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‘Ndrangheta, 44 arresti a Catanzaro. Il sindaco di Badolato e il suo vice ai domiciliari per scambio elettorale politico-mafioso

Agli arresti il primo cittadino Parretta, il vice Menniti e il presidente del Consiglio comunale Paparo. L’inchiesta ha colpito cosche di 'ndrangheta operanti sulla costa ionica catanzarese
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Con la lista Vivi per Badolato, nel 2021, il sindaco Giuseppe Nicola Parretta aveva incassato 1007 preferenze, venendo rieletto con il 92,1% dei voti e battendo l’avversario di Uniti per Badolato, Ernesto Maria Menniti che si era “fermato” a 86 voti. Superato così l’ostacolo quorum, è lo stesso Menniti che poi è diventato vicesindaco mentre a presidente del Consiglio comunale è stato eletto Maicol Paparo.

Tutti è tre, oggi sono finiti agli arresti domiciliari nell’ambito della maxi-operazione dei Ros dei carabinieri ha stroncato le cosche di ‘ndrangheta della zona Ionica. Nell’inchiesta sono stati arrestati 44 dei 57 indagati dalla Dda di Catanzaro: 15 sono finiti in carcere mentre 29 ai domiciliari tra cui, appunto, il sindaco Giuseppe Nicola Perretta: è accusato di scambio elettorale politico-mafioso.

Quattro anni fa eletto con una lista civica, Perretta è gravitante nel centrosinistra. Alla fine degli anni ’70, infatti, fu il primo sindaco del Pci di Badolato dove, oggi, sono indagati anche alcuni assessori della giunta come Andrea Bressi e Antonella Giannini. L’inchiesta ha portato ad arresti non solo nelle varie località della costa jonica catanzarese ma anche nel Lazio, in Piemonte e in Lombardia dove, in questo momento, i carabinieri del Ros stanno eseguendo il provvedimento cautelare notificandolo agli indagati. La Dda contesta a vario titolo i reati di associazione mafiosa, procurata inosservanza di pena, traffico di armi e plurimi reati contro la persona e il patrimonio aggravati dalle finalità mafiose. Tra le accuse c’è anche lo scambio elettorale politico-mafioso e violazioni in materia di stupefacenti.

L’inchiesta ha colpito cosche di ‘ndrangheta operanti sulla costa ionica catanzarese. In particolare, nel mirino di Ros è finito il boss Cosimo Damiano Gallace ritenuto promotore e vertice del “locale di Guardavalle”. Nonostante “l’ordine di carcerazione del 2020”, Gallace dettava “le principali linee operative dando disposizioni per intessere alleanze, per curare rapporti con altre compagini, – si legge nel capo di imputazione – per gestite il traffico internazionale di stupefacenti”. Inoltre “pianificava le attività estorsive e, d’intesa con Domenico Vitale, dava disposizioni per il sostegno della detenzione in Brasile di Vincenzo Pasquino”. Infine, “dava disposizioni per curare la latitanza di Cosmo Leotta”. Nell’indagine della Dda di Catanzaro, inoltre, è emerso che l’indagato Domenico Vitale, braccio destro di Cosimo Damiano Gallace, dava disposizioni ad altri due indagati, Ivano Piperissa e Giuseppe Foti, “perché risolvessero una questione di un credito vantato da un cittadino turco di 380mila euro in relazione a un affare afferente Dpi anti Covid 19”.

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