprimere profondo stupore". Lo dichiara il capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, Lucio Malan.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “E anche oggi si certifica il fallimento di Meloni. I Centri per i migranti in Albania non sono la risposta al fenomeno migratorio, che richiede rispetto per i diritti umani e condivisione delle responsabilità a livello europeo. Nei comizi Meloni potrà continuare a dire che fun-zio-ne-ran-no ma nella realtà sono solo uno spreco immane di risorse. Se quei fondi fossero stati spesi per assumere infermieri e medici, o per aumentare gli stipendi di quelli che già lavorano nella sanità pubblica, allora si’ che sarebbero stati utili agli italiani!”. Così in una nota Marina Sereni, responsabile Salute e sanità nella segreteria nazionale del Pd.
Roma, 31 gen. (Adnkronos) - “Quella dei Cpr in Albania è una gigantesca buffonata. Siamo di fronte a centri totalmente inutili nella gestione del fenomeno migratorio, pasticciato sul piano giuridico, lesivi dei più elementari diritti umani e anche costosissimi. Il governo dovrebbe scusarsi pubblicamente, chiudere i centri e destinare gli ottocento milioni di euro che finiranno in questi luoghi inutili e dannosi a sostegno della sanità pubblica”. Così in una nota, Pierfrancesco Majorino, responsabile immigrazione nella segreteria nazionale del Pd.