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“Pandoro Gate” e uova di Pasqua, Chiara Ferragni rinviata a giudizio per truffa aggravata. L’influencer: “Accusa profondamente ingiusta”

Il decreto di citazione diretta è stato notificato questa mattina. La difesa dell’influencer commenta: "Non ha commesso alcun reato"

di F. Q.

Il decreto di citazione diretta è stato notificato questa mattina (29 gennaio): per Chiara Ferragni è arrivato il rinvio a giudizio per truffa aggravata. Lo ha reso noto la difesa dell’influencer. La vicenda riguarda il cosiddetto Pandoro gate“, le presunte operazioni di pubblicità ingannevole. A ottobre scorso la Procura di Milano aveva chiuso le indagini sulle due iniziative commerciali che hanno sfruttato l’immagine dell’imprenditrice digitale e la sua enorme influenza sui social: il pandoro “Pink Christmas” di Balocco, lanciato per il Natale 2022, e le uova di PasquaDolci Preziosi” del 2021 e 2022. La richiesta della procura, firmata dall’aggiunto Eugenio Fusco e il pm Cristian Barilli, riguarda anche gli altri indagati: oltre a Ferragni, anche l’ex braccio destro Fabio Damato, la manager Alessandra Balocco e l’imprenditore Francesco Cannillo devono rispondere dei reati di “truffa continuata e aggravata”. Il processo comincerà il 23 settembre con l’udienza predibattimentale.

Ferragni: “Pensavo non fosse necessario celebrare un processo” – “Credevo sinceramente che non fosse necessario celebrare un processo per dimostrare di non aver mai truffato nessuno”, commenta in una nota la stessa Ferragni. “Dovrò purtroppo convivere ancora del tempo con questa accusa, che ritengo profondamente ingiusta, ma sono pronta a lottare con ancora maggiore determinazione per far emergere la mia assoluta innocenza”, ha aggiunto. “Chiara Ferragni non ha commesso alcun reato”, replicano i difensori dell’imprenditrice, gli avvocati Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana, dopo aver appreso del decreto di citazione a giudizio. “Restiamo fermamente convinti che questa vicenda non abbia alcuna rilevanza penale – aggiungono i legali – e che ogni profilo controverso sia già stato affrontato e risolto avanti l’Agcom. L’interlocuzione con i pubblici ministeri non ha avuto l’esito auspicato e la Procura ha preferito demandare al giudice del dibattimento ogni decisione, nonostante sia evidente l’assenza di condotte costituenti reato e la mancanza delle condizioni di procedibilità. L’innocenza della nostra assistita verrà certamente acclarata in giudizio, che affronteremo serenamente”, hanno concluso.

Le indagini e l’accordo – Un mese fa l’influencer e imprenditrice ha chiuso un accordo con il Codacons con il versamento di 200 mila euro in beneficenza ad un ente che si occupa di tutela delle donne vittime di violenza. Ma la procura è andata comunque avanti. Le indagini, secondo l’accusa, “hanno permesso di ricostruire la pianificazione e diffusione di comunicazioni” volte a indurre “in errore i consumatori in ordine al collegamento tra l’acquisto dei prodotti pubblicizzati e iniziative benefiche“.

I testimoni indicati – In totale la procura ha indicato 27 testimoni: tra loro anche 8 consumatori che avrebbero acquistato i prodotti sponsorizzati da Chiara Ferragni e due rappresentanti di associazioni, l’Associazione utenti servizi radiotelevisivi e Consumatori italiani, indicati dai pm come “persone informate sui fatti” e dunque come testimoni nel procedimento a carico della influencer e dei tre co-imputati per i casi del pandoro e delle uova di cioccolato. Ci sono poi sei investigatori del Nucleo di polizia economico finanziaria della Gdf di Milano, che hanno condotto le indagini, e quattro della Gdf di Bari in relazione al capitolo sulle uova di Pasqua della Cerealitalia. Poi, altri sette testi, tra cui persone dello staff di Ferragni e già sentite nelle indagini, e che dovranno riferire sulla “genesi e lo sviluppo – si legge – della campagna promozionale dei prodotti”, sui “rapporti tra le società coinvolte”, sulle “richieste pervenute ai consumatori” e sui “centri decisionali delle rispettive aziende”. Dieci testimoni, invece, tra cui gli otto acquirenti, dovranno parlare degli acquisti effettuati e dell’impatto “della comunicazione relativa all’attività benefica sulla decisione di acquisto”. Sarà il giudice, dopo l’udienza predibattimentale, una sorta di vaglio prima del processo, a dover decidere se si aprirà o meno il dibattimento a carico degli imputati.

La ricostruzione della Guardia di Finanza – Il meccanismo, ricostruito dalla Guardia di Finanza, era semplice ed efficace: Chiara Ferragni pubblicizzava i prodotti sui suoi canali social, seguiti da milioni di persone, sottolineando il nobile scopo dell’acquisto. In realtà, le donazioni all’ospedale Regina Margherita di Torino e all’associazione “I Bambini delle Fate” sarebbero state minime rispetto ai ricavi generati dalle vendite, gonfiate da prezzi esorbitanti. Il pandoro, per esempio, era venduto a circa 9,37 euro, tre volte il prezzo di una versione ‘standard’ (3,08 euro), un rincaro giustificato dalla “limited edition” e dalla promessa di sostenere la ricerca contro i tumori infantili.

Il pandoro – L’operazione “Balocco” avrebbe indotto “in errore un numero imprecisato di acquirenti” convinti che con il proprio acquisto avrebbero finanziato la raccolta fondi a favore dell’ospedale. L’accordo, invece, si è rivelato ben diverso, per la procura: le società Ferragni hanno incassato poco più di un milione di euro per pubblicizzare via Instagram l’iniziativa benefica per la quale la società Balocco aveva destinato 50mila euro a favore dell’ospedale, indipendentemente dalle vendite che si sono attestate ad “almeno 362.577″ pandori Balocco Pink Christmas. La procura, nella chiusura indagine, non quantifica per la società l’ingiusto profitto, ma se si calcola la differenza fra i due prezzi e lo si moltiplica per le vendite la somma supera i 2 milioni di euro.

La posizione di Balocco – E l’azienda dolciaria con una nota fa sapere che “il collegio di difesa di Alessandra Balocco, guidato dagli avvocati Alessandra Bono e Alessandro Pistochini, appresa la notizia del decreto di citazione a giudizio, si dichiara profondamente stupito e amareggiato in merito alla scelta della Procura di Milano di devolvere al Giudice del dibattimento la decisione sulla vicenda, che all’evidenza non ha alcuna rilevanza penale, tenuto conto della solidità degli argomenti giuridici sviluppati in un’articolata memoria difensiva”. E ancora: “Tutto ciò è ancora più evidente alla luce della rimessione della querela che incide sulla procedibilità dal reato, salvo conservare – da parte della Procura – pervicacemente la contestazione di un’aggravante che nulla ha a che vedere con la tipologia dei fatti in contestazione. I legali dichiarano, infine, che affronteranno il giudizio con fiducia e serenità, nella piena convinzione dell’innocenza di Alessandra Balocco”.

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