E ci risiamo: la politica e la magistratura riprendono la loro battaglia.

Andiamo con ordine. La magistratura, soprattutto con le sue correnti, ha spesso dato l’impressione, qualche volta la certezza, di usare il proprio potere per fare politica. I casi che si potrebbero citare sono molteplici. Senza andare lontano, basterebbe ricordare le frasi di certi magistrati di Magistratura Democratica contro l’allora premier Renzi e sulla necessità di fermare il suo governo. Oltre a quello che ha subito tutta la sua famiglia. Ma i casi sono tanti e sempre di una Magistratura che dovrebbe solo occuparsi di portare avanti la Giustizia in base alle norme votate dal Parlamento e non certo in base ai voleri degli stessi magistrati.

Insomma, il problema è sempre lo stesso: una politicizzazione spinta della Magistratura.
Questo in uno Stato di Diritto è il vero paradosso. Non può esserci vera separazione dei Poteri se un Potere cerca di controllare un altro o se addirittura lo può usare contro un altro. Ma non basta, la Magistratura non solo amministra il potere giudiziario, spesso con i propri magistrati è nei settori nevralgici del Potere esecutivo e legislativo.

Da qui è facile capire l’enorme “influenza” che può avere ed ha la Magistratura relativamente anche ai due restanti Poteri dello Stato. E come dicevano i maestri della Democrazia per avere uno Stato di Diritto che funzioni ci devono essere pesi e contrappesi. In Italia questo manca enormemente. E se una magistratura – quella che decide sulla libertà delle persone e sui loro diritti socio-economici – non appare super partes ma addirittura schierata politicamente allora tutto perde di credibilità. E se manca la credibilità e soprattutto la relativa fiducia nell’Istituzione ogni cittadino si può sentire vittima di ogni eventuale decisione lo riguardi. E figuriamoci se questo accade ad un politico.

Un semplice “avviso di garanzia” può diventare un’arma di scontro fra poteri dello Stato.
Ma perché la Magistratura è arrivata ad avere tutta questa libertà di invasione nei poteri prettamente politici? Per la debolezza della Politica a partire dagli anni 90 e dalla fase di “Mani Pulite”.

In quel momento la politica e i suoi rappresentanti nazionali hanno dimostrato le loro debolezze e qualche volte anche le loro gravi responsabilità penali di un sistema politico che forse era troppo corrotto fino a diventare sistema che aveva assuefatto quasi tutti. Su questa spinta emotiva, sostenuta all’inizio dall’opinione pubblica, la Magistratura ha preso facilmente il sopravvento. Ma anche questo è accaduto per la mancanza di garanzie e limiti ben precisi. Perché è vero che in quel periodo storico la Magistratura ha portato avanti indagini importanti per il Paese ma è anche altrettanto vero che certi metodi di indagine sono andati ben oltre i limiti costituzionali e contro il rispetto delle libertà personali. Per non parlare delle tante assoluzioni e dei suicidi che ci sono stati.

Insomma, occorre ripristinare un preciso equilibrio fra i Poteri dello Stato.
E mentre i politici hanno spesso pagato pesantemente le loro responsabilità, i magistrati che sbagliano non pagano mai i loro errori. E questo è sicuramente il più grande vulnus. La riforma delle carriere dei magistrati può essere un primo giusto inizio, ma anche qui è iniziato il solito teatrino politico.

Per prima cosa trovo assurdo che la Magistratura continui a fare polemica e addirittura a scioperare per una iniziativa legittima di un governo eletto democraticamente. Il tutto con argomenti che poi sono completamente infondati e non veritieri. Potrà non piacere ma i magistrati non sono politici: sono dipendenti dello Stato che devono portare avanti le leggi votate dal Parlamento. E se non si capisce questo principio, basilare ma difficile da mettere in pratica, non si risolverà mai nulla.

E arriviamo alla notizia del giorno: l’indagine a carico della Presidente Meloni e di alcuni ministri per il caso Almasri. Se un cittadino fa un esposto, il pm ha l’obbligo costituzionale, art. 112, di esercitare l’azione penale. Nel caso che riguarda la Meloni, un cittadino ha fatto un esposto e il pm ha dovuto seguire un iter preciso stabilito dalla legge costituzionale n. 1 del 1989 (per i reati commessi da Premier e Ministri nell’esercizio delle loro funzioni), ossia in base all’art. 6, informare le persone coinvolte affinché queste possano presentare memorie o chiedere di essere sentiti. Ed è corretto così. Nessuno è al di sopra della legge. Quindi, Meloni sa benissimo che non è un atto di iniziativa giudiziaria ma la butta subito in politica facendo la vittima.

Il problema è che Meloni può fare questo perché la Magistratura in questo momento dà la forte impressione di voler combattere il governo e quindi di voler fare lotta politica. E qui casca tutto. Perché a rimetterci non è solo la credibilità della magistratura italiana ma a cascata anche della politica. Il vero problema è che, a causa di queste lotte fra poteri dello Stato, a rimetterci sono sempre i semplici cittadini i quali vorrebbero avere una politica e una magistratura che funzionino nella quotidianità.

Ed ecco il corto circuito. Meloni che trasforma volutamente un atto processuale, che poteva rimanere tranquillamente riservato, in un’arma per screditare un pm e l’intera Magistratura e passare quindi da vittima per ogni cosa che potrà accadere per eventuale mano giudiziaria. E di conseguenza, la Magistratura che ribatte, diventa la spalla ideale per la lotta politica di Meloni. E più la Magistratura parla nel dibattito politico e più legittima il vittimismo di Meloni.

Questo dovrebbe capire la Magistratura: politicizzare tutto alla fine porta solo alla sfiducia nel suo ruolo. Un loop fine a se stesso e forse utile solo ad autoalimentare i singoli Poteri senza poi realmente avere voglia di riformarsi nell’interesse generale. Questo il dramma enorme per tutto il Paese.

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